14/10/2019 – Conferenza di servizi e dissenso del Comune su interessi “sensibili”: gli spazi per l’opposizione alla Presidenza del Consiglio

Conferenza di servizi e dissenso del Comune su interessi “sensibili”: gli spazi per l’opposizione alla Presidenza del Consiglio
di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
 
Il quesito: ammissibilità dell’opposizione in Conferenza di servizi da parte dei Comuni
Il Parere n. 2534 del 30 settembre 2019 emesso dal Consiglio di Stato è scaturito da una richiesta formulata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per il coordinamento amministrativo, secondo cui pervengono numerose opposizioni, ai sensi dell’art. 14-quinquiesL. n. 241/1990, da parte amministrazioni comunali a vario titolo chiamate ad esprimersi in seno a conferenze di servizi aventi ad oggetto impianti od opere da autorizzare da parte di amministrazioni prevalentemente regionali (ad es., impianti di smaltimento di rifiuti, impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile, opere di mitigazione del rischio idrogeologico, etc.). Così è emersa la questione della possibilità, per le amministrazioni comunali che hanno manifestato dissenso in seno alla conferenza di servizi di primo livello, di attivare lo strumento dell’opposizione davanti al Consiglio dei ministri.
L’Amministrazione richiedente ha optato per il no circa la soluzione da dare al quesito, formulando al contempo due quesiti:
– se le amministrazioni comunali possano a pieno titolo rientrare tra i soggetti deputati alla cura di taluni interessi sensibili e, dunque, risultare conseguentemente legittimate a sollevare tale tipo di opposizione;
– con particolare riguardo al procedimento AIA, se valgano le eventuali stesse limitazioni di cui al punto precedente oppure se, fermo restando il ricorrere di talune condizioni, le amministrazioni comunali possano eccezionalmente ricorrere e quando allo strumento oppositivo.
La necessità della “preposizione”
Il Consiglio di Stato ha chiarito nel Parere riguardo al primo quesito che sia sostanzialmente da condividere la tesi che esclude la “legittimazione” dei Comuni dissenzienti in seno alla conferenza di servizi, a sollevare opposizione ai sensi dell’art. 14-quinquiesL. n. 241/1990 a tutela di interessi così detti “sensibili” (e cioè gli interessi di “tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini”, come previsti dallo stesso art. 14-quinquiesL. n. 241/1990).
A sostegno, la Sezione ha argomentato che un siffatto potere non può rinvenire un suo adeguato fondamento nella generale competenza del Comune, inteso come ente esponenziale della collettività rappresentata, a tutela di tutti gli interessi ad essa facenti capo. E’ invece necessaria un’apposita “preposizione”, con norma speciale, all’esercizio di funzioni eminentemente tecnico-scientifiche di tutela di quegli interessi “sensibili”. Il ricorso al participio “preposte” nel testo della normativa sulla Conferenza di servizi, riveste per la Sezione un suo significato proprio, idoneo a designare non già una generica e generale rappresentanza di interessi riconoscibile sul piano politico all’ente territoriale, ma una specifica e puntuale attribuzione normativa di competenza amministrativa, di solito caratterizzata da una netta connotazione tecnica, in favore di determinati enti e plessi amministrativi che presentano sotto questo profilo un’apposita specializzazione nella cura di determinati interessi “sensibili”. Tuttavia, accade a volte che la normativa di settore indichi proprio negli Enti locali i soggetti competenti all’esercizio di talune competenze, specie nella materia ambientale. Fatti questi chiarimenti, il Parere invita l’Amministrazione richiedente ad operare un’attenta analisi specifica della disciplina di settore applicabile, al fine di valutare se poter escludere motivatamente l’ammissibilità della citata opposizione da parte del Comune.
Il parallelismo con l’art. 17 L. n. 241/1990 sulle valutazioni tecniche
Ad ulteriore sostegno circa le conclusioni raggiunte, la Sezione ha chiamato in causa l’art. 17L. n. 241/1990, che distingue e qualifica in termini “forti”, rispetto all’ordinaria attività consultiva, le valutazioni tecniche di organi od enti appositi, ove richieste per disposizione espressa di legge o di regolamento per l’adozione di un provvedimento. Queste valutazioni risultano qualificate dalla legge come non superabili e imprescindibili nel procedimento nel caso in cui debbano essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini. Da qui un’operazione interpretativa di parallelismo tra questa previsione, relativa ai pareri “qualificati” di amministrazioni “tecniche”, e quella contenuta nell’art. 14-quinquies, riguardante pareri e atti di assenso comunque denominati delle amministrazioni preposte alla tutela di tali interessi. Può ritenersi che “le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini” (di cui all’art. 14-quinquies) si identifichino tendenzialmente con quelle, contemplate dal comma 2 dell’art. 17 della stessa L. n. 241/1990, “preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini”, le cui valutazioni tecniche sono non surrogabili, a norma del comma 2 ora citato.
