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Rapporti tra diritto di accesso ordinario e accesso civico nel settore dei contratti pubblici
di Paolo Carbone – Avvocato
L’ordinanza in esame affronta, in modo organico, le problematiche attinenti all’istituto dell’accesso ai documenti amministrativi, con particolare riferimento ai rapporti tra le due categorie di accesso, ovvero quello ordinario disciplinato dalla L. n. 241/1990 e quello civico introdotto dal D.Lgs. n. 33/2013, il tutto in relazione ad una fattispecie relativa ad una procedura di appalto, a sua volta disciplinato da una previsione settoriale sull’accesso ai documenti, vale a dire l’art. 53D.Lgs. n. 50/2016.
Il caso trae origine da un’istanza proposta da una società all’ASL Toscana Centro volta ad ottenere l’accesso ai documenti riguardanti l’esecuzione di un servizio in appalto. A supporto della richiesta di accesso, l’istante esponeva di essere titolare di un interesse specifico, qualificato e differenziato, in quanto aveva partecipato alla gara per l’affidamento del servizio in questione e, dunque, in caso di inadempienze al servizio imputabili all’affidataria e conseguente di risoluzione del contratto da parte della stazione appaltante, avrebbe avuto un’aspettativa ad un affidamento del servizio.
L’istanza di accesso si basava su uno specifico interesse qualificato riconducibile all’accesso ordinario di cui alla L. n. 241/1990, senza alcun riferimento all’accesso civico di cui al D.Lgs. n. 33/2013.
L’istanza veniva respinta dall’amministrazione sia con riferimento ai presupposti dell’accesso ordinario ai sensi della L. n. 241/1990, non avendo la società dimostrato l’esistenza di una posizione qualificata, sia con riguardo all’accesso civico, atteso che, ad avviso dell’amministrazione, tale normativa non troverebbe applicazione nel settore dei contratti pubblici.
La società impugnava dunque il diniego di fronte al TAR Toscana, che riteneva fondate le motivazioni espresse dall’amministrazione resistente, respingendo il ricorso.
Proposto appello di fronte al Consiglio di Stato, quest’ultimo ha rilevato la sussistenza di diverse questioni interpretative riguardanti il settore dell’accesso ai documenti, evidenziando la necessità di demandarne la soluzione all’Adunanza Plenaria.
In sintesi la sezione ha affrontato tre ordini di problemi.
Preliminarmente viene valutata la sussistenza, o meno, della titolarità del diritto di accesso ordinario, basato sull’art. 22L: n. 241/1990, in capo all’operatore economico, il quale, facendo valere il proprio interesse strumentale allo scorrimento della graduatoria o alla ripetizione della gara, intenda conoscere i documenti afferenti all’esecuzione di un contratto pubblico, al fine di verificare l’esistenza dei presupposti per la sua risoluzione.
Chiarito questo punto, si sono passati ad analizzare i rapporti tra accesso ordinario fondato sulla disciplina di cui all’art. 22L. n. 241/1990, accesso civico generalizzato di cui al D.Lgs. n. 33/2013 e l’art. 53 del codice degli appalti, riguardante, per l’appunto il diritto di accesso nel settore dei contratti pubblici dei lavori, servizi o forniture, con particolare riferimento alla fase esecutiva delle prestazioni il quale richiama l’applicazione dei principi di cui alla L. n. 241/1990.
Per quanto attiene alla questione preliminare, l’ordinanza parte dal contenuto della pronuncia di primo grado, evidenziando come da una parte l’istanza potrebbe configurarsi come meramente esplorativa, non indicando elementi concreti da cui possa desumersi che la controinteressata (ovvero l’impresa appaltatrice) si sia resa responsabile di situazioni di grave inadempimento tali da richiedere l’attivazione di un procedimento risolutorio del contratto d’appalto.
Né, d’altro canto, risulta pacifico che, anche quando fossero evidenziati elementi sostanziali tali da indurre l’amministrazione alla risoluzione del contratto, l’affidamento alla seconda classificata costituisca un esito scontato ed inevitabile.
Per contro, non si può certo ritenere che la posizione dell’istante (seconda classificata nella procedura di gara) sia da assimilare ad un quisque de populo, atteso che l’interesse dell’impresa seconda classificata ad avere accesso agli atti della fase esecutiva, in vista della sollecitazione dell’eventuale potere risolutorio e di quello consequenziale di “interpello” della stazione appaltante, potrebbe non presentare tratti significativamente divergenti, rispetto all’interesse della medesima concorrente a conoscere i documenti relativi all’offerta presentata dalla aggiudicataria, in vista della eventuale impugnazione del provvedimento di aggiudicazione: in entrambi i casi perseguendosi l’interesse al subentro nella posizione di affidataria della commessa e distinguendosi essi solo in relazione alla natura del potere di sostituzione della prima graduata spettante all’Amministrazione, siccome vincolato in un caso e discrezionale nell’altro.
