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Contrasto tra regolamento e statuto.

 21 Marzo 2019

Sintesi/Massima 

In caso di puntuale contrasto tra statuto e regolamento questo Ufficio si è espresso in altre circostanze rilevando che in base al principio di gerarchia delle fonti ed in conformità all’articolo 7 del decreto legislativo n.267/2000 che disciplina l’adozione dei regolamenti comunali “nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo statuto” (cfr. sentenza TAR Lombardia, Brescia, n.2625 del 28 dicembre 2009) dovrebbe prevalere la normativa statutaria. Tuttavia, qualora lo statuto preveda regole generali dettate per la generalità degli organi collegiali mentre il regolamento contenga una specifica disciplina per il quorum del consiglio comunale, la supposta antinomia normativa potrebbe risolversi in base al principio della prevalenza della disciplina speciale, dettata dal regolamento, considerato altresì il disposto dell’art.38, comma2, del D.Lgs.n.267/2000, che demanda alla competenza della fonte regolamentare la disciplina in materia di validità delle sedute del consiglio.

Testo 

Alcuni consiglieri comunali hanno richiesto il parere della scrivente in ordine alla asserita incoerenza tra lo statuto comunale e il regolamento per il funzionamento del consiglio approvato con deliberazione datata 3 luglio 2018.

In particolare è stato segnalato che il nuovo regolamento, nel fissare il quorum strutturale per la validità delle sedute a quattro componenti, avrebbe contraddetto l’art.21 dello statuto recante “deliberazione degli organi collegiali”.

Ai sensi della citata disposizione è previsto, infatti, che “gli organi collegiali deliberano validamente con l’intervento della metà dei componenti assegnati”. Nel caso del comune in oggetto il consiglio è composto da undici consiglieri compreso il sindaco.

Ad avviso degli esponenti, il contrasto tra le due fonti normative determinerebbe l’inidoneità della fonte subordinata, il regolamento del consiglio, a produrre effetti giuridici. L’illegittimità della norma regolamentare renderebbe, inoltre, invalide le deliberazioni consiliari eventualmente approvate in contrasto con la disciplina statutaria vigente.

Per quanto riguarda l’asserito contrasto tra la normativa statutaria e quella regolamentare, questo Ufficio si è già espresso in altre circostanze rilevando che in base al principio di gerarchia delle fonti ed in conformità all’articolo 7 del decreto legislativo n.267/2000 che disciplina l’adozione dei regolamenti comunali “nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo statuto” (cfr. sentenza TAR Lombardia, Brescia, n.2625 del 28 dicembre 2009) dovrebbe prevalere la normativa statutaria. Nel caso in questione, tuttavia, da un’attenta lettura delle norme può rilevarsi che l’art.21 dello statuto detta la disciplina generale per le deliberazioni “degli organi collegiali” tout court, mentre l’art.31 del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale reca la specifica disciplina del quorum strutturale del consiglio. La supposta antinomia normativa potrebbe pertanto risolversi in base al principio della prevalenza della disciplina speciale, dettata dal regolamento, sulla normativa generale sugli organi collegiali, indicata dallo statuto comunale, considerato altresì il disposto dell’art.38, comma 2, del D.Lgs.n.267/2000, che demanda alla competenza della fonte regolamentare la disciplina in materia di validità delle sedute del consiglio.

Per corrispondere all’ulteriore quesito proposto in ordine alla validità degli atti adottati dal consiglio comunale in difformità alle previsioni statutarie in materia di quorum strutturale e, pertanto, potenzialmente annullabili, si fa presente che tali atti conservano la loro efficacia fino al loro eventuale annullamento.

Si aggiunge, inoltre, che la problematica in questione è stata oggetto di apposito ricorso giurisdizionale e il Tar Latina, con sentenza n.537 del 2018, nel pronunciarsi sulla richiesta dell’annullamento di alcuni atti tra cui la delibera consiliare n.23 del 3 luglio 2018 di modifica della normativa regolamentare in materia di quorum strutturale, ha dichiarato il relativo ricorso inammissibile per carenza di legittimazione attiva e di interesse del ricorrente in qualità di consigliere comunale. Tale impostazione è stata successivamente confermata in sede di appello dal Consiglio di Stato, V Sez., con sentenza n.1046 del 2019. Con la citata pronuncia, il Supremo Consesso Amministrativo ha escluso che la modifica del quorum funzionale possa ledere una qualche legittima prerogativa politico-amministrativa del consigliere comunale. Il consigliere, infatti, ha osservato il Consiglio di Stato, “…può scegliere liberamente di essere presente o di non presenziare alle riunioni, senza con questo pretendere di causare sistematicamente il ritardo o l’arresto della funzionalità dell’organo consiliare”.

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