18/08/2018 – Ma, allora, Anas, Stato, persino le province servono?

Ma, allora, Anas, Stato, persino le province servono?

La terribile disgrazia di Genova sta fischiando come il treno di Pirandello e, forse, qualcuno sta iniziando ad uscire dal torpore nel quale è piombato da un quarto di secolo.
Ci si accorge, improvvisamente, che serve uno Stato. Ne prende atto Ernesto Galli della Loggia sul Corriere del 17 agosto, nell’articolo “Perchè ci manca lo Stato”: “C’è un elemento decisivo che lega insieme e in parte spiega le sciagure dell’estate italiana: dal crollo del ponte a Genova al rovinoso tamponamento del Tir sull’Autosole, alla strage dei braccianti immigrati sulle strade della Puglia. Un dato che va ben al di là di questi episodi pur di per sé gravissimi, e del quale portano una pesante responsabilità le forze che hanno governato il Paese negli ultimi vent’anni (dunque anche la Lega, oggi forse impegnata a cambiare il suo stesso passato e a farlo dimenticare). Si tratta dell’indebolimento – fino alla sua virtuale scomparsa – della presenza dello Stato, e quindi del venir meno di una sua funzione essenziale: quella del controllo e della sanzione“.
E’ innegabile. In poco più di 25 anni, lo Stato si è totalmente ritratto, nel tentativo di perseguire, ma molto malamente, pulsioni “liberiste” in un’Italia che di liberismo non ha nulla, considerando che mai è stata capace di tutelare la concorrenza e di attivare autorità davvero indipendenti di regolazione.
Per un quarto di secolo, all’urlo della necessità di “diminuire le tasse, le tasse hanno continuato ad aumentare, ma nel frattempo la presenza dello Stato si è ridotta in modo tremendo: niente più controlli amministrativi preventivi, contrazione del numero dei dipendenti pubblici sotto la soglia del necessario e loro irrimediabile invecchiamento, privatizzazioni dei servizi a rete con rinuncia totale alla regolazione pubblica ed attribuzione ai privati di poteri e quattrini, trasformazione di servizi locali in gestioni societarie privatistiche fallimentari e indebitate, estinzione degli infermieri, collasso dei servizi sociali, servizi di prima tutela della salute ridotti all’osso, accreditamenti ed autorizzazioni nella sanità e nel lavoro spacciati come “risorse private” che estendono l’orizzonte pubblico, mentre si tratta di finanziamenti pubblici per l’esercizio di funzioni pubbliche da parte di privati.
Una costante furia abolizionista, tendente ad affermare che non servono i ministeri, non servono le regioni, non servono le province, i Tar, i tribunali, le camere di commercio, gli ospedali i pronto soccorso. Furia ben sostenuta da campagne di stampa facili e dissennate, condotte in pieno tono populistico da quelle stesse firme che poi ora si indignano e meravigliano se il “populismo” è al potere.
Come dimenticare i pamphlet come “La Casta”, la perdita di tempo appresso alle auto blu che poi ha portato all’impossibilità di rimborsare l’utilizzo del mezzo proprio, le improbabili spendingreview che indicano la centralizzazione degli appalti conducendo all’obbligo per i piccoli comuni di rifornirsi di benzina presso distributori lontani e più cari di quello sotto casa, regole degli appalti inflessibili e micidiali per l’acquisto della famosa “siringa”, ma che non si applicano alle megamiliardarie concessioni autostradali.
Dopo la strage di Genova, persino Stella, uno dei principali bardi dell’abolizione dissennata e tanto per abolire, dimostrata dalla sua annosa e assurda campagna contro le province, sempre sul Corriere del 17 agoato, si accorge che essa, una volta realizzata (per altro malamente e a metà) è stata dannosa e nell’articolo “La strada delle promesse” scrive che dal 2001 non vi è alcun interesse per le manutenzioni delle strade. E per dimostrarlo cita le dichiarazioni di Achille Variati, presidente dell’Upi, unione nazionale di quelle province che Stella ha sempre messo all’indice!
Bene i risvegli, comunque. Anche se non si può fare a meno di rilevare che essi sono colpevolmente tardivi. E anche se non si può dimenticare che chi si risveglia oggi ha dato corda alla sistematica demolizione, pezzo per pezzo, dello Stato e alla situazione assurda di una convenzione con Autostrade per l’Italia che se anche si potesse far decadere o revocare (ed è tutto da vedere) comporterebbe penali pesantissime a carico del Ministero dei trasporti, come se, insomma, in un rapporto contrattuale la parte che crea un danno gravissimo all’altra viene fatta fuori dal rapporto, ma continua comunque ad essere pagata profumatamente. 
L’assenza dello Stato è anche scritta e testimoniata dai contenuti surreali delle clausole delle convenzioni autostradali.

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