15/11/2019 – La responsabilità del pubblico dipendente: premessa e inquadramento normativo.

La responsabilità del pubblico dipendente: premessa e inquadramento normativo.
Di Pietro Cucumile.
La responsabilità del pubblico dipendente: premessa e inquadramento normativo.
L’estensione del concetto di danno pubblico.
Le fonti del processo dinanzi alla Corte dei conti.
L’obbligo di denuncia del danno: modalità, contenuto, responsabilità omissiva Le conseguenze dell’omissione.
Le assicurazioni sulla responsabilità: possibilità e limiti.
L’estensione del concetto di danno pubblico.
Le fonti del processo dinanzi alla Corte dei conti.
L’obbligo di denuncia del danno: modalità, contenuto, responsabilità omissiva Le conseguenze dell’omissione.
Le assicurazioni sulla responsabilità: possibilità e limiti.
DI PIETRO CUCUMILE
 
Premessa e inquadramento normativo.
In questo approfondimento si focalizzerà l’attenzione sull’insieme di misure previste dall’ordinamento italiano contro chi, legato da un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione, sacrifichi ingiustamente i beni economici pubblici e/o leda ingiustamente i benivalori fondamentali della contabilità pubblica, con dolo o colpa grave, in violazione dei suoi doveri di servizio.
L’incipit, a tal proposito, non può che riguardare la definizione dei presupposti dell’illecito qui in
trattazione:
  il rapporto di servizio, che lega l’autore dell’illecito all’Amministrazione pubblica che risenta della sua negativa condotta attiva od omissiva;
 l’evento lesivo, che si sostanzia in un danno patrimoniale, ovvero l’illegittimo sacrificio di un bene economico della pubblica Amministrazione;
 lo stato soggettivo di dolo o almeno di colpa grave che ha sostenuto la condotta di chi abbia agito, stante l’irrilevanza della semplice colpa.
La normativa di cornice fa riferimento ai seguenti due parametri fondamentali:
 art. 103, comma 2, Costituzione: “la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”.
 art. 1 d.lgs. n. 174/2016: “la Corte dei conti ha giurisdizione nei giudizi di conto, di responsabilità amministrativa per danno all’erario e negli altri giudizi in materia di contabilità pubblica”.
Con riferimento all’applicabilità della normativa in commento alle società in house, quest’ultima si sostanzia se, sulla base di quanto previsto nelle disposizioni dello statuto della società, sussistono contemporaneamente i seguenti requisiti:
 sia costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi;
 le azioni non possano per statuto appartenere neppure in parte a soci privati;
 esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e sia assoggettata a forme di controllo da parte del socio pubblico analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici, così da implicare una subordinazione dei suoi organi amministrativi alla volontà del controllante al punto da renderla assimilabile ad una sua articolazione interna.
Ebbene, sul punto appare utile richiamare l’orientamento della Corte di Cassazione, Sezioni unite, decisione 1.3.2006 n. 4511 secondo cui: “ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti, si ritiene del tutto irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, potendo consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in una concessione amministrativa od in un contratto privato; ormai il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è spostato dalla qualità del soggetto (che può ben essere un privato od un ente pubblico non economico) alla natura del danno e degli scopi perseguiti”.
Di più. Secondo un altro orientamento della Corte di Cassazione1, quando l’Amministrazione eroghi somme di denaro, anche ricorrendo a strumenti propri del diritto privato2, per lo svolgimento di un’attività che risponda al soddisfacimento di un interesse pubblico, il beneficiario del contributo ha l’obbligo di utilizzare le somme per lo specifico scopo. In tali ipotesi, tra privato ed Amministrazione pubblica viene ad instaurarsi un rapporto di servizio funzionale e non organico, in cui il privato partecipa, di fatto, alla realizzazione del pubblico interesse perseguito dell’Ente erogatore. La distrazione delle somme vanifica, pertanto, la finalità pubblica perseguita dall’Ente che si è avvalso del soggetto privato, il quale, nel caso di dolo o colpa grave, sarà chiamato a rispondere in sede contabile della “mala gestio”.
L’estensione del concetto di danno pubblico.
