15/01/2019 – Commercio su aree pubbliche: un taglio netto al nodo gordiano della direttiva Bolkestein e delle norme attuative

Commercio su aree pubbliche: un taglio netto al nodo gordiano della direttiva Bolkestein e delle norme attuative

di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale

Un taglio netto al nodo gordiano della direttiva Bolkestein applicata al commercio ambulante. La legge di Bilancio 2019 ha risolto così, dopo anni di dibattiti, intese, accordi e circolari, un’inestricabile matassa normativa teatro di ripensamenti, rinvii e clamorose marce indietro.

Ad insistere sul principio che in materia di concessioni pubbliche le gare devono essere la regola, al fine di evitare distorsioni anticoncorrenziali, si sono schierate da sempre la giurisprudenza europea e costituzionale, unitamente all’Autorità antitrust. Ma ad animare il fronte che vuole tutelare le posizioni di microimprese a carattere famigliare, l’idea che il meccanismo prefigurato dall’attuazione interna della direttiva europea si possa superare, in una materia dove a prevalere è la componente relativa alla concessione di un bene e non di un servizio.

La lunga parabola della disciplina sul commercio in aree pubbliche

L’attività di commercio al dettaglio su area pubblica è disciplinata dagli artt. da 27 a 30D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, come modificato dal D.Lgs. n. 59 del 2010, attuativo della direttiva Bolkestein n. 2006/123/CE, che riguarda i servizi nel mercato interno, prevedendo altresì il potere delle Regioni in materia di programmazione dello sviluppo commerciale e di definizione dei relativi criteri di pianificazione urbanistica.

L’attività di commercio ambulante è una attività di vendita di merci al dettaglio, effettuata su aree di proprietà pubblica, ovvero su piazzole (o posteggi) assegnati, oppure in forma itinerante. Per commercio ambulante si intende l'”attività di vendita di merci al dettaglio (anche somministrazione alimenti e bevande) effettuate su aree pubbliche, attrezzate o meno, coperte o scoperte” (art. 27). Il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto: a) su posteggi dati in concessione per dieci anni; b) su qualsiasi area purché in forma itinerante. L’esercizio di tale attività è soggetto ad apposita autorizzazione rilasciata a persone fisiche, a società di persone, a società di capitali regolarmente costituite o cooperative. Le regioni, nell’esercizio della potestà normativa in materia di disciplina delle attività economiche, possono stabilire che l’autorizzazione all’esercizio dell’attività sia soggetta alla presentazione da parte del richiedente del documento unico di regolarità contributiva (DURC). L’esercizio dell’attività non è più disciplinato da queste ultime norme dell’art. 70D.Lgs. n. 59 del 2010, perché sono state anch’esse travolte dall’abrogazione integrale operata dalla Manovra 2019.

Il D.Lgs. n. 59 del 2010, al comma 4 dell’art. 16, dispone che nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato, il titolo stesso deve essere rilasciato per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con il primo. L’art. 70, comma 5, consentiva per il commercio al dettaglio su aree pubbliche, che con intesa in sede di Conferenza unificata, anche in deroga al disposto di cui al citato art. 16D.Lgs. n. 59 del 2010, siano individuati, senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell’impresa, i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto ed a quelle prorogate.

I temi della durata e dei criteri per l’assegnazione di posteggi su aree pubbliche hanno trovato una prima regolazione nell’Intesa Stato-Regioni del 5 luglio 2012. Il criterio prioritario di assegnazione è quello della “maggiore professionalità acquisita” definita in base all’anzianità di esercizio dell’impresa, anche nello specifico posteggio oggetto di selezione, che può ricevere una specifica valutazione nel limite del 40% del punteggio complessivo. In attuazione dell’Intesa del 2012, il Documento delle Regioni e Province Autonome del 24 gennaio 2013, per “assicurare omogeneità territoriale”, ha proposto di adottare un limite unico a livello nazionale di durata delle concessioni, pari a 12 anni, al fine di consentire il recupero degli investimenti anche immateriali in un’attività caratterizzata da limitati volumi di vendita. In caso di domande concorrenti, il documento prevede una specifica graduazione dei punteggi. Inoltre, apposite disposizioni transitorie hanno evitato disparità di trattamento nei confronti degli operatori non beneficiari della proroga che invece è stata applicata a chi aveva la concessione in scadenza prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 59 del 2010.

In seguito, l’art. 6, comma 8, D.L. 244 del 2016 (milleproroghe) aveva prorogato al 31 dicembre 2018 la scadenza delle concessioni per il commercio su aree pubbliche in essere alla data di entrata in vigore del decreto medesimo, al fine di allineare le scadenze delle concessioni stesse. Successivamente, la legge di Bilancio per il 2018 (L. 27 dicembre 2017, n. 205) ha introdotto alcune disposizioni in materia di concessioni per il commercio sulle aree pubbliche. In particolare, l’art. 1, comma 1180, ha prorogato al 31 dicembre 2020 il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche con scadenza anteriore alla predetta data e in essere alla data di entrata in vigore della legge di bilancio. Ciò con il fine di garantire che le procedure per l’assegnazione delle medesime concessioni siano realizzate in un contesto temporale omogeneo. Il medesimo art. 1, al comma 1181, ha poi previsto che le amministrazioni interessate definissero specifiche modalità di assegnazione per coloro che nel biennio precedente l’entrata in vigore della norma avessero direttamente utilizzato le concessioni quale unica o prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, anche in deroga a quanto previsto dalla disciplina delle autorizzazioni al commercio su aree pubbliche e delle connesse concessioni di posteggio di cui all’art. 16D.Lgs. n. 59 del 2010.

