14/05/2019 – Corte di conti: la relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali – Esercizio 2017

Corte di conti: la relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali – Esercizio 2017

di Roberta Caiffa – Funzionario della Corte dei conti
La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, riunitasi il 22 marzo scorso, con la deliberazione n. 6/SEZAUT/2019/FRG del 10 aprile, espone i dati della gestione finanziaria su circa 5.000 tra Comuni, Province, Città metropolitane e Unioni di Comuni. I risultati complessivi sono conformi alle attese. “La quasi totalità degli enti presi in esame (10 Città metropolitane, 53 Province e 4.924 Comuni) ha riportato risultati di gestione positivi sia per l’esercizio 2016 che per il 2017” ed una tendenza alla riduzione del disavanzo di competenza. Si appalesa una tendenza alla ripresa degli investimenti, seppur debole, anche a causa di un elevato stock di debito che grava sulla spesa corrente delle amministrazioni locali. Inoltre, “l’indagine sulla gestione dei residui”, prosegue la Corte, “evidenzia un’accelerazione delle procedure di riscossione e di pagamento mentre l’indagine condotta sulle procedure di riequilibrio finanziario pluriennale mostra che il ricorso a tale procedura è prevalentemente concentrato negli enti del Centro-Sud”.
Il referto si articola in 10 capitoli.
primi 3 sono dedicati ad un inquadramento generale della Finanza locale nel 2017, con una premessa metodologica ed un quadro delle più rilevanti norme che hanno interessato il settore.
Dallo spazio dedicato all’analisi delle componenti nel Risultato di amministrazione ed al confronto dei dati nel biennio 2016-2017 (capitolo n. 4), emerge che “La quasi totalità degli Enti presi in esame (n. 10 Città metropolitane, n. 53 Province e n. 4.924 Comuni) ha riportato risultati di gestione positivi per entrambi gli esercizi considerati (88% per il 2016 e 89% per il 2017), risultando in disavanzo il 12% di essi per l’esercizio 2016 e l’11% per il 2017”. Inoltre, la Sezione ritiene interessante “osservare che la quota libera di avanzo di amministrazione, pari a 257 milioni di euro a chiusura dell’esercizio 2017, fa registrare un incremento, ancorché lieve, rispetto al 2016 (243 milioni di euro)”. Anche positivo è “il dato riferito alla diminuzione del numero delle Province (n. 8) che conclude la gestione in disavanzo per incapienza delle quote accantonate, vincolate e destinate” e delle “Città metropolitane monitorate che chiudono tutte in avanzo di amministrazione sia pure in lieve contrazione rispetto al 2016”.
Agli equilibri finanziari nella gestione del biennio è dedicato il quinto capitolo. Per i Comuni “nel 2017 il complesso degli Enti presi in esame chiude con un saldo di parte corrente di circa 5 miliardi di euro, migliore rispetto ai 4 miliardi del 2016, motivato da un lieve incremento delle entrate correnti (1,69 %) a fronte di un’impercettibile diminuzione della spesa corrente”, mentre la gestione in conto capitale “fa registrare nel biennio un saldo in flessione del 12% circa rispetto all’anno precedente (2 miliardi di euro, per il 2016 e circa 1,8 miliardi di euro nel 2017), anche se qualificato, in termini positivi, dall’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per spese di investimento (+41%)”. Dal riscontro dei dati emerge quindi che “l’equilibrio finale della gestione complessiva, in termini percentuali, cresce del 6,6% nel 2017 rispetto al 2016 (6,2 miliardi di euro nel 2016 e 6,6 miliardi di euro nel 2017)”. Per le Province e le Città Metropolitane, i dati sono invece sostanzialmente stabili (flessione dell’1,18% per le partite correnti delle Province; mentre nelle Città Metropolitane si regista un incremento dai 206 milioni del 2016 ai 229 del 2017). “Di maggiore significato sono gli scostamenti che riguardano la parte capitale: le Province chiudono il 2017 con un equilibrio positivo di 174 milioni di euro, in flessione del 2% rispetto al 2016 (178 milioni di euro). Le Città Metropolitane evidenziano invece una flessione del 33% passando dai 159 milioni del 2016 ai 107 milioni di euro del 2017”. “Nella valutazione degli equilibri, è di interesse osservare la movimentazione del FPV di parte capitale. Il saldo di tale posta contabile consente di ipotizzare, nel 2017, un migliore uso delle risorse accantonate nel fondo rispetto all’utilizzo fatto nel 2016; da ciò si può, ragionevolmente, dedurre che tale saldo nel 2017 ha un’incidenza negativa del 14% rispetto all’equilibrio di parte capitale laddove nel 2016 tale posta incideva nella molto più consistente entità del 74%”.