L’art. 1, comma 1 ter, della L. n. 20/1994 prevede che la responsabilità dei componenti di un organo politico viene meno quando il medesimo abbia in buona fede autorizzato o approvato atti di competenza di organi tecnici o amministrativi. La giurisprudenza ha chiarito che la norma3 non consente di ancorare sic et simpliciter la non responsabilità del soggetto politico al particolare ruolo istituzionale che lo diversifica dai dirigenti, dovendosi detta disposizione considerare inoperante quando il soggetto stesso abbia direttamente compiuto, nell’ambito delle sue competenze, atti causativi di danno erariale.
Inoltre, si è passati da un’accezione di lesione di elementi del patrimonio dello Stato ad un concetto di danno pubblico comprendente anche interessi generali di natura eminentemente pubblica riferiti allo Stato comunità.
Inoltre, la nozione di danno erariale ricomprende in sé qualunque forma di lesione economicamente apprezzabile arrecata direttamente o indirettamente all’amministrazione. In particolare, costituisce “danno” l’ingiusto sacrificio dei beni economici, ossia il c.d. “sperpero” delle risorse pubbliche. Il danno deve avere i caratteri, oltre che della “patrimonialità”, anche quelli della “concretezza” e dell’“attualità”, caratteri costituenti i presupposti dell’avvio dell’azione da parte del magistrato del pubblico ministero erariale.
Ciò detto, la Legge n. 97 del 2001 all’art. 7, punto 1, prevedeva: “La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nell’art. 3 per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro II del Codice penale è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova entro trenta giorni l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato”.
Ebbene, il D. L. n. 78 del 2009, “Decreto anticrisi”, che fu convertito con modifiche nella Legge n.
102/2009 inserendo all’art. 17 il comma 30-ter 4, prevede che: “Le procure regionali della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine subito dall’amministrazione nei soli casi previsti dall’articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97. […].
L’azione è esercitabile dal pubblico ministero contabile, a fronte di una specifica e precisa notizia di danno, qualora il danno stesso sia stato cagionato per dolo o colpa grave”.
Senonché, il “Codice della giustizia contabile”, pubblicato nella G.U. n. 209 del 7.9.2016, all’art. 4 dell’Allegato 3 del Decreto, ha abrogato il predetto art. 7 della L. n. 97/2001, per cui di fatto anche il richiamo di cui all’art. 17, comma 30-ter, del D.L. n. 79/2009. Attualmente, in materia di danno all’immagine, infatti, il caposaldo è l’art. 51 D. lgs. n. 174/2016 che, al comma 6, prevede che “La nullità per violazione delle norme sui presupposti di proponibilità dell’azione per danno 3 Comunemente detta norma dell’esimente politica 4 C.d. “Lodo Bernardo” all’immagine è rilevabile anche d’ufficio”, ed al comma 7: “La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché degli organismi e degli enti da esse controllati, per i delitti commessi a danno delle stesse, è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato…”.
La giurisprudenza ha, poi, avviato il superamento della visione restrittiva della risarcibilità del danno all’immagine ai soli reati contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro II del Codice penale, previa sentenza di condanna passata in giudicato, e preme per il superamento del principio della pregiudizialità penale.
Occorre, poi, evidenziare che i vizi di legittimità di un atto non comportano, ex se, un illecito contabile. L’illegittimità di un atto è soltanto un sintomo della illiceità di un comportamento alla cui produzione concorrono i requisiti della dannosità della condotta e dell’atteggiamento gravemente colposo/doloso del suo autore. L’illegittimità dell’atto amministrativo, nel giudizio per danno erariale, può rappresentare, semplicemente, uno degli elementi della più complessa fattispecie di responsabilità contabile.
Non rileva ex se quale requisito essenziale della responsabilità erariale qualunque comportamento che si discosti dalla norma, dovendo ravvisarsi nella condotta posta in essere profili di rimproverabilità tali da raggiungere la soglia della colpa grave configurabili, di regola, nella ricorrenza di una sprezzante violazione degli obblighi di servizio, nell’assoluta noncuranza dell’interesse pubblico dell’ente o nel mancato rispetto di elementari canoni di perizia e diligenza.
