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La somministrazione nelle zone soggette a vincolo: le problematiche connesse alla semplificazione amministrativa e normativa
di Marilisa Bombi – Giornalista. Consulente attività economiche
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella riunione del 24 ottobre, ha approvato un documento che affronta le problematiche connesse alla semplificazione amministrativa e normativa. Il testo, estremamente articolato, contiene una dettagliata analisi delle criticità riferite al vigente quadro di riferimento ma anche le proposte che il presidente della Conferenza delle regioni Stefano Bonaccini ha illustrato al ministro della Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone in un recente incontro. Il Presidente ha posto in evidenza la necessità di fare sintesi tra impegni e fatti. E non è cosa da poco se si tiene conto che il carico di oneri a carico delle imprese (e indirettamente a carico dei SUAP) è decisamente un paradosso. Nonostante il faro dal quale il legislatore dovrebbe essere orientato individuato dall’art. 41 Cost. Il Consiglio di Stato, Sezione V, con la sentenza 7128 del 21 ottobre 2019 ne ha messo in luce un elemento oggettivo: la normativa di riferimento per l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande è talmente confusa che anche circolari e pareri del Mise lasciano il tempo che trovano. La questione posta all’attenzione del Giudice amministrativo di appello ha riguardato il subentro nella gestione di un esercizio concretamente aperto al pubblico dopo 180 giorni dal sub ingresso, collocato in zona sottoposta a tutela dalla programmazione comunale.
“Quale conseguenza in diritto, la relativa apertura o il trasferimento di sede richiede il titolo autorizzativo espresso (art. 64, comma 1, D.Lgs. n. 59 del 2010😉 mentre il trasferimento della gestione o della titolarità è rimesso a segnalazione certificata d’inizio attività così come stabilito dai commi 1 e 4 dell’art. 64 D.Lgs. n. 59 del 2010), e ormai a c.d. “scia unica” (cfr. tabella A all. al D.Lgs. n. 222 del 2016).” Ma questa prima affermazione del Collegio è inesatta. Ciò in quanto coloro i quali applicano da sempre la normativa in questione ben sanno che il termine “apertura” indicato al comma 1 dell’art. 64 riguarda le “prime aperture” e non le riaperture a seguito di subentro nella azienda.
La normativa regionale che è stata presa in considerazione del Giudice (regione Veneto) rimanda – in relazione alla decadenza del titolo abilitativo per l’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande – alle ipotesi di cui all’art. 64, comma 8, D.Lgs. n. 59 del 2010. Quest’ultimo dispone che «l’autorizzazione e il titolo abilitativo decadono nei seguenti casi: (…) d) nel caso di attività soggetta ad autorizzazione, qualora il titolare, salvo proroga in caso di comprovata necessità, non attivi l’esercizio entro centottanta giorni». Nel caso posto all’attenzione del giudice l’imprenditore aveva comunicato il proprio subentro nell’esercizio e il previsto inizio d’attività dello stesso oltre centottanta giorni dopo l’effettivo acquisto dell’azienda. Aspetto quest’ultimo determinante, a giudizio del Collegio, tenuto conto che la somministrazione di alimenti e bevande in zona sottoposta a tutela costituisce attività in sé soggetta ad autorizzazione. In sostanza “[…] nel richiedere l’attivazione dell’esercizio per siffatte attività entro il termine di centottanta giorni, il suddetto art. 64, comma 8, lett. d) non opera distinzioni fra il primo e i successivi titolari dell’esercizio. In ragione di ciò, alla luce del tenore letterale della disposizione, non solo il primo titolare, bensì anche i successivi risultano onerati – una volta subentrati nell’azienda – alla tempestiva attivazione dell’esercizio (cfr., in proposito, la stessa comunicazione presentata al Comune dall’appellante, che espressamente indica la data di “inizio attività”).” “In tale contesto, puntualizza la sentenza, il cessionario dell’azienda non può essere assimilato al soggetto che, avendo già attivato l’esercizio, ne sospenda materialmente l’attività in via temporanea ex art. 64, comma 8, lett. b), D.Lgs. n. 59 del 2010: a seguito della cessione s’è in presenza infatti di un nuovo titolare chiamato – al pari del primo – all’attivazione del proprio esercizio (mediante “inizio attività”, la cui segnalazione è infatti necessaria ai fini del trasferimento ai sensi dell’art. 64, comma 1) entro il termine stabilito dalla legge, non potendosi accostare la fattispecie a quella (diversa) dell’esercizio già attivo (i.e., in cui vi sia stato già un inizio dell’attività) e purtuttavia momentaneamente (materialmente) sospeso.”
Del resto, sottolinea ancora la Sezione, “[…] tale interpretazione è ricavabile dalla stessa ratio della disposizione e dal quadro sistematico in cui essa si colloca. L’intento legislativo sotteso alla disposizione consiste infatti nel voler assicurare l’effettività dell’esercizio in relazione ad attività soggette ad autorizzazione, effettività misurata, ancor prima che in prospettiva di continuità (così come previsto dall’art. 64, comma 4 per il trasferimento in sé dell’esercizio, ovvero dalla lett. b del comma 8 in relazione alla sospensione dell’attività), in termini di attivazione dell’esercizio entro un lasso temporale predefinito, così da assicurare – attraverso la previsione di tale onere in capo al legittimato – la concreta e tempestiva messa in atto del titolo. Il che non può che valere – proprio per ragioni di effettività – tanto per il primo titolare, quanto per il subentrante, entrambi chiamati ad assicurare l’operatività dell’esercizio mediante sua solerte attivazione.