I tagli e le modifiche della legge di Bilancio 2019

Il comma 686 della legge di Bilancio 2019 interviene sul D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59. Lo scopo dichiarato è promuovere e garantire gli obiettivi di politica sociale connessi alla tutela dell’occupazione, obiettivo che si intende raggiungere escludendo le attività di commercio al dettaglio sulle aree pubbliche dal campo di applicazione del decreto, e quindi della stessa direttiva. In particolare, il comma novella l’art. 7D.Lgs. n. 59 del 2010, che elenca una serie di servizi esclusi dal campo di applicazione del decreto, e nei settori esclusi introduce anche il commercio al dettaglio su aree pubbliche. All’art. 7, comma 1, dopo la lettera f) è dunque aggiunta la seguente: “f-bis) alle attività del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche”.

Conseguentemente, viene anche abrogato l’art. 70D.Lgs. n. 59 del 2010, che interveniva non solo in materia di concessioni, ma anche nella disciplina dell’attività di commercio ambulante, modificando le norme del D.Lgs. n. 114 del 1998. Per quel che qui interessa, è venuta meno la procedura dell’Intesa in Conferenza unificata per determinare, anche in deroga all’art. 16, i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l’esercizio dell’attività e le disposizioni transitorie da applicare.

Anche l’art. 16 non viene risparmiato dal taglio della legge di Bilancio. In realtà qui si aggiunge un nuovo comma 4-bis che prevede di non applicare al commercio su aree pubbliche le disposizioni relative alla procedura di selezione tra i candidati potenziali, previste per i settori in cui vi sia un numero limitato di autorizzazioni disponibili. “4-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al commercio su aree pubbliche di cui all’art. 27D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114“.

La posizione della Corte costituzionale e dell’Autorità Antitrust

Che la materia delle concessioni non possa perpetuare la titolarità in capo ad uno stesso soggetto, ma preveda una scadenza periodica, si evince dalla posizione espressa dalla Corte costituzionale, che quando è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di disposizioni regionali che prevedevano l’inapplicabilità al commercio su aree pubbliche di quanto previsto dall’art. 16D.Lgs. n. 59 del 2010, ne ha dichiarato l’incostituzionalità (Corte costituzionale sentenza n. 291 del 2012) per il contrasto con la normativa comunitaria a cui il legislatore nazionale ha dato attuazione, e con i vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea in materia di accesso ed esercizio dell’attività dei servizi. La nozione di concorrenza scolpita dalla giurisprudenza costituzionale “non può che riflettere quella operante in ambito comunitario” (sentenze n. 270 e n. 45 del 2010n. 401 del 2007) che ha “un contenuto complesso in quanto ricomprende non solo l’insieme delle misure antitrust, ma anche azioni di liberalizzazione, che mirano ad assicurare e a promuovere la concorrenza “nel mercato” e “per il mercato”, secondo gli sviluppi ormai consolidati nell’ordinamento europeo e internazionale” (sentenza n. 200 del 2012).

L’Autorità Antitrust ha ribadito anche di recente, con la Segnalazione n. AS3470 del 20 dicembre 2018, l’importanza del ricorso a modalità di affidamento competitive, evitando le proroghe e i rinnovi automatici. In particolare, con riferimento al commercio su aree pubbliche, insistendo sulla necessità di verificare:

– la adeguatezza ed effettiva proporzionalità delle concessioni rispetto agli investimenti effettuati e alla natura del posteggio interessato;

– l’eliminazione dei criteri di anzianità, tali da attribuire all’operatore uscente un vantaggio concorrenziale non replicabile dai concorrenti.

Nuovi scenari

Sulla definizione degli scenari che si apriranno dopo il taglio operato dalla Manovra, assisteremo al solito profluvio di circolari e chiose ministeriali e regionali. Nell’attesa, non possiamo che prendere atto del venir meno del sistema costruito dall’Intesa del 2012, nella consapevolezza che dopo l’uscita di scena dello Stato, la palla passa adesso alle Regioni, che sulla materia commercio hanno competenza legislativa esclusiva, con qualche punto fermo offerto dalla normativa statale ancora vigente. I commi 1180 e 1181 della legge di Bilancio 2018, che non sono stati toccati dal taglio, sono infatti ancora vigenti. Le norme hanno prorogato al 31 dicembre 2020 la validità dei titoli in essere e di quelli già scaduti, oltre a richiedere in sede di riassegnazione, la tutela delle microimprese che traggono dall’attività commerciale l’unica fonte di reddito per la propria famiglia. Escludendo la reviviscenza di norme abrogate, si può ipotizzare che i titoli già rilasciati a seguito di procedure chiuse manterranno la loro operatività assumendo efficacia a partire dal 1 gennaio 2021 e al massimo fino al 2032. Chi invece non ha ancora fatto nulla, dovrà attendere i nuovi criteri. Salvo proroghe, ci sono due anni di tempo.

Art. 1, comma 686L. 30 dicembre 2018, n. 145 (G.U. 31 dicembre 2018, n. 302, S.O.)

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