12/06/2019 – Il preavviso di rigetto va applicato anche alle attività soggette a SCIA come gli impianti di telefonia

Il preavviso di rigetto va applicato anche alle attività soggette a SCIA come gli impianti di telefonia

di Marilisa Bombi – Giornalista, consulente autonomie locali
Il Consiglio di Stato, Sezione VI, con la sentenza n. 3453 depositata il 27 maggio 2019 ha ribaltato la decisione del Giudice di primo grado il quale aveva affermato che al procedimento ex art. 87-bisD.Lgs. n. 259 del 2003 ed in ragione della natura giuridica della SCIA (dichiarazione di volontà privata) non si applica l’art. 10-bisL. n. 241 del 1990. Ciò in quanto, in tal caso, sarebbe frustrata la finalità semplificatoria ed acceleratoria della disciplina dettata dal codice delle comunicazioni. Diverso, invece, il punto di vista dell’Organo di appello di giustizia amministrativa, il quale ha sostenuto che la disciplina ex art. 10-bisL. n. 241 del 1990 sia senz’altro applicabile al procedimento ex art. 87-bisD.Lgs. n. 259 del 2003, ovvero il codice delle comunicazioni, e ciò in virtù del precedente della III Sezione del Consiglio, che è stato pertanto fatto proprio dalla Sezione. Con la sentenza n. 418 del 2014, Sezione III, pronunciata in relazione ad un procedimento ex art. 87D.Lgs. n. 259 del 2003, ma valevole anche nel caso del procedimento ex art. 87-bis del decreto legislativo in questione, stante l’identità strutturale dei due procedimenti.
Aveva affermato, a tale proposito la Terza Sezione, che, l’art. 10-bisL. n. 241 del 1990, aggiunto dall’art. 6L. 11 febbraio 2005 n. 15(poi modificato dal comma 3 dell’art. 9L. 11 novembre 2011, n. 180), ha previsto che «nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale»”. Secondo la III Sezione del Consiglio di Stato: “Tale disposizione ha, quindi, introdotto, in via generale, nel nostro ordinamento l’istituto del preavviso di diniego, che ha la funzione di portare a conoscenza del soggetto che ha fatto una domanda all’amministrazione, i motivi che non consentono di poter accogliere la sua domanda in modo da consentire all’interessato, in via amministrativa e precontenziosa, di rappresentare all’amministrazione, nel termine assegnato, le ragioni che militano invece in favore dell’accoglimento della sua domanda” ed ancora: “si deve ritenere, quindi, in via generale, che la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento di una domanda interrompe anche i termini per la formazione di un eventuale silenzio assenso, in quei casi in cui l’ordinamento ha inteso assegnare al silenzio serbato dall’amministrazione su un’istanza il valore di assenso alla richiesta” ed, infine: “Né si può ritenere che tale disciplina non possa essere applicata nel procedimento, dettato dall’art. 87D.Lgs. n. 259 del 2003, per l’esame delle domande di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica, sebbene lo stesso procedimento sia chiaramente disciplinato in modo da consentirne la definizione in tempi certi e rapidi.”
La sentenza n. 3453 del 2019 del Consiglio di Stato può rappresentare oggi un importante passo in avanti nell’interpretazione dell’art. 10-bisL. n. 241 del 1990, tenuto conto dell’evoluzione giurisprudenziale riguardo tale norma, soprattutto in relazione a quelle fattispecie – com’è il caso del Codice delle comunicazioni elettroniche ex D.Lgs. n. 259 del 2003, antecedenti all’introduzione dell’istituto del preavviso di rigetto.
Relativamente all’argomento trattato, va menzionata la sentenza Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 552 del 2009 la quale afferma che: “Poiché l’art. 10-bisL. n. 241 del 1990 è stato introdotto dalla legge al fine di consentire il contraddittorio tra privato ed Amministrazione prima dell’adozione di un provvedimento negativo (quindi, far interloquire il privato sulle ragioni ritenute dall’Amministrazione ostative all’accoglimento dell’istanza) esso si deve ritenere applicabile a tutti i procedimenti ad iniziativa di parte, ad eccezione di quelli espressamente esclusi. Ma va segnalata anche la sentenza della Sezione V n. 8241 del 2010, nella parte in cui rileva che “La L. 7 agosto 1990, n. 241, è legge generale “sul procedimento amministrativo” e non “del procedimento amministrativo” e pertanto non trova applicazione allorquando il procedimento è regolato da speciali norme di settore, come nel caso del procedimento elettorale; è poi la stessa peculiare tempistica del procedimento elettorale a rendere incompatibile con quest’ultimo l’applicazione della norma dell’art. 10-bis della L. n. 241 cit.”. Ed anche la sentenza 1981 del 2010 della Sezione IV, nel senso che: “L’art. 10-bisL. n. 241 del 1990 esprime un principio di carattere generale la cui ratio (che è quella di consentire all’interessato, quand’anche abbia partecipato al procedimento, di interloquire prima delle definitive determinazioni sfavorevoli che l’Amministrazione procedente abbia maturato) vale anche per i procedimenti vincolati. Fermo restando, peraltro, il recente pronunciamento del Consiglio di giustizia amministrativa, sentenza n. 460 del 2016, per la parte in cui rileva che “L’istituto del preavviso di rigetto, di cui all’art. 10-bisL. n. 241 del 1990, ha finalità ed effetti diversi rispetto a quanto stabilito dall’art. 19, comma 3, della medesima legge. In primo luogo va rilevato che il preavviso di rigetto trova applicazione con riferimento alle istanze di parte che avviano un procedimento volto all’adozione di un provvedimento mentre l’art. 19, comma 3, è destinato ad operare solo con riferimento alle attività indicate in materia di SCIA poiché la presentazione di tali atti non è assimilabile ad un’istanza di parte ma è solo rivolta a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività direttamente consentita dalla legge.”

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