Inoltre, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza contabile, per valutare come dolosa l’azione del soggetto sottoposto alla giurisdizione di responsabilità è sufficiente che questi abbia tenuto scientemente un comportamento violativo di un obbligo di servizio, non essendo necessaria anche la diretta e cosciente intenzione di agire ingiustamente a danno di altri. A differenza del dolo penalistico, è irrilevante che le conseguenze dannose siano abbracciate dalla previsione dell’agente.
Inoltre, il dolo o la colpa grave devono essere provati nei loro elementi costitutivi.
In sede giurisprudenziale è stato affermato che l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali sancita alla L. n. 20 del 1994, articolo 1, comma 1, costituisce il necessario completamento della distinzione fra atti di direzione politica ed atti di gestione nel più ampio contesto della separazione fra il momento politico e quello gestionale: l’attività politica attiene all’individuazione dei fini dell’azione amministrativa, mentre quella amministrativa concerne la idonea attuazione degli stessi.
Non risulta, dunque, preclusa la sindacabilità ad opera del Giudice contabile dell’esercizio del potere discrezionale sotto il profilo della razionalità o dello sconfinamento nell’arbitrio che costituiscono i limiti esterni di tale esercizio, superando i quali si verificherebbe una invasione del campo proprio dell’Amministrazione Inoltre, la condotta dell’agente, ai fini dell’affermazione della responsabilità erariale del medesimo, deve essere legata al danno sofferto dall’Amministrazione da un nesso di causalità. Il giudice contabile al fine dell’individuazione della sussistenza o meno del nesso causale, utilizza i principi elaborati dalla scienza penalistica. In particolare, la giurisprudenza fa riferimento all’art. 40 c.p. che dispone la non punibilità qualora l’evento dannoso non sia conseguenza dell’azione od omissione ed all’art. 41 c.p. che disciplina le cause sopravvenute sufficienti ex se a determinare il danno.
Proseguendo il focus sul tema dell’assenteismo5, lo stesso costituisce il presupposto per la responsabilità amministrativa dell’impiegato infedele, sotto il profilo del danno patrimoniale per omessa prestazione e del danno all’immagine, per il quale è anche sufficiente il solo clamor interno all’amministrazione di appartenenza ed ai soggetti attorno ad essa gravanti. Le Sezioni riunite della Corte dei Conti sono intervenute al riguardo con una interessante pronuncia affermando che la condanna per danno all’immagine dovuto a fenomeni di assenteismo non presuppone necessariamente, in ossequio alla regola generale, una condanna penale passata in giudicato6.
In punto di assoggettabilità dei gruppi consiliari alla giurisdizione contabile per la violazione degli obblighi inerenti ad una corretta rendicontazione dell’utilizzo di fondi pubblici è stata affermata più volte dalla Corte di Cassazione7, oltre che dalle Sezioni riunite della Corte dei conti8.
 La giurisprudenza ha comunque chiarito che i fondi erogati ai Gruppi consiliari sono pubblici e, come tali, hanno intrinsecamente un vincolo di destinazione.
La giurisprudenza ha, inoltre, affermato9 che ogni singolo Consigliere, pur avendo una personale autonomia di spesa, non può affatto sottrarsi al pieno adempimento dell’obbligazione di rendicontazione assunta nel ricevere dalla collettività denaro da spendere secondo finalità tassative fissate dalla legge. In altri termini, l’autodeterminazione non può in nessun caso prescindere dall’obbligo di giustificazione della stessa secondo le precipue finalità istituzionali.
Con l’emanazione del Decreto Legge 10 ottobre 2012, n. 174 è stato, tra l’altro istituzionalizzato il sistema dei controlli sui rendiconti dei gruppi consiliari. Risulta ora acclarato che i contributi pubblici destinati alle spese di funzionamento di un Gruppo consiliare sono sottoposti alla verifica della attinenza delle spese alle funzioni istituzionali svolte dai Gruppi, secondo il generale principio contabile della loro coerenza con le finalità previste dalla legge.
Sul punto è stato affermato che è configurabile un rapporto di servizio tra la pubblica Amministrazione erogatrice di un contributo statale ed i soggetti privati che, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito dall’Amministrazione 10 distogliendo le risorse conseguite dalle finalità cui erano preordinate11.
Le fonti del processo dinanzi alla Corte dei conti.
