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Adeguamento del compenso dei revisori dei conti degli enti locali

di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Serramazzoni e Vicesegretario Comunale

Il decreto interministeriale 21 dicembre 2018 ha provveduto ad aggiornare i limiti massimi del compenso base spettante ai revisori dei conti degli enti locali, fermi da 13 anni, ancorché il TUEL ne prevedesse un aggiornamento triennale; ciò, peraltro, operando un significativo incremento dei medesimi rispetto a quelli definiti nel precedente decreto 20 maggio 2005.

Il provvedimento in questione, peraltro, all’art. 1, comma 3, contempla l’ipotesi che, in relazione ai nuovi massimi introdotti, i consigli degli enti (comunali o provinciali e delle città metropolitane) provvedano ad un eventuale adeguamento dei compensi precedentemente deliberati, in ogni caso escludendone qualsiasi effetto retroattivo.

In ragione di quanto rappresentato e, in particolare, del problematico rapporto di tale ultima disposizione con la previsione di cui all’art. 241, comma 7, TUEL, un Comune, ai sensi all’art. 7, comma 8, L. 5 giugno 2003, n. 131, ha formulato alla Corte dei conti un quesito volto a sapere se, considerato il sopravvenire del nuovo D.I. 21 dicembre 2018, “sia legittimo per l’organo assembleare del Comune intervenire al fine di adeguare il compenso del Collegio dei Revisori, assumendo nuove valutazioni di congruità e decisioni sulla base di un mutato contesto normativo che modifica radicalmente i valori dei compensi massimi attribuibili“.

L’adita Corte dei conti-Liguria, con delibera 22 febbraio 2019, n. 20, afferma che, di norma, la concreta determinazione dei compensi dei revisori stabilita con la delibera di nomina non possa subire modifiche durante il periodo di svolgimento dell’incarico così che, secondo il disegno del legislatore, i previsti aggiornamenti triennali dei limiti massimi del compenso base dei revisori, disposti per via ministeriale, non possono comportare per gli enti locali il conseguente adeguamento dei compensi degli organi già in carica, i quali invece restano fissati nella misura già deliberata in origine.

Ciò posto, deve però altresì ritenersi che la tendenziale indefettibilità della determinazione disposta all’atto della nomina incontra un limite (od eccezione) che è ricavabile dalla speciale disciplina applicabile alla materia: si tratta dell’eventualità in cui, in conseguenza di mutamenti di qualunque natura concernenti il contesto ordinamentale o fattuale in cui si sviluppa l’incarico del revisore, la misura del compenso inizialmente deliberata dall’ente locale si manifesti chiaramente non più rispondente ai limiti minimi di congruità ed adeguatezza che, anche sulla base di principi derivanti dall’ordinamento comunitario, sono considerati esistenti in materia; in tal caso, pertanto, l’ente può considerarsi legittimato a procedere alle nuove necessarie valutazioni e poi ad intervenire per riportare detto compenso ad un livello conforme ai suddetti parametri minimi.

Nell’ottica di tale opzione interpretativa – che privilegia tra le possibili chiavi di lettura quella che consente di attribuire al diritto interno un significato conforme ai principi di derivazione comunitaria o, quantomeno, compatibile con essi -, trova coerenza logica, oltre che i limiti di applicazione, anche la previsione di cui al citato art. 1, comma 3, D.I. 21 dicembre 2018, concernente l’eventuale adeguamento dei compensi dei revisori in carica in relazione ai nuovi limiti massimi aggiornati.

Mentre in condizioni di normale sviluppo del sistema, ovvero con aggiornamenti ministeriali dei limiti massimi in questione che intervengano secondo la prevista cadenza triennale, siano da escludersi conseguenti modifiche ai compensi effettivamente già deliberati, la situazione creatasi con il D.I. 21 dicembre 2018 presenta caratteri di straordinarietà, per via dei già evidenziati profili legati al lungo tempo trascorso dal precedente aggiornamento (oltre tredici anni in luogo dei tre previsti dalla norma), alla notevole espansione dei compiti intestati ai revisori degli enti locali alla luce della legislazione nel frattempo intervenuta e, infine, alla conseguente previsione di consistenti aumenti dei limiti massimi dei compensi base dei revisori con la dichiarata finalità di assicurare il pieno rispetto dei principi dell’ordinamento in materia di equo compenso.

Essendo, questi, tutti fattori in grado di condurre, per riflesso, a ritenere non più attuali le valutazioni di adeguatezza dei compensi in precedenza assunte dagli enti sulla base dei precedenti valori massimi, il nuovo decreto, per l’appunto, ne consente la ripetizione parametrata ai nuovi limiti in vista dell’eventuale adeguamento dei compensi medesimi.

Ciò vale, in special modo, con riferimento a situazioni del genere in cui si trova anche il Comune istante, dove, all’atto della nomina dei revisori in carica, il relativo compenso non era stato stabilito nell’importo corrispondente al limite massimo allora vigente, bensì in un importo inferiore, determinato in base a specifico scrutinio di congruità che quel limite massimo assumeva soltanto come valore di riferimento: in tali casi, infatti, si rivela assai più probabile che la misura della remunerazione che appariva congrua e adeguata allora, si riveli non più tale alla luce del nuovo D.I. 21 dicembre 2018.

Per quanto finora esposto, conclude, la Corte, risulta chiaro che l’eventuale adeguamento consentito dev’essere invece contenuto nei limiti di quanto risulti necessario per assicurare, anche nei confronti dei revisori già in carica, il rispetto del principio dell’equo compenso, e quindi entro un parametro di congruità ed adeguatezza da determinarsi in rapporto alla prestazione professionale richiesta, atteso che la possibilità offerta dalla disposizione ministeriale costituisce un’eccezione rispetto alla regola di cui all’art. 241, comma 7, TUEL, circa l’intangibilità delle determinazioni assunte nella delibera di nomina, alla cui ratio di contenimento dei costi deve comunque uniformarsi.

Corte dei conti-Liguria, Sez. contr., Delib., 22 febbraio 2019, n. 20

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