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Per l’Anac non c’è incompatibilità. Ma la Consulta la pensa diversamente 

Segretari anticorruzione

Possono presiedere l’ufficio iter disciplinari

di Luigi Oliveri

Non esiste una incompatibilità per legge tra le funzioni di responsabile della prevenzione della corruzione e quella di presidente dell’ufficio per i procedimenti disciplinari.

L’Anac, con nota 14 febbraio 2019, n. 12308 a firma del suo presidente, rivolta al comune di Latina, rivede le proprie posizioni, sin qui piuttosto rigorosamente ferme sulla necessità di evitare che il responsabile della prevenzione della corruzione rivestisse anche altre cariche e, in particolare, quella di presidente dell’ufficio preposto alle sanzioni disciplinari.

La nota riconosce che detta incompatibilità non è espressamente vietata dalla legge: nessuna illegittimità, quindi, può derivare dal cumulo di queste funzioni. Tuttavia, l’Anac ribadisce che sebbene questa incompatibilità normativamente non sia disposta, è «auspicabile» che ogni amministrazioni valuti l’opportunità che il responsabile anticorruzione sia anche il vertice dell’ufficio per i procedimenti disciplinari. Sta di fatto che le indicazioni di prudenza ed opportunità fornite dall’Anac, per quanto ispirate a buon senso, poco si attagliano al sistema degli enti locali. Infatti, non tengono conto della circostanza che il segretario comunale è spessissimo incaricato come presidente dell’ufficio per i procedimenti disciplinari, data la sua posizione di terzietà, derivante sia dalle specifiche competenze assegnategli dal dlgs 267/2000, sia, soprattutto, dalla circostanza di non avere alcun nemmeno potenziale conflitto di interessi nello svolgere questo compito. Inoltre, ai sensi dell’articolo 1, comma 7, il segretario comunale è ex lege responsabile anticorruzione (un provvedimento di individuazione è necessario, con adeguata motivazione, solo se tale funzione si assegni in via eccezionale ad altri).

Pertanto, il cumulo delle funzioni di responsabile anticorruzione e dell’ufficio per i procedimenti disciplinari è sostanzialmente dovuto al particolare ordinamento locale. Non si deve, poi, dimenticare che la separazione delle competenze auspicata dall’Anac è materialmente attuabile solo in enti di grandi dimensioni: ma la gran parte dei comuni ha organici piuttosto ridotti. Occorre, però, ricordare che sul tema delle funzioni del segretario quale responsabile anticorruzione incombono le conclusioni cui è giunta la Corte costituzionale con la sentenza 23/2019, in gran parte incompatibili con le indicazioni dell’Anac contenute nel Piano nazionale anticorruzione 2015 e con i presupposti normativi a partire dai quali il segretario è stato individuato appunto come «naturale» responsabile negli enti locali.

L’Anac, nel piano 2015, sostiene che la funzione di responsabile anticorruzione debba essere affidata a dirigenti amministrativi «di ruolo», per assicurare stabilità nell’amministrazione e adeguata conoscenza della sua organizzazione e del suo funzionamento; inoltre, specifica il Piano, il responsabile dovrebbe essere scelto tra «dirigenti non assegnati ad uffici che svolgano attività di gestione e di amministrazione attiva»; pertanto, «la nomina di un dirigente esterno o di un dipendente con qualifica non dirigenziale deve essere considerata come una assoluta eccezione», mentre la sua posizione di terzietà lascia considerare come non coerente con la legge «la nomina di un dirigente che provenga direttamente da uffici di diretta collaborazione con l’organo di indirizzo laddove esista un vincolo fiduciario». Ma, la Consulta ritiene che il segretario comunale sia incaricato con scelta «fiduciaria e condotta intuitu personae» direttamente dal sindaco, aggiungendo che al segretario comunale la legge attribuisce necessariamente un gruppo «di carattere eminentemente gestionale».

In sostanza, quindi, secondo la Consulta, nel segretario comunale mancano totalmente i requisiti essenziali che secondo l’Anac debbono caratterizzare il responsabile anticorruzione.

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