Le norme processuali sono contenute nel R.D. 12 luglio 1934, n. 1038 (testo unico delle leggi sulla Corte dei conti) e, soprattutto, nel regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038
Al corpo normativo risalente a prima dell’entrata in vigore della Costituzione, nel corso degli anni, sono state apportate integrazioni ed innovazioni, limitate e parziali, soprattutto ad opera della legge n. 19 del 1994 (di conversione del DL 453/19939) e dell’art. 2 della legge 20 del 1994.
La legge 7 agosto 2015, n. 124, Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, all’art. 20 ha previsto il “Riordino della procedura dei giudizi innanzi
la Corte dei conti”.
Con il Decreto legislativo agosto 2016, n. 174 è stato approvato il “Codice di giustizia contabile”.
L’obbligo di denuncia del danno: modalità, contenuto, responsabilità omissiva L’obbligo di denuncia del danno trova i suoi principali riferimenti normativi negli artt. 51, 52 e 53 del “Codice di giustizia contabile”12.
  1. Il pubblico ministero inizia l’attività istruttoria, ai fini dell’adozione delle determinazioni inerenti l’esercizio dell’azione erariale, sulla base di specifica e concreta notizia di danno, fatte salve le fattispecie direttamente sanzionate dalla legge.
  2. La notizia di danno, comunque acquisita, è specifica e concreta quando consiste in informazioni circostanziate e non riferibili a fatti ipotetici o indifferenziati.
  3. Qualunque atto istruttorio o processuale posto in essere in violazione delle disposizioni di cui al presente articolo è nullo e la relativa nullità può essere fatta valere in ogni momento, da chiunque vi abbia interesse, innanzi alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti.
  4. Se la nullità di cui al comma 3 è fatta valere con istanza proposta prima della pendenza del giudizio, la sezione decide, in camera di consiglio, entro il termine di trenta giorni dal deposito dell’istanza e sentite le parti, con sentenza.
Le principali caratteristiche da evidenziare sono che la notizia di danno debba essere specifica e concreta. Ebbene, in base alla previsione dell’art. 51 del “codice di giustizia contabile” la notizia di danno va ritenuta specifica e concreta quando costituisca semplicemente la base per successive indagini non casuali, non essendo richiesto che la stessa rechi una prospettazione accusatoria già completa e pronta per la contestazione preliminare di responsabilità13.
Inoltre, la ratio della norma risultante dall’articolo 17, comma 30-ter, del Decreto legge n° 78/2009, è quella di garantire che l’istruttoria contabile del magistrato del pubblico ministero, nella fase di avvio, sia suffragata da elementi concreti e specifici e non si fondi su mere ipotesi o astratte supposizioni, non essendo ammissibile che la richiesta istruttoria si diriga in modo generico ad un intero settore di attività amministrativa per un rilevante periodo di tempo, poiché ciò si risolverebbe in una vera e propria attività di controllo da parte di un organo non abilitato a farlo14.
Si tenga presente, poi, che è legittimo l’avvio di un’istruttoria in seguito al ricevimento di un esposto anonimo che contenga notizie tali da far ritenere verosimile che la situazione segnalata
  1. Diversamente, la sezione decide sull’eccezione di nullità con la sentenza che definisce il giudizio di primo grado.
  2. La nullità per violazione delle norme sui presupposti di proponibilità dell’azione per danno all’immagine è rilevabile anche d’ufficio.
  3. La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché’ degli organismi e degli enti da esse controllati, per i delitti commessi a danno delle stesse, è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché’ promuova l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Resta salvo quanto disposto dall’articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
Art. 52, Obbligo di denuncia di danno e onere di segnalazione.
  1. Ferme restando le disposizioni delle singole leggi di settore in materia di denuncia di danno erariale, i responsabili delle strutture burocratiche di vertice delle amministrazioni, comunque denominate, ovvero i dirigenti o responsabili di servizi, in relazione al settore cui sono preposti, che nell’esercizio delle loro funzioni vengono a conoscenza, direttamente o a seguito di segnalazione di soggetti dipendenti, di fatti che possono dare luogo a responsabilità erariali, devono presentarne tempestiva denuncia alla procura della Corte dei conti territorialmente competente. Le generalità del pubblico dipendente denunziante sono tenute riservate.
