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La riscossa dell’ente di mezzo  

di Eugenio Bruno – Il Sole 24 Ore – 11 Febbraio 2019

Governo che vai riforma delle province che trovi. Dall’ arrivo di Mario Monti a Palazzo Chigi in poi tutti (o quasi) gli esecutivi che si sono succeduti alla guida del paese hanno messo nel mirino le Province. Di volta in volta, per accorparle, ridurle o svuotarle. All’ elenco si aggiunge ora la coalizione gialloverde. Governo che vai riforma delle province che trovi. Dall’ arrivo di Mario Monti a Palazzo Chigi in poi tutti (o quasi) gli esecutivi che si sono succeduti alla guida del paese hanno messo nel mirino le Province. Di volta in volta, per accorparle, ridurle o svuotarle. All’ elenco si aggiunge ora la coalizione gialloverde.

L’ obiettivo dichiarato del governo Conte è quello di rimettere mano alla riforma Delrio del 2014 che ha trasformato le amministrazioni provinciali in enti di secondo livello. Tagliandone competenze e risorse. Come confermano due numeri su tutti: tra il 2012 e il 2018 le entrate proprie delle amministrazioni provinciali si sono ridotte del 60%; i dipendenti sono diminuiti di 16mila unità (2.564 sono andati in pensione, 5.505 sono stati trasferiti presso i centri per l’ impiego, 720 sono stati ricollocati presso ministeri o tribunali e altri 7.185 sono stati smistati direttamente dalle Regioni).

Un quadro che appare destinato a mutare. Come annunciato nei giorni scorsi da Matteo Salvini. In una lettera al presidente uscente dell’ Upi Achille Variati – il cui successore sarà scelto nell’ ambito dell’ assemblea congressuale che si terrà a Roma e che vede in pole il presidente di Ravenna, Michele de Pascale – il ministro dell’ Interno ha confermato lo sblocco dei 250 milioni annui dal 2019 al 2033 per la manutenzione di strade e scuole. Precisando che è solo il «primo passo di un disegno complessivo» per «ridare dignità a una istituzione che svolge un servizio fondamentale per il territorio». Il tema è già sulla scrivania del governo.

Presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali è stato istituito il «tavolo tecnico-politico per la redazione di linee guida finalizzate all’ avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinamento delle province e delle città metropolitane, al superamento dell’ obbligo di gestione associata delle funzioni e alla semplificazione degli oneri amministrativi e contabili a carico dei comuni, soprattutto di piccole dimensioni». Con una riunione già fissata per giovedì 14 febbraio a cui parteciperà il sottosegretario leghista all’ Interno, Stefano Candiani. In quella sede dovrebbero arrivare le prime risposte alle richieste dell’ Upi. Sia finanziarie, per assicurare le risorse necessarie alla copertura delle spese per le funzioni fondamentali e a pianificare un piano di investimenti per i ponti. Sia istituzionali, per superare almeno i mandati differenziati per presidenti e consigli.

E chissà se le aperture dell’ esecutivo non si spingano fino a trasformare nuovamente le province in assemblee elette direttamente dai cittadini. E non solo dai sindaci e dai consiglieri comunali come previsto dalla legge Delrio. Con l’ election day del 31 ottobre 2018 sono stati eletti, con voto di secondo livello 47 presidenti di provincia e 27 consigli provinciali. Tra l’ 8 gennaio e la fine di aprile 2019 ne verranno rinnovati altri 42. A quel punto, dei 76 enti di area vasta che dopo la legge 56 del 2014 albergano nelle regioni ordinarie, all’ appello ne mancheranno solo sette, che andranno al voto tra la fine del 2019 e il 2021. Nel complesso a prevalere è ancora il centrosinistra con 45 presidenti contro i 31 di centrodestra (Lega inclusa). Senza alcun rappresentante dei 5 Stelle, notoriamente allergici a candidare uno dei loro sindaci alla guida degli “enti di mezzo”.

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