Successivamente, la decisione passa a considerare la questione dei rapporti tra accesso ordinario, accesso civico e disposizioni in materia di procedure ad evidenza pubblica.
Prima di analizzare questo profilo, il Giudice ritiene di affrontare la questione dei rapporti tra accesso ordinario e accesso civico, nell’ipotesi in cui, essendo l’istanza di accesso formulata ai sensi della L. n. 241/1990, non avendo l’istante la posizione differenziata richiesta dalla citata norma, possa l’amministrazione autonomamente valutare se invece la domanda ostensiva soddisfi i requisiti dell’accesso civico. Sul punto viene dunque formulato uno specifico quesito, atteso che esso si riflette sulla complessa questione interpretativa inerente alla natura del rapporto tra la disciplina sul accesso civico e la disciplina dell’accesso ordinario, nella specifica materia dell’accesso agli atti relativi alle procedure di evidenza pubblica ed alla fase esecutiva del rapporto contrattuale con l’impresa aggiudicataria.
Anche a tale riguardo si fronteggiano due diverse tesi interpretative, la prima che sostiene, semplicemente, l’abrogazione implicita dell’art. 53 codice degli appalti per l’effetto dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 33/2013 (come modificato dal D.Lgs. n. 97/2016). Al contrario, la tesi opposta (sul punto vd. Cons Stato, Sez. V, n. 5502/2019 e 5503/2019) ritiene che i principi (e l’attuazione) dell’accesso civico non possano trovare applicazione nel settore degli appalti, nel quale il perseguimento delle finalità pubblicistiche poste a fondamento dell’accesso civico sono assicurate da altri mezzi (es. compiti di vigilanza ANAC).
Tale impostazione, tuttavia, secondo la valutazione della sezione, non è condivisibile, atteso che “risulterebbe difficilmente spiegabile perché il principio di trasparenza debba subire una così vistosa limitazione proprio nell’ambito del settore dei contratti pubblici. E’ in questo settore, semmai, che si manifesta la necessità di assicurare la massima espansione di un controllo generalizzato sulle attività delle pubbliche amministrazioni“.
Senza considerare, poi, che, la normativa generale in materia di accesso civico contiene ulteriori disposizioni volte a proteggere interessi pubblici e privati prevalenti sul diritto alla conoscenza degli atti amministrativi, ragion per cui, prosegue il Consiglio di Stato, non emergono dal sistema normativo così delineato particolari ragioni giustificatrici di un’assoluta inapplicabilità della disciplina dell’accesso civico nel settore dei contratti pubblici.
Pertanto, le questioni interpretative vengono rimesse alla valutazione dell’Adunanza Plenaria con formulazione dei seguenti quesiti:
1. Se sia configurabile, o meno, in capo all’operatore economico, utilmente collocato nella graduatoria dei concorrenti, determinata all’esito della procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente, la titolarità di un interesse giuridicamente protetto, ai sensi dell’art. 22 della L. n. 241/1990, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva delle prestazioni, in vista della eventuale sollecitazione del potere dell’amministrazione di provocare la risoluzione per inadempimento dell’appaltatore e il conseguente interpello per il nuovo affidamento del contratto, secondo le regole dello scorrimento della graduatoria;
2. Se la disciplina dell’accesso civico generalizzato di cui al D.Lgs. n. 33/2013, come modificato dal D.Lgs. n. 97/2016, sia applicabile, in tutto o in parte, in relazione ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di inerenti al procedimento di evidenza pubblica e alla successiva fase esecutiva, ferme restando le limitazioni ed esclusioni oggettive previste dallo stesso codice;
3. Se, in presenza di un’istanza di accesso ai documenti espressamente motivata con esclusivo riferimento alla disciplina generale di cui alla L. n. 241/1990, o ai suoi elementi sostanziali, l’amministrazione, una volta accertata la carenza del necessario presupposto legittimante della titolarità di un interesse differenziato in capo al richiedente, ai sensi dell’art. 22 della L. n. 241/1990, sia comunque tenuta ad accogliere la richiesta, qualora sussistano le condizioni dell’accesso civico generalizzato di cui al D.Lgs. n. 33/2013; se, di conseguenza, il giudice, in sede di esame del ricorso avverso il diniego di una istanza di accesso motivata con riferimento alla disciplina ordinaria di cui alla L. n. 241/1990 o ai suoi presupposti sostanziali, abbia il potere-dovere di accertare la sussistenza del diritto del richiedente, secondo i più ampi parametri di legittimazione attiva stabiliti dalla disciplina dell’accesso civico generalizzato.

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