In tale contesto, l’intento perseguito si pone in linea con le altre disposizioni, già richiamate, che impongono l’effettivo trasferimento dell’attività in caso di cessione della titolarità o gestione dell’esercizio (art. 64, comma 4) e il divieto di sospensione dell’attività (comma 8, lett. b); nel caso di attività soggette ad autorizzazione il principio è declinato tuttavia nell’ulteriore previsione di necessario solerte avvio dell’attività da parte del titolare, così da dare tempestiva utilità – mediante attivazione – al titolo autorizzativo. In tale prospettiva, dunque, l’art. 64, comma 8, lett. d) assolve alla specifica funzione di evitare la presenza di esercizi autorizzati e rimasti tuttavia inattivi per fatto del primo soggetto autorizzato, ovvero (anche) dei successivi titolari; allo stesso tempo l’amministrazione viene resa edotta non solo dell’intervenuto mutamento della titolarità, bensì anche dell’effettiva e tempestiva operatività dell’esercizio pur a seguito di cessione ad altro titolare.
Non osta alle conclusioni raggiunte l’invocare il divieto di analogia in malam partem per norme di natura sanzionatoria, alle quali quelle in esame sarebbero riconducibili. Si perviene infatti alle conclusioni sopra esposte per effetto non già di un procedimento analogico inteso a colmare una lacuna legis, bensì dalla diretta interpretazione della disposizione di cui all’art. 64, comma 8, lett. d), D.Lgs. n. 59 del 2010, intendendo per «titolare» anche il soggetto cessionario subentrante, e ricomprendendo nella nozione di «attiv(azione del)l’esercizio» anche a quella da compiere a seguito di trasferimento dello stesso, in coerenza del resto con la previsione per cui detto trasferimento si affianca a una segnalazione di «inizio attività» (art. 64, comma 1, D.Lgs. n. 59 del 2010, cit.). Allo stesso modo, non consentono di confermare di per sé le tesi dell’appellante le circolari del Ministero dello sviluppo economico richiamate.
La prima (circolare n. 3635 del 2010), nell’indicare che non risulta dalla legge alcun termine per l’avvio dell’attività in caso di subentro nell’esercizio – dovendo perciò farsi riferimento al termine annuale di cui all’art. 64, comma 8, lett. b), D.Lgs. n. 59 del 2010 – riguarda l’interpretazione dell’art. 64, comma 1, e cioè della disciplina generale relativa al trasferimento di gestione o titolarità dell’esercizio, e non tiene perciò conto delle peculiarità previste (dal diverso comma 8, lett. d, del medesimo articolo) in caso di necessaria autorizzazione dell’attività.
In tale contesto, anzi, è la stessa circolare a chiarire come, a seguito di cessione dell’esercizio, da un lato venga a determinarsi la necessità di un vera e propria attivazione dello stesso in termini di “avvio dell’attività”, dall’altro “non p(ossa) non sussistere”, a tal fine, “un termine da rispettare”. Il che induce a ritenere che, per le ipotesi in cui la legge prescrive ai fini dell’avvio dell’attività il (minor) termine di centottanta giorni, detto termine vada parimenti applicato nel caso in cui l’avvio debba conseguire alla cessione (oltreché alla prima autorizzazione) dell’esercizio.
La seconda (circolare n. 3467 del 1999), afferma sì che nel caso dei subingressi – peraltro in relazione alle distinte attività riconducibili agli “esercizi di vicinato” – ci si trova di fronte ad una modificazione meramente soggettiva del titolare mentre nessun mutamento interviene con riguardo all’azienda commerciale, ma ciò pone in risalto allo specifico fine di esonerare, per la prestazione dell’attività, dalle comunicazioni contenutisticamente inutili perché meramente ripetitive, nonché di escludere in siffatte ipotesi l’applicazione del termine dilatorio di trenta giorni già previsto dall’art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 114 del 1998 per l’avvio dell’attività a seguito della comunicazione al comune.” In pratica, conclude il Giudice “Né l’una né l’altra circolare valgono dunque a denegare che una volta ceduto l’esercizio occorra l’attivazione dello stesso, la quale necessariamente soggiace – in caso di attività soggette ad autorizzazione – al corrispondente regime temporale.”
A fronte di considerazioni così tranchant poco diverse interpretazioni possono essere fornite da coloro i quali, fino ad oggi, hanno applicato l’art. 64D.Lgs. n. 59 del 2010 nel senso che “apertura” è considerata la “nuova o prima apertura” e che l'”Inizio attività” non presuppone una fase operativa iniziale da parte dell’imprenditore ma un modulo procedimentale al quale il legislatore ha attribuito tale nome. E dovrebbe essere sufficiente citare l’esempio della SCIA in sanatoria nel settore edilizia per avere consapevolezza di un tanto. Ma tant’è. In questi casi non si può che prendere atto del diritto vivente ed agire, per il futuro, in conseguenza di questo.

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