20/03/2019 – Non c’è diritto alla riconferma del posto per i comandanti della polizia locale

Non c’è diritto alla riconferma del posto per i comandanti della polizia locale

 20/03/2019 

Un comandante di polizia non ha diritto soggettivo alla riconferma della sua posizione lavorativa. La scissione presente tra instaurazione del rapporto di lavoro dirigenziale ed il conferimento dell’incarico rende anche inapplicabile l’articolo 2103 del Codice Civile, relativo al passaggio da un incarico dirigenziale all’altro.

Con queste motivazioni, il ricorso di un comandante di Polizia locale, che si è visto assegnare alla conduzione di un altro settore dell’amministrazione alla fine del proprio incarico, non è stato accettato dalla Corte di Cassazione (con l’ordinanza 5191/2019). Il Comune in cui operava il commissario ha tenuto una corretta e legittima condotta, secondo la Corte d’Appello, poiché nello stato contrattuale di un impiego pubblico l’ente svolge il ruolo di un dirigente, con capacità e poteri pari a quelle di un datore di lavoro privato, stato che lo sottrae alle disposizioni previste dalla legge 241/1990 relativi ai provvedimenti amministrativi.

Il commissario ha ritenuto che la Corte d’Appello non avesse considerato il regolamento della polizia locale. In questo (come parte del regolamento sulle norme di uffici e servizi), il ruolo di Commissario della Polizia Municipale è considerata una figura dirigenziale specialistica, dato il suo ruolo e il rapporto che instaura con l’autorità giudiziaria, ed in quanto tale non è compresa nel sistema di rotazione del personale dirigente. Inoltre, il commissario ha sottolineato come non è stato dato valore (dalla Corte d’Appello) alla differenza tra il settore di provenienza della Polizia locale rispetto alla nuova assegnazione, anche considerando la differenza tra numero dei dipendenti diretti. Un ultimo punto del ricorso riguardava il mancato adeguamento da parte dell’ente ai principi del testo unico dei pubblici impiegati, portando all’impossibilità di applicare l’articolo 2013 del codice civile.

Nonostante le sue considerazioni l’appello del commissario non è stato accolto dalla Corte di Cassazione, che ha invece evidenziato come la riforma della dirigenza pubblica non si esprime in merito ad una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera che si caratterizza per lo svolgimento di determinate mansioni. Fa riferimento invece all’idoneità del dipendente a svolgerle in concreto, per mezzo del conferimento a temine. In pratica, siamo davanti a una divisione tra instaurazione del rapporto di lavoro dirigenziale e conferimento dell’incarico, una scissione questa che arriva a giustificare la ritenuta inapplicabilità dell’articolo 2103 del CC, relativa al passaggio da un dato incarico all’altro. In sostanza, il dirigente non matura diritto soggettivo al conferimento dell’incarico dirigenziale.

Articolo di Laura Egidi

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