Perché dunque si configuri la “preposizione” di cui parla l’art. 14-quinquies, non basterà una norma, statale o regionale, di attribuzione o di delega di funzioni di tutela in quanto tali, ma occorrerà che queste funzioni di tutela si concretizzino e debbano esprimersi proprio attraverso la pronuncia di pareri tecnici, potenzialmente ostativi e non surrogabili, o di atti di assenso comunque denominati eventualmente impeditivi dell’approvazione del progetto di intervento in conferenza di servizi. Dunque l’opposizione ex art. 14-quinquies deve essere riservata alle sole amministrazioni specificamente ed ordinariamente deputate alla cura di determinati interessi sensibili.
Un confronto tra regimi: ante e post riforma Madia
Assumono ulteriore rilievo le riflessioni espresse sul confronto tra il regime previgente la riforma Madia e la disciplina attuale. In precedenza, era l’amministrazione procedente ad investire la Presidenza del Consiglio in caso di dissenso espresso da ente preposto alla cura di interessi sensibili. Il D.Lgs. n. 127/2016 ha ribaltato quel sistema, privilegiando l’esito positivo della conferenza di servizi e onerando della rimessione dell’affare al Consiglio dei Ministri non più l’amministrazione procedente, ma quella preposta alla tutela di interessi sensibili il cui parere negativo sia stato giudicato superabile nel meccanismo di prevalenza quali-quantitativa che caratterizza attualmente il modulo decisionale della conferenza di servizi, incentrato sullo snellimento e sull’accelerazione dei procedimenti. In tale contesto, una soluzione diversa, per cui si introduce un potere di “veto” in capo al Comune su interessi sensibili, configurerebbe un paradosso in grado di complicare e rallentare i procedimenti.
La normativa di settore
Dopo aver verificato che a livello di competenze attribuite dalla Costituzione e dalla legislazione quadro in materia non sussistono competenze dei Comuni sugli interessi sensibili, la Sezione ha condotto una disamina più approfondita sulla normativa di dettaglio con riguardo alla principale legislazione di settore nelle materie della tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini, al fine di verificare puntualmente l’eventuale sussistenza di attribuzioni comunali, anche delegate, di funzioni di tutela di “interessi sensibili”, che si traducano nel potere di rendere pareri o atti di assenso comunque denominati.
In materia ambientale, nel caso in cui il Comune fosse delegato alla conclusione di un procedimento di valutazione di impatto ambientale, che si conclude con un atto che diviene presupposto per l’autorizzazione dell’intervento, non potrebbe evidentemente negarsi la legittimazione comunale ad opporsi nel caso in cui l’autorità che ha indetto la conferenza di servizi (ad es., la Provincia o la Regione) ritenga di poter superare la V.I.A. negativa e di poter comunque pervenire a una conclusione favorevole della conferenza.
In tema di autorizzazione agli scarichi è dunque possibile che sussistano, in base alle pertinenti leggi regionali, attribuzioni comunali. Ma non sembra che tali funzioni autorizzatorie possano assumere la consistenza specifica e tecnica che è necessaria agli effetti del meccanismo dell’opposizione.
In materia di servizio idrico integrato e di gestione dei rifiuti il “codice ambiente” prevede sostanzialmente compiti gestionali dei relativi servizi, non compiti di tutela. Neppure in materia di tutela dell’aria si rinvengono in capo ai Comuni specifici compiti di tutela, al di là del monitoraggio, di solito svolto in collaborazione con le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente.
Passando alla tutela del paesaggio, nel procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è tuttora previsto il parere vincolante degli organi periferici ministeriali. Deve dunque escludersi che tecnicamente il Comune possa dirsi “preposto” alla tutela dei beni paesaggistici e del paesaggio ai fini dell’opposizione citata. Analoghe conclusioni devono a fortiori valere per le funzioni di tutela dei beni culturali, pacificamente riservate agli organi statali. Stesso discorso è stato fatto rispetto alla tutela della salute e all’igiene urbana.
Conclusioni
Secondo il Parere n. 2534/2019, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini cui è riservata l’opposizione in sede di Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 14-quinquiesL. n. 241/1990, devono identificarsi nelle amministrazioni alle quali norme speciali attribuiscono una competenza diretta, prevalentemente di natura tecnico-scientifica, e ordinaria ad esprimersi attraverso pareri o atti di assenso comunque denominati a tutela dei suddetti interessi così detti “sensibili”. Una tale attribuzione non si rinviene, in linea generale, nelle competenze comunali di cui all’art. 13D.Lgs. n. 267/2000, né tra le competenze in campo sanitario demandate al Sindaco e al Comune dal testo unico delle leggi sanitarie di cui al R.D. n. 1265/1934, né tra le altre funzioni fondamentali dei Comuni. Resta comunque salva la necessità di una verifica puntuale, da condursi caso per caso, della insussistenza di norme speciali, statali o regionali che, anche in via di delega, attribuiscano siffatte funzioni all’ente comunale.

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