15/11/2019 – Turnover p.a., impresa ardua – Da oggi assunzioni al via. Ma si prevedono 500.000 uscite

Turnover p.a., impresa ardua – Da oggi assunzioni al via. Ma si prevedono 500.000 uscite
di Luigi Oliveri
Oggi prende corpo lo sblocco delle assunzioni nelle amministrazioni pubbliche, ma l’obiettivo di colmare le fuori uscite di circa 500.000 dipendenti pubblici destinati alla pensione entro il 2020 è ancora lontano.
L’articolo 1, comma 399, della legge 145/2018 aveva previsto che le assunzioni a tempo indeterminato delle amministrazioni dello stato (presidenza del consiglio dei ministri, ministeri, enti pubblici non economici e agenzie fiscali) non potessero effettuarsi possono «con decorrenza giuridica ed economica anteriore al 15 novembre 2019».
Dunque, è da oggi che queste amministrazioni (per le università bisogna aspettare l’1.12.2019) possono materialmente iniziare a sottoscrivere i contratti di lavoro con i vincitori dei concorsi che avessero indetto nei mesi scorsi (ma anche per quelli successivi, ovviamente).
Sanità, regioni ed enti locali hanno, invece, potuto continuare ad assumere, senza dover attendere la data fatidica del 15 novembre 2019.
Se da oggi in poi, quindi, una buona parte (circa un terzo) delle amministrazioni pubbliche potrà tornare ad assumere materialmente, non si può certo parlare ancora dell’integrale copertura delle vacanze di organico nel pubblico impiego.
Gli anni dal 2019 al 2022 (cosa risaputa da molto tempo) sono caratterizzati da un picco di pensionamenti estremamente ampio, circa 500.000.
«Quota 100» ha accelerato le fuoriuscite dalla p.a. per circa 100.000 dipendenti pubblici, che già da settembre hanno anticipato di 6 mesi circa pensionamenti che si sarebbero verificati nel 2020.
Mentre i pensionamenti sono in corso e con una progressione continua, le assunzioni sono sbloccate, sì, ma solo in teoria. E ci vorrà tempo per colmare il vuoto dei 500.000 posti vacanti.
Infatti, mentre il pensionamento è qualcosa di immediato, per le assunzioni occorre tempo: occorre che gli enti adottino i complessi e lunghi atti di programmazione e svolgano gli ancor più lunghi e complessi procedimenti concorsuali, sperando che non vi siano intoppi per ricorsi. Soprattutto è necessario che siano disponibili le risorse e regole chiare sul turnover.
La legge 145/2018, come del resto anche la legge «concretezza» (56/2019) ha voluto puntare sul «concorso unico nazionale» come strumento per reclutare velocemente il personale necessario. Idea, per la verità, tutt’altro che nuova o originale (presente anche, per esempio, nel dl 101/2013, di 6 anni prima), ma in ogni caso rimasta sulla carta, per l’assenza del decreto che dovrebbe attuarla.
In quanto, poi, alle risorse, è vero solo in parte che il pensionamento dei dipendenti finanzia le nuove assunzioni; le leggi di autorizzazione alla spesa non potranno non tenere conto dell’incremento della spesa pensionistica, per tenere in equilibrio i volumi di spesa.
Le amministrazioni, quindi, potranno assumere ma secondo volumi che ovviamente dovranno tenere conto delle varie grandezze economiche da gestire: 500.000 assunzioni hanno un costo vicino ai 16-17 miliardi di euro.
Le amministrazioni dello stato per assumere, poi, debbono attendere gli stanziamenti delle leggi di bilancio e le autorizzazioni della funzione Pubblica, sulla base dei quali comprendere se il volume del turnover possa essere anche maggiore del 100%.
Per regioni ed enti locali il dl 34/2019 convertito in legge 58/2019 consente in teoria il superamento del turnover 100%, a condizione che dimostrino di avere un rapporto tra spesa complessiva di personale e media delle entrate del triennio precedente (al netto di alcune voci, come il fondo crediti di dubbia esigibilità).
Ma il dpcm 3.9.2019, riferito alle sole regioni, per gli anni dal 2020 al 2024 detta regole finalizzate comunque a contenere le assunzioni entro limiti che non consentiranno a regioni ed enti locali di non andare troppo oltre la spesa complessiva di personale del 2018, della quale quella per assunzioni è solo una delle componenti: il che significa che anche laddove sia possibile per gli enti «virtuosi» assumere anche oltre il 100% del turnover (almeno come volume di spesa) questo avverrà solo gradualmente. In ogni caso, il surplus rispetto al turnover del 100% non potrà essere elevatissimo. Peraltro, per gli enti locali manca ancora il decreto, analogo a quello già adottato per le regioni, con cui sbloccare le regole di contenimento del turnover.
Il rischio è, insomma, che il ritmo dei pensionamenti risulti più veloce di quello delle nuove assunzioni, sicché per colmare le 500.000 fuoriuscite di personale si vada ben oltre il 2020.

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