13/09/2019 – Al via la riforma della Tari 

Al via la riforma della Tari 

di FRANCESCO CERISANO – Italia Oggi -12 Settembre 2019
È uno dei tributi più odiati da cittadini e imprese, per la disomogeneità dei criteri tariffari e il disallineamento tra costi ed efficienza del servizio. In questo ginepraio di parametri che ha portato la tassa rifiuti a crescere del 76% (+4,1 miliardi di euro) dal 2010 al 2018 fino ad arrivare a quota 10 miliardi, sta lavorando l’ Arera (l’ Autorità che ha assorbito le competenze di regolazione e controllo sul ciclo dei rifiuti urbani) che ieri ha presentato a 650 stakeholder le proprie proposte sul metodo tariffario e sugli obblighi di trasparenza verso gli utenti.
I due documenti resteranno in consultazione fino al prossimo 16 settembre. Poi, entro la fine di ottobre, sarà definita la prima metodologia tariffaria per il 2020-2021 e le componenti a conguaglio relative agli anni 2018-2019. Entro fine anno, i comuni dovranno definire i piani finanziari e approvare le nuove tariffe in modo che la riforma della Tari entri in vigore dal 1° gennaio 2020. Fissata la roadmap che dovrà portare a una tassa rifiuti più equa sul territorio nazionale, resta da vedere come questo cambiamento verrà attuato. Innanzitutto circoscrivendo la nozione stessa di gestione integrata dei rifiuti urbani che sarà limitata a: spazzamento e lavaggio strade; raccolta e trasporto dei rifiuti; trattamento, recupero e smaltimento; riscossione e rapporto con gli utenti.
Saranno fuori dal perimetro di gestione del ciclo integrato dei rifiuti urbani, le attività esterne non strettamente riferibili al servizio, quali: raccolta, trasporto e smaltimento dell’ amianto dalle utenze domestiche, derattizzazione, disinfestazione zanzare, spazzamento e sgombero neve, cancellazione scritte vandaliche, gestione dei servizi igienici pubblici, gestione del verde pubblico e manutenzione delle fontane. Queste attività non saranno coperte dalle tariffe dell’ Arera anche qualora siano state incluse nelle concessioni di affidamento del servizio. Saranno previsti quattro diversi tipi di schemi tariffari nell’ ambito dei quali i comuni e i gestori del servizio saranno chiamati a scegliere secondo criteri di miglioramento qualitativo, sviluppo gestionale e peculiarità territoriali.
Trasparenza. Oltre ad avere nuove tariffe e regole più chiare e omogenee, la Tari che verrà dovrà anche caratterizzarsi per una maggiore trasparenza verso i contribuenti. L’ Arera ha predisposto e messo in consultazione (sempre entro il 16 settembre) un documento in materia di trasparenza che prevede un primo periodo di regolazione a partire dal 1° aprile 2020 fino al 31 dicembre 2023, al termine del quale sarà valutata un’ eventuale revisione della disciplina. Per i comuni sotto i 5.000 abitanti si prevede il differimento delle nuove regole di trasparenza al 1° gennaio 2021.
I municipi e i gestori del servizio dovranno obbligatoriamente predisporre e pubblicare online la «carta della qualità» e indicare nei documenti di riscossione tutti i dati di sintesi sugli importi addebitati, il calcolo della tariffa, le modalità di pagamento, i recapiti e le procedure per i reclami, nonché le informazioni sulle modalità di erogazione del servizio e il raggiungimento degli obiettivi ambientali. Qualsiasi variazione di rilievo nelle condizioni di erogazione del servizio dovrà essere comunicata agli utenti con largo preavviso.
Le reazioni. Gli operatori, dal canto loro, si aspettano molto dal tavolo di confronto con l’ Arera. E l’ hanno detto chiaramente. Per Patrizia Di Dio, membro di giunta di Confcommercio, vanno avviate con urgenza «azioni concrete affinché si limiti la libertà fino ad ora concessa ai comuni di poter determinare il costo dei piani finanziari includendo voci di costo improprie». E gli enti locali vanno «vincolati a tenere conto dei fabbisogni», visto che come sottolinea la stessa Confcommercio, è proprio lo scostamento dai fabbisogni standard una delle principali cause dell’ aumento dei costi di gestione dei rifiuti, soprattutto al Sud (in Piemonte, Basilicata e Calabria gli scostamenti maggiori, Toscana e Abruzzo sono invece le regioni più virtuose).
A chiedere una rapida revisione delle tariffe è anche la Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) secondo cui la Tari costituisce un peso sempre più insostenibile per le imprese della ristorazione, visto che dal 2017 ad oggi il costo per i ristoranti è cresciuto mediamente del 5,2% e per bar e caffè del 3,7%. «Le nostre imprese vedono erose dalla Tari risorse che sarebbe necessario investire nello sviluppo delle attività e in nuova occupazione», ha osservato Roberto Calugi, direttore generale di Fipe che propone una tassazione decrescente che premi il livello di differenziata realizzata dalla singola impresa.

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