16/01/2016 – DDL 3420 – Soppressione comuni sotto i 5000 abitanti

DDL 3420 – Soppressione comuni sotto i 5000 abitanti

PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei deputati

LODOLINI, FANUCCI, ZOGGIA, ASCANI, PAOLA BOLDRINI, BRUNO BOSSIO, FEDI, FRAGOMELI, GANDOLFI, GIUSEPPE GUERINI, LATTUCA, NACCARATO, PATRIARCA, PELILLO, PETRINI, SALVATORE PICCOLO, PORTA, SBROLLINI, VALERIA VALENTE, ZAN

Modifica al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di popolazione dei comuni e di fusione dei comuni minori

Presentata l’11 novembre 2015

Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge nasce dall’esigenza di trovare un efficace meccanismo per ridurre l’elevata frammentarietà dei comuni italiani e favorire il raggiungimento da parte di questi ultimi di dimensioni più adeguate, atte cioè a consentire un netto miglioramento della qualità e dell’efficacia dei servizi offerti ai cittadini. È ormai noto, infatti, che le ridotte dimensioni che caratterizzano la maggior parte dei comuni italiani sono spesso del tutto insufficienti a garantire uno svolgimento efficace ed efficiente dell’azione amministrativa, così come previsto dall’articolo 118 della Costituzione. Basti pensare che secondo dati dell’Istituto nazionale di statistica del 2014, su 8.057 comuni italiani presenti in totale in Italia, ben 5.652 comuni (ossia circa il 70 per cento di tutti i comuni italiani) hanno una dimensione inferiore a 5.000 abitanti. D’altra parte, a livello nazionale, la percentuale degli abitanti residenti in piccoli comuni è pari al 17,07 per cento dell’intera popolazione. È evidente allora il disequilibrio esistente tra il numero delle amministrazioni locali e la distribuzione degli abitanti tra i residenti. 

Del resto, soprattutto negli ultimi anni, sono state fortemente incentivate tutte le forme di associazioni tra comuni, dalle convenzioni alle unioni fino all’esercizio obbligato di funzioni essenziali, così come fortemente incentivate sono state le fusioni stesse, da ultimo con la stessa legge n. 56 del 2014, la cosiddetta legge Del Rio. 

La presente proposta di legge individua proprio nelle fusioni, attualmente disciplinate dall’articolo 15 del testo unico della legge sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, lo strumento più idoneo per superare l’attuale frammentarietà dei comuni italiani. La fusione, infatti, a differenza delle altre forme di associazionismo tra comuni, comporta la costituzione di un unico ente, nel quale sono aggregate tutte le risorse umane, strumentali e finanziarie, al fine di ottenere non solo l’ottimizzazione dei servizi esistenti, ma anche talvolta il loro ampliamento. 

Il processo di revisione costituzionale in atto, tra l’altro, prevede il superamento della provincia quale ente territoriale sovraordinato con competenze di area vasta. La fusione dei piccoli comuni diventa pertanto ineludibile per l’esercizio di funzioni che erano in capo alle province e che l’eccessiva frammentazione amministrativa in piccoli comuni finirebbe per ricondurre in capo alle regioni, determinando il rischio di un neo-centralismo di tipo regionale. 

Va altresì sottolineato che è ormai statisticamente provato che la fascia dei comuni tra 5.000 e 10.000 abitanti è quella che consente una dimensione ottimale perché, da un lato, consente il mantenimento di una dimensione a misura d’uomo, di un ambiente nel quale ci si conosce e dove è anche bello vivere e, dall’altro, coniuga questo aspetto con la capacità dell’Ente comunale di offrire buoni servizi, realizzando economie di scala che consentono l’ottimizzazione delle risorse. 

Questa fascia, peraltro, è quella in cui è stata osservata nei comuni la più bassa spesa pro capite delle funzioni di amministrazione generale. 

Alla luce delle poche fusioni fin qui realizzate, nonostante i cospicui incentivi e contributi previsti da leggi statali, è arrivato allora il momento di compiere un passo in avanti. La presente proposta di legge, nel pieno rispetto della normativa costituzionale di riferimento, stabilisce innanzitutto che il limite minimo di abitanti perché possa esistere un comune è fissato nella soglia di 5.000 abitanti. Essa modifica pertanto il citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, introducendo un nuovo comma nell’articolo 13. Trascorsi poi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni provvederanno con legge alla fusione obbligatoria di tutti i comuni la cui popolazione sia inferiore a 5.000 abitanti e che non abbiano già avviato di propria iniziativa procedimenti di fusione. 

Quindi, di fatto, i comuni avranno due anni di tempo per procedere autonomamente, dal basso, e secondo criteri di omogeneità, maggiormente rispettosi delle caratteristiche fisiche dei territori o delle tradizioni loro proprie, a predisporre fusioni al fine di costituire comuni che abbiano almeno 5.000 abitanti. 

Qualora non lo facciano autonomamente nei primi due anni, in base all’articolo 2 della proposta di legge, saranno le regioni, con propria legge, a provvedere. In tal caso però i comuni perderanno il diritto a tutti i benefici previsti dalla legge per incentivare le fusioni di comuni. Questa norma, apparentemente molto severa, ha in realtà l’obiettivo di dare una fortissima spinta nella realizzazione delle fusioni dal basso perché ritenute più efficaci, in quanto basate su criteri più omogenei. 

Infine, all’articolo 3 è introdotta una sorta di norma di chiusura: trascorsi quattro anni dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni che abbiano omesso di adottare le necessarie leggi regionali saranno sottoposte a una decurtazione del 50 per cento dei trasferimenti erariali in loro favore, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e al trasporto pubblico locale. Tale norma, quindi, dovrebbe costituire un reale incentivo nei confronti delle regioni, che sono spinte a emanare le leggi se non vogliono incorrere in un drastico taglio da parte dello Stato delle risorse erariali loro destinate.

PROPOSTA DI LEGGE 

Art. 1. 

(Modifica all’articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).

1. All’articolo 13 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«2-bis. Un comune non può avere una popolazione inferiore a 5.000 abitanti».

Art. 2.

(Disposizioni transitorie).

1. Trascorsi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, conformemente a quanto previsto dagli articoli 117 e 133 della Costituzione, le regioni provvedono, nelle forme previste dalla legge regionale, alla fusione obbligatoria dei comuni la cui popolazione sia inferiore a 5.000 abitanti e che non abbiano già avviato autonomamente procedimenti di fusione.

2. Ai comuni assoggettati a fusione obbligatoria ai sensi del comma 1 del presente articolo non spettano i contributi straordinari previsti dal comma 3 dell’articolo 15 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, né gli ulteriori contributi o benefìci previsti dalla legge a favore dei comuni che abbiano proceduto alla fusione di propria iniziativa.

Art. 3.

(Riduzione dei trasferimenti erariali in caso di mancato intervento delle regioni).

1. Trascorsi quarantotto mesi dalla data di entrata in vigore della presentelegge, qualora una regione non abbia provveduto alla fusione obbligatoria dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti con propria legge, essa, a decorrere dall’anno successivo, è soggetta alla riduzione di una quota pari al 50 per cento dei trasferimenti erariali in suo favore, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e al trasporto pubblico

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