Print Friendly, PDF & Email

Clausola sociale – Qual è l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente?

di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics

Adito per la riforma della sentenza del T.A.R. Basilicata, Sez. I, n. 100 del 2018, concernente una gara d’appalto per la pulizia e la sanificazione ambientale, la raccolta e il trasporto rifiuti presso un presidio ospedaliero, il Collegio di Spada tratta i temi della clausola sociale e del giudizio di anomalia.

Quello della clausola sociale è un istituto che riveste carattere eccezionale sicché se ne deve fornire una interpretazione restrittiva ed una applicazione solo in casi specifici e motivati (compatibili con le esigenze di tutela lavoristica sottese alla sua enucleazione).

Precisamente, quanto al contenuto di detta clausola, l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che già operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, purché il loro numero, e la loro qualifica, siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante.

Quei lavoratori che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante, e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali.

Quindi la clausola in esame:

– persegue la prioritaria finalità di garantire la continuità dell’occupazione in favore dei medesimi lavoratori già impiegati dall’impresa uscente nell’esecuzione dell’appalto,

– è costituzionalmente legittima, quale forma di tutela occupazionale ed espressione del diritto al lavoro (art. 35 Cost.), se si contempera con l’organigramma dell’appaltatore subentrante e con le sue strategie aziendali, frutto, a loro volta, di quella libertà di impresa pure tutelata dall’art. 41 Cost.,

– non deve trasformarsi, da elemento afferente all’esecuzione dell’appalto in un elemento tendenzialmente preclusivo della partecipazione.

Peraltro «una volta che la detta clausola sia stata richiamata dal bando, essa assume portata cogente, sia per gli offerenti che per l’Amministrazione» (Cons. di Stato, Sez. IV, 2 dicembre 2013, n. 5725).

Si è affermato in giurisprudenza che «la c.d. clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando, altrimenti, essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 della Costituzione, che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto”, per cui “tale clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente» (Cons. di Stato, Sez. III, 30 marzo 2016, n. 1255; v. anche: Cons. di Stato, Sez. V, 14 giugno 2017, n. 2900; id. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 19 maggio 2017, n. 5999).

Più di recente: «”l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante; i lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali; la clausola non comporta invece alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (cfr. Cons. di Stato, Sez. III, n. 1255 del 2016Cons. di Stato, n. 5598 del 2015; vedi anche, Cons. di Stato, Sez. IV, n. 2433 del 2016)” (così Cons. di Stato, Sez. III, 5 maggio 2017, n. 2078)» (Cons. di Stato, Sez. V, 17 gennaio 2018, n. 272).

Passando al tema dell’anomalia dell’offerta non può non farsi almeno un cenno all’insegnamento facente capo all’A.P. del Cons. di Stato, 29 novembre 2012, n. 36 e alla successiva, copiosa, giurisprudenza per cui l’attendibilità dell’offerta deve essere valutata nel suo complesso, e non già con riferimento a singole voci di prezzo eventualmente ritenute incongrue, avulse dall’incidenza che potrebbero avere sull’offerta economica nel suo insieme (Cons. di Stato, Sez. V, 17 gennaio 2014, n. 162Cons. di Stato, Sez. V, 26 settembre 2013, n. 4761Cons. di Stato, Sez. V, 22 febbraio 2011, n. 1090

Quanto poi al sindacato del Giudice Amministrativo si precisa in sentenza come esso possa riferirsi alle valutazioni svolte dalla stazione appaltante (in sede di verifica dell’anomalia) solo nei limiti della loro intrinseca logicità e ragionevolezza, oltre che della congruità della relativa istruttoria; non può in alcun modo il sindacato del Giudice tradursi in una nuova verifica di merito, trattandosi di questione riservata all’esclusiva discrezionalità (tecnica) dell’amministrazione.

Né lo stesso Giudice può operare autonomamente una verifica delle singole voci dell’offerta, sovrapponendo così la sua idea tecnica al giudizio (non erroneo né illogico) formulato dall’organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell’interesse pubblico nell’apprezzamento del caso concreto, poiché, così facendo, il Giudice invaderebbe una sfera propria della P.A. (Cons. di Stato, Sez. IV, 27 giugno 2011, n. 3862Cons. di Stato, Sez. V, 28 ottobre 2010, n. 7631).

E’ poi acquisito in giurisprudenza anche l’ulteriore punto per cui il giudizio di anomalia postula una motivazione rigorosa ed analitica ove si concluda in senso sfavorevole all’offerente, mentre non si richiede una motivazione analitica nell’ipotesi di esito positivo della verifica di anomalia, nel qual caso è sufficiente motivare per relationem con riferimento alle giustificazioni presentate dal concorrente (sempre che a loro volta adeguate).

Di conseguenza, in questa seconda evenienza, incombe su chi contesti l’aggiudicazione l’onere di individuare gli specifici elementi da cui il Giudice Amministrativo possa evincere che la valutazione tecnico-discrezionale dell’Amministrazione sia stata manifestamente irragionevole, ovvero basata su fatti erronei o travisati (Cons. di Stato, Sez. VI, 3 novembre 2010, n. 7759Cons. di Stato, Sez. V, 22 febbraio 2011, n. 1090).

Infine, secondo l’approdo della giurisprudenza (Cons. di Stato, Sez. V, 27 settembre 2017, n. 4527):

a) il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta non mira ad individuare specifiche e singole inesattezze nella sua formulazione ma ad accertare in concreto che la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto;

b) esso è espressione di ampia discrezionalità;

c) al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero (fatte sale le ipotesi di partecipazione delle figure del c.d. “terzo settore”), non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala (Cons. di Stato, Sez. V, 29 maggio 2017, n. 2556Cons. di Stato, Sez. V, 13 febbraio 2017, n. 607Cons. di Stato, Sez. V, 25 gennaio 2016, n. 242);

d) non è sufficiente a rendere incongrua un’offerta il solo fatto che alcuni dei suoi elementi costitutivi risultino anormalmente bassi, ma è necessario che la riscontrata sottostima dei costi sia tale da erodere completamente l’utile dichiarato (Cons. di Stato, 29 maggio 2017, n. 2556);

e) grava su colui che voglia denunciare l’anomalia dell’offerta l’onere di allegare, con specifico e dettagliato motivo, quale sia il maggior costo complessivamente da sostenere per l’esecuzione della commessa e quale la sua incidenza sull’utile prospettato (Cons. di Stato, Sez. V, 12 maggio 2017, n. 2228).

Cons. di Stato, Sez. III, 7 gennaio 2019, n. 142

Torna in alto