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Gli effetti dell’istanza di sanatoria sul procedimento di demolizione: la posizione della giurisprudenza

di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale

Una società agricola ha eseguito lavori di ampliamento di un terrazzo a servizio del fabbricato rurale con ricavo di cisterna per deposito acqua e formazione di una balaustra intorno a tutto il perimetro del terrazzo. Ulteriori opere riguardavano la ristrutturazione di un vecchio fabbricato rurale, con realizzazione di un bagno in aderenza al fabbricato con annesso terrazzo. Rispetto a tali lavori, l’Amministrazione comunale ha emesso un’ordinanza di demolizione e rimessione in pristino dello stato dei luoghi, considerandole abusivamente realizzate. Contro il provvedimento interdittivo è insorta la società, che lo ha impugnato davanti al T.A.R. per ottenerne l’annullamento.

Il giudizio davanti al Tribunale Amministrativo Regionale

Dalla ricostruzione dei fatti e dalla documentazione, è emerso che la ricorrente aveva presentato un’istanza di accertamento in conformità, corredata dal progetto predisposto dal tecnico incaricato, in epoca piuttosto risalente nel tempo. Il Tribunale, sul presupposto che è stata presentata istanza di sanatoria, ha ritenuto illegittima la sanzione finalizzata alla demolizione delle opere abusivamente realizzate e ha accolto il ricorso.

L’appello al Consiglio di Stato

Con la sentenza n. 1435 del 1 Marzo 2019, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello presentato dall’Amministrazione comunale.

In relazione alle opere abusive, costituisce fatto pacifico che la ricorrente in primo grado abbia presentato istanza di accertamento della conformità in tempi precedenti all’emissione dell’ordinanza di demolizione. A seguito dell’istanza di sanatoria, il Comune ha effettuato un sopralluogo e poi ha adottato l’ordinanza impugnata. Rispetto all’istanza presentata dal privato, va precisato che l’Amministrazione è rimasta in silenzio. Come ha spiegato il Collegio, il silenzio serbato su un’istanza di accertamento della conformità non costituisce silenzio-inadempimento, ma silenzio-rigetto. Ne consegue che una volta decorso il termine di conclusione del procedimento, non sussiste un obbligo di provvedere, in quanto ci troviamo già di fronte ad un provvedimento negativo da impugnare nell’ordinario termine di decadenza.

Ulteriori corollari del silenzio-rifiuto

Ma è possibile definire anche ulteriori corollari. Ad esempio, può accadere che nel corso dell’istruttoria avviata ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, intervenga la presentazione di una domanda di accertamento di conformità. Tuttavia, questa circostanza non paralizza i poteri sanzionatori comunali e non determina alcuna inefficacia sopravvenuta o invalidità di sorta dell’ingiunzione di demolizione. Di conseguenza, in pendenza del termine di decisione della domanda di sanatoria, l’esecuzione della sanzione è solo temporaneamente sospesa. Su questo passaggio la posizione della giurisprudenza è chiara ed unanime: la domanda di accertamento di conformità determina un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione. In caso di rigetto dell’istanza di sanatoria, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia (Cfr. Cons. di Stato n. 2681 del 2017Cons. di Stato n. 1565 del 2017Cons. di Stato n. 1393 del 2016Cons. di Stato n. 466 del 2015Cons. di Stato n. 2307 del 2014). Pertanto, in mancanza di tempestiva impugnazione del diniego tacito maturato per decorso del termine di sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza, l’ingiunzione di demolizione è eseguibile e non occorre l’emanazione di ulteriori atti sanzionatori. Possiamo anche considerare che, per altro verso, una volta conclusosi negativamente l’iter avviato con l’istanza di sanatoria ordinaria, sussistono i presupposti per l’adozione dei provvedimenti repressivi degli abusi.

Dunque, applicando questi principi al caso in esame, il Collegio ha rilevato che al momento dell’adozione dell’ordine sanzionatorio, l’istanza di sanatoria era già stata risolta negativamente a causa del superamento del termine di conclusione del procedimento senza che fosse stato adottato il provvedimento finale. In mancanza dell’elemento preclusivo, costituito dalla supposta pendenza del procedimento di sanatoria, l’ordine di demolizione era da considerarsi legittimo.

