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Danno erariale per dirigente che firma l’atto e termine di prescrizione

di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
La Corte dei Conti, terza sezione giurisdizionale centrale di Appello, con la sentenza n. 117 del 17 giugno 2019, nel respingere il ricorso di un dirigente, ha chiarito i termini di responsabilità per danno erariale tra i soggetti interessati e il momento da cui decorre il termine di prescrizione dei fatti, che nel caso in esame coincide con la decorrenza in materia di indebite erogazioni quando il soggetto erogante e il soggetto concedente non coincidono.
Il caso
La Procura Regionale della Corte dei Conti ha preteso un danno di euro 35.961,72, costituito dal conguaglio, determinato dall’INPS, tra l’indennità di accompagnamento concessa dal Comune ad un contribuente e il minor importo del beneficio a lui spettante dalla stessa data, in base all’accertamento della Commissione Sanitaria che gli attribuiva il “codice 7”, “minore con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni ed i compiti propri della sua età, non sufficiente per il godimento della predetta indennità di accompagnamento”.
L’indebita erogazione è stata accertata dall’INPS con visita diretta sull’interessato; in citazione l’illecito erariale è stato addebitato al solo dirigente in quanto unico firmatario della determina dirigenziale di liquidazione dell’indennità , senza la partecipazione di altri funzionari al processo istruttorio o volitivo, e a titolo di colpa grave, evidenziata anche dal fatto che nelle premesse l’atto richiama il citato accertamento della Commissione; poiché l’indebita erogazione è emersa a seguito delle predette verifiche sanitarie straordinarie di invalidità civile e dell’esito della visita a cui il minore è stato sottoposto, la Procura ha ritenuto che nessuna prescrizione era maturata quanto al relativo danno poiché, in materia di indebite erogazioni, il dies a quo del termine prescrizionale deve essere individuato nel momento in cui l’ente erogatore ha avuto conoscenza del carattere indebito delle stesse.
Il dirigente si è costituito in giudizio eccependo la prescrizione del danno e chiedendo l’assoluzione, in quanto la determina sarebbe stata predisposta dal responsabile del procedimento in materia.
L’impugnata sentenza, respingendo l’eccezione di prescrizione e ritenendo sussistenti tutti i presupposti della sua responsabilità, ha condannato il convenuto per l’intera somma a lui addebitata, oltre rivalutazione monetaria dall’esborso.
Il dirigente è ricorso alla Corte dei Conti, sezione centrale con una seria articolate di motivazioni tra cui anche la richiesta dell’istituto della prescrizione per i fatti avvenuti.
L’analisi dei giudici contabili
Per i giudici contabili la censura relativa all’eccezione di prescrizione è infondata, ed il giudice ha dato corretta applicazione all’art. 1, comma 2, L. 14 gennaio 1994, n. 20, invocato dallo stesso appellante, e dei criteri interpretativi individuati dalla giurisprudenza consolidata.
Per l’appellante, l’uso dell’ordinaria diligenza da parte dell’INPS, che quale ente erogatore avrebbe dovuto esercitare il controllo documentale prima della prestazione economica, avrebbe consentito all’Istituto previdenziale l’immediata conoscenza dell’illecito, in quanto avrebbe rilevato che la concessione del beneficio non era nei limiti di quanto certificato dalla Commissione Medica.
I giudici contabili rilevano che la normativa speciale vigente in materia al momento dell’erogazione del beneficio (l’art. 47D.Lgs. n. 96 del 1999 e le successive deleghe regionali ai Comuni, attuative dell’art. 130 del D.Lgs. n. 112 del 1998, comma 3, “Trasferimenti di competenze relative agli invalidi civili”) attribuiva alle Regioni, e ove questi fossero stati delegati, ai Comuni, la competenza all’emissione del provvedimento di “concessione dei nuovi trattamenti economici a favore degli invalidi civili”. Pertanto, nel caso di specie è solo al Comune che tale provvedimento è riferibile, eccezion fatta per ciò che concerne gli accertamenti di carattere sanitario, i quali spettavano esclusivamente all’INPS e vincolavano l’ente concedente nelle valutazioni in merito alla corrispondenza dell’invalidità al tipo ed entità del beneficio spettante secondo le vigenti norme.
