13/05/2019 – Individuazione del Comune deputato a sostenere gli oneri per servizi di accoglienza minori e infra ventunenni.

Individuazione del Comune deputato a sostenere gli oneri per servizi di accoglienza minori e infra ventunenni.

Oggetto
Individuazione del Comune deputato a sostenere gli oneri per servizi di accoglienza minori e infra ventunenni.
Massima
Il Tribunale per i minorenni, che di norma non indica più nominativamente il Comune al quale il minore viene affidato, limitandosi a fare riferimento al “Comune di residenza”, sembra individuare il soggetto istituzionale tenuto a provvedere al minore in base al criterio generale della competenza territoriale, sancito dall’art. 13, c. 1, del D.Lgs. 267/2000, ribadito dall’art. 16, c. 1, della L.R. 1/2006 e richiamato dall’art. 6, c. 1, della L. 328/2000. 

Il Ministero dell’interno ritiene, invece, che ai collocamenti di minori in strutture residenziali sia applicabile la disposizione, derogatoria del suddetto criterio della competenza territoriale, dettata dall’art. 6, c. 4, della L. 328/2000, il cui principio è confermato, nel territorio regionale, dall’art. 4, c. 5, della L.R. 6/2006. 

L’assunzione di oneri da parte dell’ente locale è comunque subordinata all’accertamento dell’impossibilità dei genitori (e degli altri ascendenti) di farvi fronte, stante l’obbligo del mantenimento dei figli sancito dall’art. 30, primo comma, della Costituzione e disciplinato dagli artt. 147, 148, 315-bis e 316-bis del codice civile.

Funzionario istruttore
ROSA MARIA FANTINI – rosamaria.fantini@regione.fvg.it
Parere espresso da
Servizio affari istituzionali e locali, consiglio autonomie locali ed elettorale
Testo completo del parere
Il Comune, considerato il contenuto di un parere reso dallo scrivente Ufficio in data 23 febbraio 2011[1] e del parere del Ministero dell’interno del 28 giugno 2018[2], chiede chiarimenti in merito all’individuazione dell’ente locale competente a provvedere al pagamento della retta di accoglienza di un minore/infra ventunenne, collocato in comunità residenziale, qualora i genitori, esercenti la responsabilità genitoriale, abbiano trasferito[3] la residenza in un Comune[4] afferente ad un Servizio Sociale dei Comuni diverso da quello di cui fa parte l’Ente che ha attuato il collocamento. 

In particolare, dando atto che il decreto del Tribunale per i minorenni[5] “definitivamente pronunciando conferma l’affidamento della minore all’Ente Locale del Comune di residenza per l’attuazione del progetto”, senza individuare nominalmente il soggetto pubblico, l’Amministrazione chiede di conoscere se, per Comune di residenza, debba intendersi quello in cui il minore risulta attualmente residente. 

Viene, inoltre, posta la questione volta a stabilire se, qualora la competenza al pagamento delle rette dovesse permanere in capo al Comune che ha effettuato il collocamento, oltre al trasferimento della presa in carico professionale si debba procedere al trasferimento amministrativo del caso (affidamento del servizio di accoglienza), oppure se il Comune debba continuare a svolgere la parte amministrativa (sostenendo, in entrambi i casi, i relativi oneri). 

Sentito il Servizio integrazione sociosanitaria della Direzione centrale salute, politiche sociali e disabilità, si esprimono le considerazioni che seguono. 

Nel richiamato parere di questo Servizio, concernente l’individuazione dell’ente locale tenuto a garantire gli interventi assistenziali in favore di minori, disposti dal Tribunale per i minorenni, qualora sia intervenuta la modifica della situazione di fatto rispetto a quella esistente all’epoca del loro avvio, si era affermato[6] che la competenza spetta – a prescindere dal dato anagrafico formale – al comune indicato nel provvedimento del giudice, fintanto che tale autorità, nell’interesse del minore, non ritenga di dover espressamente individuare un servizio sociale diverso. 

