13/06/2019 – Danno in re ipsa per temporanea perdita della facoltà di godimento inerente al diritto di proprietà di un bene illegittimamente occupato

Danno in re ipsa per temporanea perdita della facoltà di godimento inerente al diritto di proprietà di un bene illegittimamente occupato

 
Risarcimento danni – Espropriazione per pubblica utilità – Occupazione illegittima – Temporanea perdita della facoltà di godimento – Danno in re ipsa.
Nel caso di occupazione illegittima il danno è in re ipsa, poiché esso coincide con la temporanea perdita della facoltà di godimento inerente al diritto di proprietà (danno “conseguente”), id est con l’incisione sul contenuto proprio del diritto di proprietà (quello afferente alla sfera delle facoltà)
 
(1) La Sezione ha affermato, più in generale, che ogni danno è “conseguenza” di un evento e, in quanto tale, da questo, sia pure in misura diversa, distinguibile; e tale distinzione dipende dalla natura dell’illecito (contrattuale o extracontrattuale), ovvero a seconda che il danno di cui si postula il risarcimento sia subìto dalla posizione giuridica del soggetto nella cui sfera subiettiva si è prodotto l’evento, ovvero da altro soggetto a questi legato da relazioni contrattuali o, comunque, rilevanti per l’ordinamento e da questo protette.
Il problema, dunque, non consiste nella configurazione ontologica del danno (che – naturalisticamente – costituisce sempre una perdita nell’ambito di una situazione soggettiva, come affermato da Corte Cost., n. 372/1994), ma attiene alla natura della situazione soggettiva ed al rapporto che intercorre tra questa e l’evento lesivo.
Ed è proprio per questo che si pone un problema di prova; problema, però, che non discende dalla natura del danno (danno-evento o danno-conseguenza), ma che si propone come strettamente connesso alla sussistenza/conformazione e titolarità di una posizione soggettiva che si assume lesa.
Nel giudizio risarcitorio esiste sempre un problema di prova (avente plurimi profili): prova della esistenza e titolarità della situazione soggettiva che si assume lesa; prova dell’effettività della “perdita” (lesione) di quella posizione; prova della quantificazione del danno, cioè della misura del risarcimento richiesto.
La natura dell’illecito ed il tipo di posizione giuridica (ove esistente) che si assume lesa agiscono differentemente (non già sulla natura del danno ma) sul problema probatorio.
In questo contesto, assumono ben diversa valenza i diritti patrimoniali rispetto a quelli non patrimoniali, sussistendo per questi ultimi un problema di riconoscimento e tutela affatto diverso dai primi (si veda, Cass., sez. un., n. 26972/2008). In questo caso, ciò che occorre dimostrare è (non tanto l’esistenza della lesione ma) la sussistenza ontologica del diritto e, laddove l’evento si realizzi nella sfera giuridica di altro soggetto, occorre provare la sussistenza di una lesione (ulteriore) nella propria sfera giuridica di soggetto titolare di un diritto non patrimoniale, pur astrattamente riconosciuto.
Così come, pur nella sfera dei diritti patrimoniali, a fronte della natura dell’illecito, può apparire plausibile (pur senza volere rendere sull’illecito contrattuale considerazioni definitive) che il danno derivante da una occupazione di immobile protratta oltre il termine contrattualmente stabilito si caratterizzi diversamente da quello derivante da una occupazione effetto di illecito extracontrattuale.
Nel primo caso, la lesione attiene innanzi tutto al diritto alla restituzione del proprio bene per effetto dell’inadempimento contrattuale dell’obbligazione restitutoria, mentre la lesione consistente nella perdita della facoltà di godimento del bene costituisce una ipotesi di danno “ulteriore”.
Nel secondo caso, la lesione (unica) attiene direttamente al contenuto stesso della posizione soggettiva (facoltà di godimento del bene).
Affermare che vi è necessità di “prova” della lesione subita, in quest’ultima ipotesi, non discende dalla “natura” del danno (cioè dal suo rapporto con l’evento), ma dal preciso contenuto della posizione giuridica sulla quale l’evento lesivo si assume abbia inciso, se, cioè, la “perdita” attenga alle facoltà di godimento ovvero ai poteri di disposizione: con la conseguenza che, mentre nel primo caso, per la natura stessa della “facoltà”, la prova della perdita è offerta dall’evento in sé considerato (ed in questo senso, sinteticamente, può affermarsi che il danno è “in re ipsa”), nel secondo caso, per la diversa struttura del “potere” (natura che ne postula un esercizio in concreto e non solo una mera “disponibilità”), occorre la prova della lesione “ulteriore” subita da questa “altra” sfera del diritto di proprietà.
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