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C’è discrezionalità della stazione appaltante nella scelta della suddivisione in lotti dell’appalto
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 25, del 2 gennaio 2020, nell’accogliere il ricorso di una stazione appaltante, ha ribadito che il principio della suddivisione in lotti può essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata ed è espressione di scelta discrezionale.
Il fatto
Con ricorso del 2019, una stazione appaltante (si trattava di una Università) ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da una SRL contro la stessa Università per l’annullamento:
a.- del bando di gara dell’Università degli Studi per l’affidamento del servizio di portierato, assistenza alle aule per le strutture e per la gestione e manutenzione degli impianti antintrusione e videosorveglianza;
b.- del relativo disciplinare di gara e del capitolato speciale d’appalto;
c.- della delibera del C.d.A. con la quale è stato disposto l’affidamento oggetto della predetta gara;
d.- di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e consequenziale.
Nel caso in esame l’appalto è stato suddiviso in tre lotti; nel ricorso al TAR la SRL ha contestato la scelta di suddividere l’appalto in tre macro-lotti, per:
– la loro eccessiva dimensione territoriale: l’accorpamento nei singoli lotti di più strutture universitarie dislocate a distanza e, per il lotto n. II, anche in Comuni diversi – unitamente al valore economico e alla commistione di attività prestazionali diverse – non è sufficientemente motivata;
– l’eterogeneità dei due servizi oggetto di ciascun lotto:
a) portierato e assistenza aule;
b) gestione e manutenzione, ordinaria e straordinaria, degli impianti di videosorveglianza ed antintrusione, i quali sono dettagliati sotto il profilo del contenuto in due distinti allegati (A e B del capitolato speciale di appalto) e distinti, anche dal punto di vista, disciplinare;
– il conseguente eccessivo importo complessivo di ciascun lotto, cui è connesso il requisito specifico del fatturato minimo medio triennale ex art. 83, comma 4, del D.Lgs. n. 50/2016, tale da pregiudicare la partecipazione delle imprese di piccole e medie dimensioni, le quali sono così costrette ad utilizzare requisiti economico-finanziari di altri soggetti, o mediante il subappalto o mediante la partecipazione in raggruppamento.
Il TAR con ordinanza del novembre 2018, ha accolto l’istanza cautelare e contestualmente chiesto all’amministrazione di dar “conto dell’iter istruttorio svolto con specifico riguardo all’analisi della conformazione del mercato dei servizi accessori alle attività didattiche, avendo la ricorrente allegato che, con riguardo all’attività di manutenzione degli impianti antintrusione e videosorveglianza, solo pochi operatori possiedono la relativa abilitazione e che invece si registra, quanto al servizio di portierato, una pluralità di piccole e medie imprese”.
Il TAR ha ritenuto “fondato il vizio di violazione dell’art. 51 D.Lgs. n. 50/2016, sotto il profilo dell’irragionevole sovradimensionamento dei lotti e dell’accorpamento in ciascuno di essi di servizi autonomi” e assorbendo il restante profilo volto a “contestare la prescrizione del requisito economico-finanziario del fatturato medio su base triennale, di cui all’art. 83 comma 4 D.Lgs. n. 50/2016, derivante dal valore economico dei singoli lotti.”
Avverso la sentenza sfavorevole l’Università è ricorsa al Consiglio di Stato.
L’analisi del Consiglio di Stato
Per i giudici amministrativi del Consiglio di Stato l’appello è fondato e merita accoglimento.
Con l’unico motivo di diritto, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 30, comma 7, e 51 del D.Lgs. n. 50/2016. Erronea ricostruzione dei fatti di causa”, l’amministrazione appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata in quanto fondata sul presupposto che l’Ateneo avrebbe violato l’art. 51 D.Lgs. n. 50/2016, sia per l’irragionevole sovradimensionamento dei lotti quanto per l’accorpamento in ciascuno di essi di servizi autonomi.
Tali conclusioni sono, invece, da ritenersi del tutto errate sia perché integrano violazioni delle previsioni normative di riferimento, sia perché non tengono minimamente conto del reale contenuto dei provvedimenti impugnati, trascurando di cogliere le complessive ragioni espresse dall’Università per la scelta in concreto operata.
La censura è fondata e va accolta.
Come riportato nella descrizione, il bando oggetto di contestazione riguarda una procedura aperta, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento di un contratto di appalto dei servizi di:
– portierato e assistenza aule per le sedi universitarie di una provincia della Regione Campania , con formazione degli addetti in materia di sicurezza;
– gestione e manutenzione, ordinaria e straordinaria, degli impianti di video sorveglianza e antiintrusione per le sedi universitarie di alcune città della Campania.
Va sinteticamente ricordato che, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, III, 13 novembre 2017, n. 5224), la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza; a tal fine, quale corollario dell’effettività della regola generale, è posta la previsione di un specifico obbligo di motivazione (art. 51 del D.Lgs. n. 50/2016), proprio perché il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza.
Il Consiglio di Stato ha poi richiamato un altro precedente in argomento in sede di decisione cautelare (Cons. Stato, V, 3 aprile 2018, n. 2044), dove si ricorda che “è pur vero che l’art. 51 D.Lgs. n. 50/2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, D.Lgs. n. 163/2006; tuttavia, nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139“.
Ricorda il Consiglio di Stato che “Il principio della suddivisione in lotti può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669) ed è espressione di scelta discrezionale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081), sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisone di frazionare o meno un appalto “di grosse dimensioni” in lotti”.
In merito alla sua sindacabilità, va poi osservato come correttamente il primo giudice abbia ricordato che “come qualsiasi scelta della pubblica amministrazione anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria” (cfr. Cons. Stato, V, 6 marzo 2017, n. 1038).
La scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (cfr. Cons. Stato, 4 marzo 2019, n. 1491).
Il Consiglio di Stato venendo alla seconda questione, attinente alla supposta eccessiva estensione dell’ambito territoriale, evidenzia come le osservazioni del TAR si fondino sulla considerazione di un dato dimensionale astratto (ossia la circostanza che i lotti ricadano all’interno di un intero territorio comunale o addirittura su due diversi comuni), senza tener conto della effettiva dislocazione delle strutture (elemento che concretizza invece il dato economico reale in quanto incidente sui costi dell’attività).
Per il Consiglio di Stato appare evidente che il supposto eccessivo dimensionamento territoriale non è oggettivamente sostenibile. A meno che non si voglia affermare che l’amministrazione avrebbe potuto accorpare al massimo i servizi unificandoli per singolo plesso unitario, con la conseguenza di dare vita, ad un numero di lotti oscillante tra i 10 e i 12. Ma in questo caso, la suindicata necessità di bilanciare il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto sarebbe compromessa, atteso che rispetto la sola finalità di tutela delle piccole e medie imprese avrebbe sopravanzato le altre due finalità tradizionali dell’evidenza pubblica, quella del buon uso delle risorse pubbliche (resa palese dalla scelta dell’amministrazione di procedere ad una razionalizzazione dei servizi) e quella della tutela della concorrenza tra le imprese (garantita in fatto dalla circostanza che nella gara si sono avute n. 7 offerte valide).
Infine, e conseguentemente, non appare neppure possibile sindacare il dato dimensionale economico che, da un lato, si dimostra consequenziale alle condivisibili scelte gestionali effettuate e, dall’altro, non ha condotto alla frustrazione delle esigenze garantite dalla procedura di evidenza pubblica, come sopra sottolineato.
Conclusivamente, il Consiglio di Stato ritiene che il motivo di appello deve essere accolto.

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