Si era inteso, così, sostenere che il trasferimento della residenza dei genitori o del tutore (e, conseguentemente, del minore[7]) in altro comune, nel corso dell’intervento assistenziale, non implica automaticamente la modifica dell’ente tenuto ad assumere gli eventuali oneri.[8] 

Tale orientamento si era pertanto formato con specifico riferimento alla prassi, al tempo seguita dal Tribunale per i minorenni, di indicare in modo specifico l’ente locale tenuto a dare esecuzione alle determinazioni assunte da quel giudice. 

Premesso quanto sopra, poiché il Tribunale per i minorenni non individua più nominativamente il Comune affidatario limitandosi, come nel caso in esame, a disporre la conferma dell’affidamento del minore “all’Ente Locale del Comune di residenza”, occorre ora affrontare la questione sotto un diverso profilo ed indagare se, per “Comune di residenza”, debba intendersi quello in cui l’assistito risulta attualmente residente. 

Fermo restando che l’interpretazione dell’espressione utilizzata dal Tribunale per i minorenni dovrebbe essere richiesta allo stesso giudice, atteso che con i precedenti provvedimenti adottati in favore del minore[9] è stato disposto/confermato l’affidamento dello stesso “all’Ente locale territorialmente competente in ragione della residenza”, sembra che il Tribunale intenda fare riferimento al criterio generale della competenza territoriale, sancito dall’art. 13, comma 1[10], del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ribadito dall’art. 16, comma 1[11], della legge regionale 9 gennaio 2006, n. 1 e richiamato dall’art. 6, comma 1[12], della legge 8 novembre 2000, n. 328, cosicché il soggetto istituzionale tenuto a provvedere risulterebbe quello di attuale residenza dell’assistito. 

Il Ministero dell’interno[13] ritiene, invece, che ai collocamenti di minori in strutture residenziali sia applicabile la disposizione, derogatoria del suddetto criterio della competenza territoriale, dettata dall’art. 6, comma 4[14], della L. 328/2000, il cui principio è confermato, in questo territorio, dall’art. 4, comma 5[15], della legge regionale 31 marzo 2006, n. 6. 

Anche qualora risulti confermata la diversità del criterio adottato dal giudice minorile rispetto a quello cui fa riferimento il Ministero dell’interno, si ritiene che sia ad ogni modo necessario ottemperare alle prescrizioni imposte dal Tribunale per i minorenni. 

Tale conclusione assorbe l’ulteriore questione posta circa il trasferimento della presa in carico professionale ed il trasferimento amministrativo del caso. 

Va, infine, precisato che l’assunzione di oneri da parte dell’ente locale è subordinata all’accertamento dell’impossibilità dei genitori (e degli altri ascendenti) di farvi fronte, stante l’obbligo del mantenimento dei figli sancito dall’art. 30, primo comma[16], della Costituzione e disciplinato dagli artt. 147[17], 148[18], 315-bis[19] e 316-bis[20] del codice civile. 

Occorre, al riguardo, rammentare che la Corte di cassazione afferma che l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli[21] spetta “primariamente ed integralmente” ai loro genitori e non viene meno nelle ipotesi in cui l’esercizio della potestà (d’ora in poi “responsabilità”[22]) genitoriale sia sospeso o precluso, né cessa automaticamente quando i figli raggiungono la maggiore età. 

In particolare, con due sentenze del 2010[23] (diverse per fattispecie[24] ma identiche per analisi[25]) la Cassazione affronta la questione volta a stabilire se l’obbligo di corrispondere la retta alla struttura di accoglienza dove – per disposizione del Tribunale per i minorenni – vengono collocati dei minori, debba gravare sulla pubblica amministrazione oppure sui genitori, pur essendo intervenuta la sospensione della responsabilità genitoriale. 

La Corte, dopo aver premesso che dal fatto della procreazione sorge “in modo necessario” un complesso di diritti e di doveri reciproci, fra genitore e figlio, fra cui il dovere dei genitori di mantenere i figli, rileva che tale obbligo prescinde dalla responsabilità dei genitori e sopravvive ad essa in varie ipotesi, come quella del figlio che abbia raggiunto la maggiore età, ovvero le fattispecie di impedimento o di decadenza del genitore dall’esercizio della predetta responsabilità[26]. 

