13/09/2019 – Clausola sociale degli appalti di lavori e di servizi

di Laura Facondini, Dott.ssa

12 settembre 2019

La cd. clausola sociale deve essere interpretata in modo conforme ai principi nazionali e dell’Unione europea in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale, in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente (Sentenza n.44 del 9 agosto 2019 del Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D’Aosta).
La disciplina delle clausole sociali
Ai sensi dell’art. 50 del Codice degli appalti “per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
La stazione appaltante, sussistendo le condizioni soggettive e oggetive di applicazione dell’art.50 del Codice dei contratti pubblici inserisce la clausola sociale all’interno del bando di gara.
La clausola sociale in conformità alle linee guida n. 13 ANAC sono clausole “volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato”.
La clausola sociale può essere applicata nel caso di servizi ad alta intensità di manodopera, ovvero quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto.
Inoltre, le stazioni appaltanti possono prevedere la clausola sociale anche in appalti non ad alta intensità di manodopera, con esclusione: dei servizi di natura intellettuale; degli appalti di fornnitura e degli appalti di natura occasionale.
L’operatore economico in seguito all’accettazione della clausola è obbligato alle condizioni indicate nella stessa.
Clausola sociale interpretata in modo da non attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente
La cd. clausola sociale, tuttavia, deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e dell’Unione europea in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti lesiva dei richiamati principi nel senso di scoraggiare la partecipazione alla gara e di limitare eccessivamente la platea dei partecipanti (Sentenza n.44 del 9 agosto 2019 del Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D’Aosta).
Pertanto, tale clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente.
Ciò è stato confermato dal Consiglio di Stato, Commissione speciale, parere n. 2703/2018, del 21 novembre 2018, reso sulle Linee guida recanti la disciplina delle clausole sociali (Art. 50 del D. Lgs. n. 50 del 2016, come modificato dal D. Lgs. n. 56 del 2017), che ha precisato che la prescrizione delle clausole sociali non può che avvenire che nel “rispetto della libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost., ma anche dall’art. 16 della Carta di Nizza, che riconosce “la libertà di impresa”, conformemente alle legislazioni nazionali”. E’ in base al necessario rispetto di tale principio che secondo costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, (Consiglio di Stato. sez. III 27 settembre 2018 n. 5551 e sez. V 28 agosto 2017 n. 4079), l’obbligo di riassorbimento del personale imposto dalla clausola in questione deve essere inteso in modo compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante (Consiglio di Stato, sez. III, 30 gennaio 2019, n. 750).
La tassatività delle cause di esclusione e l’illegittima esclusione della ricorrente vista l’impossibilità di ritenere ex se anomala un’offerta
L’oggetto della controversia nella sentenza in commento è inoltre la pretesa illegittimità della esclusione dalla gara del ricorrente, avendo lo stessa offerto un ribasso sul costo del lavoro stabilito dalla Stazione appaltante nella lex specialis, pur non essendo possibile escludere in via automatica un’offerta in assenza di un procedimento di verifica della sua congruità.
La Stazione appaltante nel disciplinare della gara ha stabilito che il “costo del lavoro non è soggetto a ribasso”.
Avendo la ricorrente offerto un costo del lavoro in misura inferiore rispetto a quanto stabilito negli atti di gara, è stata esclusa dalla procedura da parte della Stazione appaltante.
L’art. 83 comma 8 prevede la tassatività delle cause di esclusione, ispirandosi ai principi di massima partecipazione alle gare.
Pertanto, nel caso di specie le clausole non essendo espressamente indicata l’esclusione devono essere interpretate in modo estensivo.
In presenza di prescrizioni ambigue, è, infatti, consolidato l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la necessità di garantire la massima partecipazione alle gare impone una interpretazione estensiva delle predette clausole, da applicare a fortiori nel caso in cui le stesse si presentino di dubbia compatibilità con i principi costituzionali e del diritto dell’Unione europea (Consiglio di Stato, V, 31 maggio 2018, n. 3262; 14 maggio 2018, n. 2852).
La sentenza in commento afferma che “L’esclusione della ricorrente dalla gara non appare legittima, in considerazione della impossibilità di ritenere ex se anomala un’offerta che indichi un costo della manodopera inferiore a quello indicato dalla Stazione appaltante (con dati ricavati dalle Tabelle Ministeriali), dovendo necessariamente lo stesso essere valutato nell’ambito della verifica di congruità, tenuto conto che di regola siffatte tabelle – redatte dal Ministero competente – esprimono un costo del lavoro medio, ricostruito su basi statistiche, per cui esse non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che lo scostamento da esse, specie se di lieve entità, non legittima di per sé un giudizio di anomalia (Consiglio di Stato, V, 6 febbraio 2017, n. 501; altresì, III, 13 marzo 2018, n. 1609; III, 21 luglio 2017 n. 3623; 25 novembre 2016, n. 4989).

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