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Legittimo l’affidamento parziale della gara se il bando lo consente
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
Il TAR della Campania con la sentenza n. 4428, del 30 agosto 2019, ha affermato che la stazione appaltante può procedere all’affidamento parziale del servizio se lo prevede il capitolato di gara; i giudici amministrativi di primo grado hanno respinto il ricorso di una cooperativa sociale onlus nei confronti di un Comune appaltante che aveva provveduto all’affidamento parziale del servizio di nido/micro nido per l’anno scolastico 2018/2019, per un netto “calo” degli iscritti.
Il contenzioso
Una cooperativa sociale onlus ha impugnato la determina del Comune nella parte in cui ha aggiudicato solo una “parte” del servizio; la Cooperativa, infatti, ha partecipato alla procedura di gara negoziata bandita dal Comune attraverso il sistema MePa, per l’affidamento del servizio nido/micro-nido relativamente al prolungamento dell’orario di servizio nido/micro-nido a gestione diretta nel territorio.
La cooperativa ricorrente si era aggiudicata l’affidamento; trattandosi, tuttavia, di aggiudicazione per un tempo ed un importo limitati, la cooperativa stessa ha impugnato il provvedimento chiedendo altresì l’aggiudicazione per l’intero valore del contratto di servizio e per l’intera durata del servizio aggiudicato, ovvero, in alternativa, il risarcimento per equivalente dei danni cagionati dall’illegittimo operato del Comune.
L’analisi del TAR
I giudici amministrativi di primo grado dopo una attenta disamina del capitolato di gara osservano come è previsto nello stesso capitolato, che la stazione appaltante si riserva di non procedere all’attivazione del servizio in una o più strutture, qualora non si registrino sufficienti iscrizioni per la formazione di almeno “un gruppo di bambini in rapporto ad un educatore.”.
Il TAR osserva che dalla lettura congiunta e coordinata delle disposizioni del capitolato di gara, emerge chiaramente che la gara d’appalto prevedeva l’assegnazione di un servizio che sin dall’origine era considerato come potenzialmente variabile, in ragione di fattori (quale quello del numero di iscrizioni, chiaramente incerto) che non era possibile predeterminare se non quanto al limite massimo ma non a quello minimo.
Il servizio, pertanto, era stato strutturato dall’inizio come di importo calibrato e calibrabile sulla reale situazione che si sarebbe venuta a creare dopo le iscrizioni dei bambini.
A tal fine, l’art. 4 del capitolato di gara aveva già previsto che l’Amministrazione avesse la possibilità di diminuire il numero degli alunni in base alle effettive iscrizioni e, quindi, ridurre l’importo dell’affidamento in funzione della riduzione delle prestazioni.
Per la stessa ragione, il servizio poteva non essere attuato in alcune strutture laddove il numero di iscrizioni non fosse stato sufficiente.
In sintesi, esso non era strutturato come servizio in perdita, posto che, a differenza di altri appalti nei quali il completamento del servizio stesso è coessenziale al corretto svolgimento dell’attività, nel caso concreto, stante le oggettive caratteristiche del prodotto offerto all’utenza, vi era una corrispondenza biunivoca tra servizio e risposta dell’utenza, nel senso che era previsto un rapporto prestazione/pagamento del tutto basato sulle effettive iscrizioni.
IL TAR osserva come l’importo dell’appalto era dunque, e senza dubbio, un importo configurato ab origine come variabile senza possibilità di contestazione: chi ha partecipato alla gara, per l’importo massimo di 501.006,95 euro, ha accettato le clausole che consentivano la riduzione dell’importo contrattuale in ragione della misura del servizio reso, misura collegata esclusivamente al numero delle iscrizioni e alla durata dell’appalto.
Ciò si desume anche dall’art. 1 del Disciplinare di gara nel quale è testualmente previsto che “gli importi a base di gara per ciascun lotto hanno un valore indicativo in dipendenza della durata dell’appalto, della particolare tipologia e necessità dell’utenza scolastica di avvalersi del servizio a domanda individuale di cui al presente disciplinare e dell’articolazione oraria prescelta nonché alle conseguenti quote di compartecipazione degli utenti e alla composizione dei moduli in base al rapporto educatore”.
Irrilevante il riferimento al Codice degli appalti pubblici
Per i giudici di legittimità è del tutto irrilevante, inoltre, il riferimento all’art. 35, comma 4, D.Lgs. n. 50 del 2016.