Aggiungiamo che le considerazioni formulate nei confronti del silenzio sull’istanza di Permesso di costruire in sanatoria, non si possono trasporre parallelamente nel caso in cui le opere abusive siano assoggettate a titolo abilitativo diverso, cioè a Scia, e che pertanto l’accertamento di conformità sia esperibile mediante una Scia in sanatoria. In questo ultimo caso, il decorso silenzioso del termine per esercitare il controllo, fissato in trenta giorni, è a favore e non contro l’interessato, il quale potrà vantare un affidamento sul titolo presentato proprio per il mancato intervento da parte del Comune nel termine previsto.

Altre considerazioni tratte dalla giurisprudenza sul rapporto tra procedimento di demolizione e sanatoria

E’ stato precisato di recente (T.A.R. Campania, Sentenza n. 1290 del 6 marzo 2019), che la presentazione di un’stanza di conformità in sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, non incide sull’efficacia dei provvedimenti di demolizione, che non è suscettibile di essere paralizzata dalla successiva presentazione di istanze di sanatoria (di accertamento di conformità, compatibilità paesaggistica o quant’altro). Queste non incidono sulla legittimità dei provvedimenti sanzionatori emanati, ma unicamente sulla possibilità dell’Amministrazione di portare ad esecuzione la sanzione, autonomamente valutando gli effetti delle sopravvenute istanze a detti fini. Alla luce di queste precisazioni, sembra che nell’ambito del procedimento vincolato preordinato alla demolizione degli immobili abusivi, un certo margine di discrezionalità residui rispetto alla valutazione degli effetti derivanti dalla pendenza di un’istanza di sanatoria. Un’ipotesi di sospensione imposta automaticamente ex lege è rinvenibile solo in seno alla legislazione dei condoni straordinari (artt. 38 e 44L. n. 47 del 1985 e rinvii ad essi operati dai successivi interventi normativi del 1994 e del 2003).

Sempre secondo costante orientamento giurisprudenziale, l’individuazione dell’area di sedime da acquisire al patrimonio comunale, in caso mancata spontanea esecuzione dell’ordine di demolizione, non deve necessariamente farsi nel provvedimento che impartisce l’ordine, potendo essere effettuata anche successivamente mediante distinto provvedimento, e precisamente in quello in cui viene accertata l’inottemperanza all’ordine impartito (Cons. di Stato, Sezione V, 7 luglio 2014, ribadita anche da Cons. di Stato n. 339 del 14 gennaio 2019.

Sulla natura vincolata del procedimento di demolizione di opere abusive e sul carattere di atto dovuto dell’ordinanza di ingiunzione, basti il rinvio all’Adunanza Plenaria 17 ottobre 2017, n. 9, secondo la quale il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Ne consegue che il provvedimento può ritenersi sufficientemente motivato con la stessa descrizione dell’abuso, in quanto unico presupposto che giustifica la misura sanzionatoria, senza la necessità di esplicitare la sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto alla demolizione, o il bilanciamento di questo con l’interesse del privato coinvolto. L’eventuale legittimità sostanziale delle opere, in rapporto al regime dell’area sulla quale accedono, deve necessariamente essere valutata nell’ambito di un procedimento di sanatoria, non potendosi gravare l’amministrazione dell’onere di valutare d’ufficio tale eventualità. Tanto si evince dall’art. 31 e dall’art. 27 D.P.R. n. 380 del 2001, che impongono all’amministrazione comunale di reprimere l’abuso, senza alcuna valutazione di sanabilità, nonché dall’art. 36, che rimette all’esclusiva iniziativa del privato l’attivazione del procedimento di accertamento di conformità urbanistica.

Sul termine entro il quale può essere utilmente presentata la sanatoria al fine di innescare anche solo una sospensione del procedimento finalizzato alla demolizione, basta applicare il combinato disposto dagli artt. 36, comma 1, e 31, comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001. Vale pertanto il termine di 90 giorni dall’emissione dell’ordinanza di ingiunzione, superato inutilmente il quale, opera l’acquisizione di diritto, che comporta accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.

Cons. di Stato, Sez. VI, 1 marzo 2019, n. 1435

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