La Cassazione afferma, inoltre, che tale principio trova conferma nell’art. 5, comma 1, primo periodo[27], della legge 4 maggio 1983, n. 184, il quale stabilisce una deroga all’obbligo del mantenimento da parte dei genitori nel solo caso di affidamento familiare, ponendolo a carico dell’affidatario[28]. 

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[1] Prot. n. 6578, avente ad oggetto “Competenza per interventi a favore di minori”. 

[2] Avente ad oggetto “Imputabilità degli oneri economici per le prestazioni socio-assistenziali a favore di minore inserita in struttura protetta”. 

[3] Dopo l’avvenuto inserimento del minore nella struttura. 

[4] Di questa stessa regione. 

[5] Adottato prima che la persona assistita divenisse maggiorenne. 

[6] Nel solco di un orientamento assunto d’intesa con il Tutore pubblico dei minori della Regione Friuli Venezia Giulia e con gli Uffici regionali competenti in materia di politiche sociali. 

[7] L’art. 45, secondo comma, del codice civile dispone, infatti, che «Il minore ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia o quello del tutore. Se i genitori sono separati o il loro matrimonio è stato annullato o sciolto o ne sono cessati gli effetti civili o comunque non hanno la stessa residenza, il minore ha il domicilio del genitore con il quale convive.». 

[8] Si era, infatti, condivisa l’impostazione proposta da F. Milanese sin dall’epoca in cui egli ricopriva l’ufficio di Tutore pubblico dei minori della Regione Friuli Venezia Giulia, secondo la quale l’onere del pagamento delle rette per l’inserimento di un minore in comunità «è a carico del Comune indicato quale ente affidatario dal decreto del Tribunale che ha disposto l’affido» atteso che, in tale contesto, l’ente locale «si trova a svolgere un’attività non solo assistenziale, ma obbligatoria e dipendente, in quanto esecuzione di un provvedimento giudiziario e di quanto in esso disposto». Pertanto «Il cambio della residenza dei genitori e consequenziale cambio della residenza del minore non portano ad un trasferimento automatico dell’onere della spesa da un Comune all’altro. La spesa, infatti, farà carico al Comune cui il minore è stato affidato in origine, in base al dettato del decreto di affidamento. L’eventualità del trasferimento comporta il relativo spostamento dell’onere della spesa soltanto se questo sarà dettato dall’autorità giudiziaria competente. I genitori del minore o i servizi che lo seguono informeranno l’Autorità giudiziaria competente sulla variazione di residenza, successivamente il Tribunale per i Minori, in base alle informazioni fornite dal Servizio Sociale e in considerazione del preminente interesse del minore, valuterà il caso.». Spetta quindi al Tribunale per i minorenni «una volta informato sul trasferimento della residenza, valutare l’opportunità di modificare il proprio decreto, individuando il nuovo ente locale cui affidare il minore, che dovrà sostenerne di conseguenza la spesa». 

[9] Richiamati nella parte iniziale del più recente decreto. 

[10] «Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione […] comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona […], salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.». 

[11] «Il Comune è titolare di tutte le funzioni amministrative che riguardano i servizi alla persona […], salvo quelle attribuite espressamente dalla legge ad altri soggetti istituzionali.». 

[12] «I comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale […]. Tali funzioni sono esercitate dai comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini […]». 

[13] Tanto nel parere richiamato nel quesito, quanto in numerosi pareri resi in precedenza sull’argomento (alcuni dei quali peraltro non danno atto della sussistenza, nei casi esaminati, di difformi disposizioni del giudice minorile). 

Cfr. anche il parere del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Direzione generale per l’inclusione e le politiche sociali – Divisione III–ISEE e prestazioni sociali agevolate. Politiche per l’infanzia e l’adolescenza) 4 dicembre 2015, prot. n. 41/0008589/MA008.A001. 