Tale disposizione, lungi dall’avere il significato che la cooperativa gli attribuisce nel corpo del ricorso; è inserita all’interno dell’articolo che riguarda le soglie comunitarie e quindi “il calcolo del valore stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture”, basato “sull’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, valutato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore”, riguarda il valore dell’appalto ai fini della individuazione della soglia e non è corretto utilizzarlo per dedurre che una volta messo un importo a base d’asta quell’importo debba essere necessariamente erogato: se l’oggetto dell’appalto lo prevede, è del tutto corretto che venga corrisposta la somma parametrata alla prestazione erogata, anche se inferiore alla somma iniziale.
La durata dell’appalto
Il TAR osserva che anche sotto il profilo della rideterminazione della durata, così come richiesta dalla ricorrente e negata dal Comune, la decisione appare immune da vizi.
Il servizio aveva una durata predeterminata (art. 2 del capitolato) da ottobre a giugno, trattandosi di servizio finanziato per un determinato anno scolastico e con finalità precise.
Così come chiarito in relazione alla rideterminazione dell’importo erogabile, il fattore temporale era uno di quelli (unitamente al numero di iscrizioni) valutati per il calcolo dell’importo complessivo erogabile, partendo dal presupposto che la base d’asta rappresentava il costo massimo sostenibile in funzione sia del numero di utenti (di per sé non conoscibile), sia della durata del servizio, a sua volta ancorata al numero di iscrizioni.
Se dunque il servizio non è partito ad ottobre, come previsto, ciò non significa che debba prolungarsi: la durata era circoscritta ad un periodo definitivo e con esigenze precise, e non era procrastinabile nel tempo, stante la già illustrata natura mirata del servizio finanziato. Detto in altro modo, una volta stabilita l’esigenza massima per la quale il Comune assicurava la copertura, sia gli importi che la durata erano in funzione della situazione di fatto che si sarebbe determinata con le iscrizioni: a fronte di nessuna iscrizione il “servizio non sarebbe comunque partito, e ciò non avrebbe determinato lo slittamento della durata ai mesi successivi al giugno 2019; semplicemente, si sarebbe comunque concluso a giugno e pagato per gli importi corrispondenti alle iscrizioni effettuate”.
Il TAR, di conseguenza, non vede dunque la differenza con la situazione venutasi a creare per effetto dei provvedimenti giudiziari che hanno riguardato la gara d’appalto, e che hanno ritardato l’avvio del servizio anche in ragione del ridotto numero di iscrizioni.
La pretesa di parte ricorrente di vedersi corrisposto l’importo a base d’asta per la durata di 8 mesi è dunque priva di fondamento normativo e non trova alcun supporto nella lex specialis di gara.
Quanto sopra illustrato esclude la fondatezza della richiesta di risarcimento del danno per equivalente avanzata dalla Cooperativa.
Il Comune non è stato in alcun modo negligente nell’avvio del servizio nei confronti della cooperativa ricorrente, in forza della mancata sospensione, da parte del giudice amministrativo, del provvedimento di revoca dell’originaria aggiudicazione.
Il TAR osserva, inoltre, che nessun profilo di colpa può leggersi nel comportamento del Comune in relazione al numero di adesioni al servizio: in alcun modo è dimostrato, neppure in via presuntiva, che le ridotte iscrizioni (o meglio, le iscrizioni inferiori al numero previsto ab origine) siano state determinate dalla vicenda processuale o da azioni addebitabili al Comune sotto il profilo della responsabilità.
Inoltre, i documenti di gara erano chiari nello stabilire che le imprese partecipanti rinunciavano a richiedere risarcimenti collegati alla ridotta durata del servizio (vedi ultimo capoverso dell’art. 2 del capitolato di gara il quale afferma “In caso di prestazioni di servizio di durata inferiore a quella prevista nel periodo di affidamento per obiettive esigenze sopravvenute, sia in fase di avvio sia in fase di svolgimento, rispetto ai presupposti in base ai quali si è provveduto all’affidamento, l’aggiudicataria non potrà avanzare alcuna richiesta risarcitoria di nessun genere, neanche di mancato utile, né potrà ricorrere alla risoluzione del contratto”).
Il TAR, di conseguenza, respinge il ricorso ma per la particolarità della vicenda consente la compensazione delle spese processuali, con contributo unificato a carico della parte ricorrente.

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