Print Friendly, PDF & Email

Destinazione delle entrate derivanti dall’imposta di soggiorno

di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Serramazzoni e Vicesegretario Comunale
Un Sindaco ha interrogato il magistrato contabile, ai sensi dell’art. 7, comma 8, L. 5 giugno 2003, n. 131, circa la possibilità di utilizzare i proventi derivanti dall’imposta di soggiorno per soddisfare il fabbisogno finanziario prodotto dai servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti; in particolare, l’Ente chiede se sia legittimo destinare una parte del gettito proveniente dall’imposta di soggiorno a parziale finanziamento del servizio pubblico locale di raccolta, di trasporto e di smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati e, inoltre, se sia possibile utilizzare l’imposta di soggiorno prevedendo una riduzione della TARI a favore di tutte le attività economiche; ciò al fine, evidentemente, di diminuire la pressione fiscale sulla collettività locale (la TARI, incombe, appunto, sui soggetti che possiedono o detengono a qualsiasi titolo locali o aree suscettibili di produrre rifiuti), compensando il minor gettito con l’utilizzo di un’entrata gravante, invece, su soggetti “esterni” (coloro che alloggiano nelle strutture ricettive e ubicate sul territorio dell’ente).
Come noto, infatti, alcune entrate comunali hanno una destinazione vincolata, e tale vincolo costituisce un limite, introdotto ex lege, per garantire un più economico perseguimento dei fini istituzionali; vincoli di destinazione possono gravare qualsiasi tipo di entrata, sia corrente, sia di conto capitale; tra le prime, rientra anche l’imposta comunale di soggiorno.
Al riguardo, giova ricordare che l’art. 4, comma 1, D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, dispone testualmente che: “I comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali“.
La giurisprudenza consultiva della Corte dei conti ha già avuto modo di chiarire la portata del vincolo di destinazione normativamente imposto, come più sopra visto, precisando, in particolare, che l’imposta di soggiorno è un’imposta di scopo, cioè “una forma d’imposizione avente la peculiarità di non essere finalizzata al finanziamento di una qualsiasi spesa pubblica, trovando la propria giustificazione nel collegamento tra imposizione e destinazione del gettito“, la cui ratio “è da ricercare nella circostanza che, essendo queste ultime basate sulla correlazione “prelievo-beneficio”, determinano un miglior livello di accettazione sociale del sacrificio richiesto, essendo direttamente correlate alla specifica attività svolta dall’ente pubblico“.
Esaminando la disciplina di riferimento, va poi osservato che il perimetro normativo del tributo non è ben definito, ma solo abbozzato, atteso che il legislatore si è limitato ad indicare il presupposto dell’imposta (il soggiorno nelle strutture ricettive localizzate entro il territorio degli enti locali impositori) ed i soggetti passivi (gli ospiti delle suddette strutture); inoltre, alla luce del principio di riserva di legge in materia tributaria ex art. 23 Cost., la disposizione legislativa individua il tetto massimo dell’imposta e il modus di modulazione della stessa, per cui il tributo deve applicarsi “secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno“; infine, il legislatore indica a grandi linee la destinazione del gettito del tributo, disponendo che le entrate devono “finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali“.
Tutto quanto premesso, l’adita Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per il Veneto, con la deliberazione del 9 aprile 2019, n. 71, ritiene che ai quesiti formulati dall’Ente debba essere data risposta negativa, in forza della già vista natura dell’imposta di soggiorno quale “imposta di scopo”, basata, cioè, sulla correlazione prelievo-beneficio e diretta a determinare un miglior livello di accettazione del sacrificio richiesto.
Per il giudice contabile, in buona sostanza:
l’art. 4D.Lgs. n. 23 del 2011, finalizza l’impiego del gettito ottenuto dall’imposta esclusivamente per il finanziamento diretto ed immediato di interventi nel settore del turismo e di interventi ad esso connessi, mediante la previsione di un vincolo di destinazione incombente sulla relativa entrata;
l’esistenza di siffatto vincolo implica evidentemente che, nel bilancio dell’ente, tale entrata debba essere correlata esclusivamente a spese della tipologia indicata dal legislatore e non ad altre; diversamente, il vincolo, di origine normativa, verrebbe disatteso e, dunque, violato.
La suesposta premessa, fondata sull’esame della norma che prevede e disciplina l’imposta di soggiorno, dunque, conduce all’esclusione della possibilità prospettata dall’ente di utilizzare, alla stregua di entrate afferenti alla fiscalità generale, l’imposta medesima, collegata, invece, ad impieghi vincolati.
Non si può, tuttavia, non richiamare sul tema una decisione giurisdizionale che porta a conclusioni radicalmente opposte: si tratta della sentenza del T.A.R. Puglia-Lecce, Sez. II, 30 aprile 2012, n. 736, e secondo la quale deve ritenersi rispettato il vincolo di destinazione al gettito della imposta di soggiorno, ove gli interventi finanziati dal Comune con gli introiti del nuovo tributo abbiano un’evidente, ancorché indiretta, funzione di promozione del turismo locale; in particolare, il magistrato ritiene rispettato del vincolo di destinazione dell’entrata in questione allorquando l’imposta sia impiegata per il finanziamento non solo d’interventi aventi carattere sufficientemente circoscritto e direttamente ascrivibili alla materia del turismo, ma anche per interventi di carattere più generico, quali manutenzione del patrimonio dei beni culturali, personale di Polizia municipale a tempo determinato, interventi in campo turistico, manutenzione strade comunali, segnaletica stradale, interventi di tutela ambientale, attività relative al problema del randagismo, servizio RSU, interventi di realizzazione e manutenzione di parchi e giardini urbani: spese, secondo il TAR, connotate da un’evidente, anche se indiretta, funzione di promozione del turismo locale e, pertanto, da ritenersi coerenti con il vincolo di destinazione imposto ex lege.
 

Torna in alto