  2. Gli organi di controllo e di revisione delle pubbliche amministrazioni, nonché’ i dipendenti incaricati di funzioni ispettive, ciascuno secondo le singole leggi di settore, sono tenuti a fare immediata denuncia di danno direttamente al procuratore regionale competente, informandone i responsabili delle strutture di vertice delle amministrazioni interessate.
  3. L’obbligo di denuncia riguarda anche i fatti dai quali, a norma di legge, può derivare l’applicazione, da parte delle sezioni giurisdizionali territoriali, di sanzioni pecuniarie.
  4. I magistrati della Corte dei conti assegnati alle sezioni e agli uffici di controllo segnalano alle competenti procure regionali i fatti dai quali possano derivare responsabilità erariali che emergano nell’esercizio delle loro funzioni.
  5. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 129, comma 3, delle norme di attuazione di coordinamento e transitorie del
codice di procedura penale.
  1. Resta fermo l’obbligo per la pubblica amministrazione denunciante di porre in essere tutte le iniziative necessarie a evitare l’aggravamento del danno, intervenendo ove possibile in via di autotutela o comunque adottando gli atti amministrativi necessari a evitare la continuazione dell’illecito e a determinarne la cessazione.
Art. 53, Contenuto della denuncia di danno
  1. La denuncia di danno contiene una precisa e documentata esposizione dei fatti e delle violazioni commesse, l’indicazione ed eventualmente la quantificazione del danno, nonché’, ove possibile, l’individuazione dei presunti responsabili, l’indicazione delle loro generalità e del loro domicilio abbia prodotto un danno alle finanze pubbliche, tanto più se gli stessi fatti sono stati oggetto di un’interrogazione parlamentare15.
A tal proposito si consideri che l’art. 1, comma 3, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 va interpretato nel senso che l’obbligo di denuncia di un danno erariale sussiste anche nell’ipotesi in cui esso si risolva in una autodenuncia del soggetto agente16.
Le conseguenze dell’omissione.
Qualora la prescrizione del diritto al risarcimento sia maturata a causa di un’omissione o ritardo della denuncia del fatto, rispondono del danno erariale arrecato i soggetti che abbiano omesso o ritardato la denuncia. In tali casi, l’azione è proponibile entro cinque anni dalla data in cui la prescrizione sia maturata.
L’ipotesi di responsabilità amministrativo-contabile conseguente all’omessa denuncia di un illecito, introdotta dall’art. 1, co. 3, L. n° 20/94, si affianca alla previsione, contenuta nell’art. 53, III co., del T.U. delle leggi sulla Corte dei Conti, R.D. 12.07.1934, n., 1214, di una responsabilità del dipendente pubblico che concorra nell’altrui illecito amministrativo omettendo con dolo o colpa grave la tempestiva denuncia delle condotte dannose. Si tratta di due fattispecie distinte: quella prevista dall’art. 53, 3° co., del T.U. si configura come un concorso commissivo mediante omissione nell’altrui illecito amministrativo-contabile, o, per l’ipotesi colposa, in una concausazione dell’evento dannoso ovvero una convergenza causale di condotte, realizzata mediante omissione; la fattispecie introdotta dall’art. 1, co. 3, L. n° 20/94 si riferisce, invece, al danno derivante dalla estinzione per prescrizione del diritto al risarcimento nei confronti del responsabile del danno erariale, cagionato dall’omessa (o intempestiva) denuncia del danno stesso17.
Ebbene, il dirigente di un ente pubblico che non effettui la denuncia di un danno erariale del quale è venuto a conoscenza nell’ambito dell’attività del suo ufficio risponde in proprio del danno alla finanza pubblica qualora a causa della sua omissione si prescriva il termine per la proposizione dell’azione di responsabilità da parte del Procuratore regionale della Corte dei conti nei confronti del responsabile18.
Le assicurazioni sulla responsabilità: possibilità e limiti.
