12/07/2019 – gli acquerelli di Enrico Antonio Camerere

 

Una curva a gomito seguiva il fianco scosceso della montagna. Muri a secco chiudevano il margine destro della strada. Sopra, su un fianco della collina, sterpi e piante di fichi d’India. Si vedevano i frutti rossi e maturi che pendevano dalle spinose pale verdi. A sinistra un guardrail e giù una scogliera dove s’infrangevano delle onde che producevano una schiuma bianca. Il mare era di un blu così intenso che sembrava non ci fosse fondo. Per aria un odore selvaggio, quasi primordiale. La rocca di Scilla si ficcava nello stretto, come le dita di una mano verso l’amata. Il tempo era fermo, immobile. Nel cielo galleggiavano esili nubi, sembravano non avessero intenzione di spostarsi di lì. Il sole era caldo, lo si sentiva secco e implacabile sulla pelle. …

L’odore diventò pungente, acidulo, arrivò una ventata di mare che portò con sé la rappresentazione di conchiglie, alghe e pesci di profondità. Il gruppo di turisti si compattò e seguì ordinatamente l’uomo. La stradina si piegò un poco sulla destra e lo sfondo s’illuminò, mostrando sca glie d’argento in movimento, come un volo d’uccelli. Le onde sembravano volessero sbattere sul selciato, per renderlo ancora più nero e lucido. Ritmicamente l’acqua urtava sugli scogli neri, si sollevava una nube biancastra e profumata e si vaporizzava nel nulla. Il mare si era mostrato all’improvviso, con una pienezza e un effetto scenico da mozzare il fiato. Sulla destra la rocca del castello che guardava verso il basso come la testa di un’aquila. Di fronte una lingua di terra, dopo lo specchio d’acqua.  

Da “Barricate” di Enrico A. e Roberto Cameriere, Oakmond edizioni.

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