Il capitolo n. 6 esamina il saldo di finanza pubblica 2017. I dati del Referto “evidenziano che n. 28 Comuni non hanno conseguito il pareggio di bilancio, in lieve diminuzione rispetto all’esercizio 2016 (n. 30 Comuni)”. “Per il primo anno, accanto al saldo finale di competenza, in overshooting rispetto all’obiettivo, sono stati affiancati i risultati raggiunti dagli Enti in termini di cassa (saldo fra riscossioni e pagamenti totali) che rilevano effettive disponibilità liquide, anche consistenti, soprattutto per i Comuni considerati più virtuosi. Ciò conferma la persistenza di rilevanti criticità nella programmazione, legate molto probabilmente alla difficoltà della gestione dei tempi del ciclo di bilancio, che spesso, sovrapponendosi ad eventuali carenze strutturali, di fatto, rallentano le politiche d’investimento”. “Nella fase previsionale del bilancio”, continua la Corte, “così decisiva riguardo la definizione delle risorse potenzialmente disponibili, probabilmente ha inciso il fatto di non poter ‘usufruire’, se non nei limiti degli spazi richiesti, dell’avanzo dell’esercizio precedente, che rappresenta invece una risorsa determinata nell’importo e immediatamente disponibile. Le novità nella disciplina di questa materia incise dalle pronunce della Corte costituzionale richiamate nella relazione, dovrebbero portare ad un diverso assetto della gestione della spesa per gli investimenti; considerazione che potrà trovare conferma solo nei risultati del consuntivo 2018”.
La gestione finanziaria è analizzata nel settimo capitolo, nel quale emerge che nel 2017 si è riscontrata una flessione delle entrate totali rispetto all’esercizio precedente (-3,92% gli accertamenti; -6% le riscossioni).
L’ottavo capitolo espone i risultati condotti sullo Stato patrimoniale degli enti, pur con tutte le difficoltà nel reperimento dei dati. In particolar modo, per la ricerca condotta sulle poste attive “è stato considerato il complessivo aggregato contabile patrimoniale delle immobilizzazioni, con specifica attenzione al federalismo demaniale che, a seguito dell’entrata in vigore dell’attuale legge di bilancio, vedrà definitivamente concludersi (entro breve) il processo di acquisizione da parte degli Enti locali degli immobili richiesti (opzionati) e mai trasferiti nella disponibilità degli istanti, in quanto privi della delibera di acquisizione. Per quel che riguarda le passività, invece si è ritenuto opportuno analizzare, il livello d’indebitamento del campione di Enti individuato per verificarne consistenze e parametri comuni sia sotto il profilo geografico che dimensionale, rilevandone variazioni e tendenze rispetto alle due annualità poste a raffronto”. “Riguardo alle analisi condotte sulle immobilizzazioni si conferma la tendenza degli Enti a mantenere la patrimonializzazione sugli asset immobilizzati (finanziari, immateriali e materiali) ed, altresì, che la consistenza del loro patrimonio sia in prevalenza di immobilizzazioni materiali: infatti sempre nel 2017, tale voce incide sull’attivo per il 74,3% nel Nord Ovest (n. 1.257), per il 73,8% nel Nord Est (n. 383), per il 73,1% nel Centro, per il 69,3% nel Sud (n. 254) e infine per il 75,2% nelle Isole (n. 122). Peraltro, sotto il profilo delle dismissioni si è assistito sia a livello centrale sia locale ad un tendenziale rallentamento rispetto al trend storico (antecedente il 2015) verosimilmente da imputarsi al trasferimento agli Enti territoriali degli immobili richiesti ai sensi del federalismo demaniale e culturale, che nel 2015 ha mostrato i maggiori effetti. Va anche considerato che la lenta dinamica della spesa per i nuovi investimenti da realizzare per rendere funzionali i cespiti trasferiti abbia avuto un ruolo non secondario nel condizionare molti dei n. 1.515 Enti, componenti il campione analizzato, a non procedere con l’acquisizione a patrimonio degli immobili per cui si era richiesto il trasferimento”.
I debiti fuori bilancio occupano il capitolo n. 9. Nel campione considerato crescono in maniera piuttosto sostanziosa (+15% per le Province e +35% per i Comuni). Si registra però una flessione nelle Città metropolitane (-2 milioni di euro). “Al di là del dato statistico, quel che emerge dall’analisi condotta è, da un lato il virtuoso rispetto dell’obbligo di accantonamento a fondo rischi e/o passività potenziali che ha fatto registrare una positiva impennata dei valori, ma, dall’altro, il persistente comportamento di alimentazione del debito occulto, rappresentato dal debito riconosciuto ma non finanziato o, addirittura, da quello ‘noto’ ma neppure riconosciuto”.
Il capitolo n. 10, infine, analizza le criticità finanziarie degli Enti locali: deficitarietà, procedure di riequilibrio e dissesti. Fenomeni caratterizzati da crescita e da “forti problematiche attuative (strozzature procedurali ed eccessiva burocratizzazione)”, per i quali la Corte evidenzia che “l’esigenza di una riforma della disciplina è stata avvertita dal legislatore attraverso l’indicazione, nella nota di aggiornamento al DEF del 27 settembre 2018, di un provvedimento collegato alla manovra di bilancio per il 2019, al fine di superare la copiosa legislazione asistematica che ha caratterizzato gli ultimi anni. Dal progetto potrebbe emergere uno schema, mutuato dalla governance comunitaria della finanza pubblica che si articola, da un lato, su una robusta procedura di monitoraggio e, dall’altro, su una procedura di risanamento finanziario. In tal modo le attuali fattispecie sarebbero ricomposte in un meccanismo nuovo, che si articolerebbe in un sostegno precauzionale (preventivo) e in una procedura di completo aggiustamento (correttivo)”.

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