 
L’art. 3 della legge 24 dicembre 2007 n. 244, nel prevedere la nullità dei contratti di assicurazione sulla responsabilità amministrativa finanziati da risorse dell’Ente e la cessazione della loro efficacia alla data del 30 giugno 2008, sanziona le fattispecie in cui si pongano in essere o si proroghino siffatti contratti di assicurazione, per cui risulta evidente che la disposizione non può che essere riferita a comportamenti posti in essere dopo la sua entrata in vigore19.
Ebbene, la copertura assicurativa anche dei danni erariali che amministratori e dipendenti dell’ente pubblico potrebbero essere chiamati a risarcire in conseguenza della loro responsabilità amministrativa e contabile nei confronti dell’ente stesso o di altri enti pubblici, con oneri a carico dell’ente medesimo, non è legittima, con conseguenze di danno erariale per l’importo dei relativi
premi di polizza posti a carico del bilancio dell’ente20.
Questo principio è stato affermato in relazione al giudizio erariale nei confronti del direttore di un ente il quale aveva stipulato una polizza assicurativa volta a coprire la responsabilità civile verso terzi dei propri amministratori, dipendenti e del collegio di revisione, nonché la responsabilità amministrativo-contabile.
Tra i motivi che hanno portato a tale conclusione vi è anche la precisazione che l’assicurabilità di tale tipo di rischi contrasterebbe con il carattere personale della responsabilità amministrativa, di cui all’articolo 1 della legge n° 20/1994 e con l’articolo 28 Costituzione, il quale dispone che i funzionari e dipendenti degli enti pubblici sono direttamente responsabili «secondo le leggi civili, penali e amministrative», con conseguente esclusione della possibilità di estensione d tale ultima forma di responsabilità all’ente. Pertanto, nel caso in esame, è stato riconosciuto sussistente il danno erariale, in misura pari a dieci volte l’ammontare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto di assicurazione illegittimo, ai sensi dell’articolo 3, comma 59, della legge n° 244/2007.
Inoltre, nel giudizio contabile non è possibile la chiamata in giudizio in garanzia della società assicuratrice della responsabilità. Infatti, il Codice di giustizia contabile all’art. 83, co. 1, ha previsto che “…è vietata la chiamata in causa su ordine del giudice” e, in base al successivo art. 85 risulta consentito unicamente l’intervento volontario da parte di “chiunque intenda sostenere le ragioni del pubblico ministero”. Conseguentemente, le richieste di chiamata in causa delle compagnie assicurative nei giudizi per l’accertamento della responsabilità sanitaria devono essere dichiarate inammissibili, non essendo il giudice contabile investito di ius iurisdictionis in ordine ai rapporti tra dette società e le parti in un processo contabile, risultando estraneo il rapporto, di natura civilistica, intercorrente tra il medesimo soggetto e la sua compagnia assicuratrice21.
 
1 Cfr. SS.UU.Civ. n. 21297 del 14.9.2017
2 Ad esempio un contratto di sponsorizzazione
5 Articolo 69 del Decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150
6 Cfr. SS.RR. Corte dei conti Ordinanza n. 6/18
7 Cfr. Ord. nn. 23257/2014, 8622/2015
8 Cfr. Sentenza. n. 30/QM/2014
9 Cfr. Sez. Terza di Appello
10 Cfr. Cass. S.U., Ord. 3.3.2010 n. 5019
11 Cfr. Corte di Cassazione, Sezioni unite, 24.11.205 n.23897
12 Art. 51 Notizia di danno erariale
13 Cfr. Corte dei conti, sez. giurisd. Sicilia, 24 luglio 2018, n. 669
14 Cfr. Corte dei conti, sez. giurisd. App. I, 4 gennaio 2017, n. 6
15 Cfr.Sez. App. III, 13 maggio 2013, n. 300
16 Cfr. Corte dei conti, sez. riun. giurisd., 30 gennaio 2017, n. 2
17 Cfr. Corte dei conti, sez. giurisd. App. I, 19 gennaio 2016, n. 28
18 Cfr. Sez. App. I, 25 luglio 2008, n. 344
19 Cfr. Corte dei conti, sez. giurisd. App. I, 12 aprile 2016, n. 148
20 Cfr. Corte dei conti, sez. giurisd. Toscana, n. 243 del 2017
21 Cfr. Corte dei conti, sez. giurisd. Sicilia, 27 maggio 2019, n. 114

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