Si veda, altresì, Corte di cassazione – Sez. I civile, sentenza 4 febbraio 2016, n. 2183. 

[14] «Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica.». 

[15] «L’assistenza alle persone per le quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali rimane di competenza del Comune nel quale esse hanno la residenza prima del ricovero.». 

[16] «È dovere e diritto dei genitori mantenere istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.». 

[17] «Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315–bis.». 

[18] «I coniugi devono adempiere l’obbligo di cui all’articolo 147, secondo quanto previsto dall’articolo 316–bis.». 

[19] V., in particolare, il primo comma, ai sensi del quale «Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.». 

[20] «I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. 

In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l’inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole. 

Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica. 

[…]». 

[21] Trattasi di dovere a contenuto patrimoniale, cosicché le prestazioni che ne sono oggetto sono fungibili e coercibili con i normali strumenti esecutivi. 

[22] Giacché l’art. 105, comma 1, del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, dispone che la parola «potestà», riferita alla potestà genitoriale, e le parole «potestà genitoriale», ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente, sono sostituite dalle parole «responsabilità genitoriale». 

[23] Sezione I, 8 novembre 2010, n. 22678 e 11 novembre 2010, n. 22909. 

Per un commento della prima pronuncia v. A. Vecchi «Conferma netta da Piazza Cavour: l’obbligo di mantenimento dei figli prescinde dalla potestà genitoriale», in Diritto e Giustizia online, 2010, pag. 476. 

[24] La sentenza n. 22678/2010 riguarda una minore particolarmente aggressiva nei confronti dei genitori, mentre la sentenza n. 22909/2010 concerne minori in stato di abbandono. 

[25] Fermo restando che l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli trova il principale fondamento nella norma costituzionale e nelle disposizioni civilistiche, la Corte ha ritenuto (per entrambe le ipotesi) che ponendo la retta a carico del comune, il Tribunale per i minorenni abbia solo inteso disporne l’anticipazione, ai sensi degli artt. 25 («Misure applicabili ai minori irregolari per condotta o per carattere») e 26 («Misure applicabili ai minori sottoposti a procedimento penale ed ai minori il cui genitore serba condotta pregiudizievole») del già richiamato R.D.L. 1404/1934. Il Giudice minorile, perciò, non avrebbe comunque potuto (né voluto) modificare i profili patrimoniali del rapporto di filiazione. 

Secondo la Cassazione, l’esito rimarrebbe invariato anche considerando i compiti socio-assistenziali gravanti sui comuni, a seguito del trasferimento di funzioni operato con decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (normativa estesa alla Regione Friuli Venezia Giulia con decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 469), nell’ambito dei quali sono compresi “gli interventi in favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili nell’ambito della competenza amministrativa e civile”, posto che tale normativa non comporta che la materia “beneficenza pubblica” sia gratuita ma, anzi, espressamente prevede la distinzione tra “erogazione di servizi, gratuiti o a pagamento” (v. art. 22). 

Nello stesso senso v. anche Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per il Molise, deliberazione n. 2/2016/PAR dell’11 gennaio 2016. 

[26] Infatti – puntualizza la Cassazione – poiché la responsabilità genitoriale consiste nell’attribuzione ai genitori non già di un diritto soggettivo, bensì di un munus di diritto privato, comportante un potere–dovere di curare determinati interessi pubblici e privati del minore, qualora tale ufficio non venga di fatto esercitato, ovvero venga sospeso o addirittura revocato ai sensi degli artt. 330 e 333 del codice civile, l’ordinamento reagisce per porre rimedio all’anomalia, apprestando le opportune misure di tutela sussidiaria del minore. 

[27] «L’affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione […]». 

[28] La Cassazione ritiene significativo che la stessa L. 184/1983 preveda interventi di sostegno e di aiuto solo a favore delle famiglie indigenti (art. 1, comma 2) e disponga che il Tribunale per i minorenni, prima di decidere sulla domanda di adozione, debba eseguire le opportune indagini per accertare, tra l’altro, la situazione economica dei richiedenti (art. 22, comma 4).

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