In tale quadro normativo, nell’ambito delle competenze dell’ente concedente rientrava non solo l’accertamento dei requisiti socio economici dell’istante, ma anche la determinazione del beneficio spettante nell’ambito delle diverse indennità e provvidenze previste dalla normativa speciale a favore degli invalidi: il verbale della Commissione Medica, difatti, si limita alla diagnosi del tipo e grado di invalidità, e l’INPS era competente per l’erogazione sulla base del provvedimento di concessione.
In virtù di tale struttura procedimentale, nel caso di specie spettava al Comune compiere tutti gli accertamenti istruttori e le valutazioni conseguenziali, esercitando un controllo di carattere endoprocedimentale e “preventivo” rispetto all’erogazione materiale del beneficio, e l’INPS non poteva ritenersi gravato di esercitare secondo “ordinaria diligenza” il controllo concernente la fase amministrativa di ogni singola determina di erogazione, controllo che concreterebbe una ulteriore fase, di controllo preventivo e endoprocedimentale, non prevista né dalla normativa generale, né da quella speciale in materia, né connaturale al tipo di procedimento , complesso, che era articolato nell’attribuzione di separate competenze a soggetti diversi e autonomi.
Solo con disposizioni entrate in vigore successivamente alla determina di concessione di cui si tratta (l’art. 20D.L. 1 luglio 2009, n. 78, conv. in L. 3 agosto 2009, n. 102, vigente a decorrere dal 1° gennaio 2010) il legislatore ha previsto sia l’integrazione delle Commissioni mediche delle Aziende sanitarie locali con un medico INPS quale componente effettivo, sia la competenza dell’INPS all’accertamento del beneficio, che deve essere richiesto all’Istituto ed è da questi concesso.
Da quando decorre la prescrizione
Secondo la consolidata giurisprudenza contabile e di legittimità l’art. 1, comma 2, L. n. 20 del 1994, nel costituire declinazione della regola generale sulla prescrizione dei diritti espressa nell’art. 2935 c.c., deve essere interpretato nel senso che la prescrizione non può decorrere prima che il “fatto” (cioè “l’evento” dannoso, costituito da condotta e depauperamento patrimoniale) sia conosciuto, o conoscibile secondo l’ordinaria diligenza, da parte dell’ente danneggiato. Dunque, per l’individuazione del dies a quo del termine prescrizionale nelle ipotesi non rientranti nei casi di occultamento doloso (nelle quali rileva la “conoscenza effettiva”, cioè la data di scoperta del danno dolosamente occultato), si deve avere a riferimento la “conoscibilità oggettiva” del danno, cioè il momento in cui l’ente danneggiato ha avuto conoscenza del depauperamento patrimoniale, o avrebbe potuto averne se avesse esercitato le proprie competenze con diligenza.
In applicazione di tali principi, nel caso di specie deve escludersi che il dies a quo della prescrizione possa identificarsi con l’erogazione del beneficio, poiché in questo particolare procedimento mancava, al momento dell’erogazione, una “conoscibilità oggettiva” dell’illecito da parte dell’ente erogatore: l’INPS non si identificava con l’ente concedente, al quale, per via del rapporto di immedesimazione organica dell’autore dell’illecito stesso, l’azione illegittima è riferibile; né era intestatario di poteri di controllo su di quello, né sul provvedimento conclusivo del procedimento.
Per la Corte dei Conti è, inoltre, corretta l’attribuzione al dirigente della colpa per l’intero illecito costituito dall’emissione di una illegittima e dannosa determina dirigenziale, nel caso in cui manchi del tutto l’evidenza della partecipazione alla fase istruttoria del responsabile del procedimento.
Nel caso di specie, la presenza della sola firma del dirigente sulla determina di concessione (fatto non contestato) è prova che questa è unicamente a lui riconducibile.
La formale attribuzione ad un funzionario titolare della qualifica di responsabile del procedimento in materia di invalidità civile all’interno del Comune non è elemento sufficiente, di per sé, a fondare una sua responsabilità per l’emissione di atti a conclusione di procedimenti nei quali non sia concretamente intervenuta.
La mancanza della firma del responsabile del procedimento prova, semmai, una maggior leggerezza del dirigente nel procedere all’emissione di una determina che non reca, come prescritto, l’attestazione della presenza di tutti i presupposti per la concessione del beneficio: tale, infatti, è la precipua funzione della firma del responsabile del procedimento, che proprio per tale attività di verifica, strumentale alla fase decisoria, assume la responsabilità di quanto accertato nella fase istruttoria.
Per questi motivi la Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale d’appello, definitivamente pronunziando, respinge l’appello.

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