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Liberalizzazione delle farmacie: atto di esclusiva competenza del Comune
di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Intervenuto in materia di revisione della pianta organica delle farmacie, con istituzione di nuova sede farmaceutica, l’adito Collegio di Palazzo Spada osserva – nella sentenza qui in esame – come alla luce dell’attuale quadro normativo di riferimento (D.L. n. 1 del 2012 – conv., con mod., nella L. n. 27 del 2012) lo strumento pianificatorio (già definito pianta organica sotto il vigore delle vecchia normativa) non deve essere più inteso quale atto complesso che si perfeziona con il provvedimento di un ente sovracomunale (Regione, ovvero Provincia), bensì come un atto di esclusiva competenza del Comune (Giunta comunale); così è sia in sede di prima applicazione del D.L. n. 1 del 2012 si con riferimento alle successive revisioni periodiche.
Peraltro, la giurisprudenza «di questa Sezione (a partire dalla sentenza 3 aprile 2013, n. 1858) ha affermato che, sebbene la nuova legge non faccia riferimento alla pianta organica, compete comunque al Comune “la formazione di uno strumento pianificatorio che sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome” (Cons. Stato, sez. III, 31 maggio 2013 n. 2990Cons. Stato, sez. III, 3 aprile 2013 n. 1858; Cons. Stato, sez. III, 1 marzo 2013 n. 751)» (Cons. Stato, sez. III, 19 settembre 2019, n. 6237).
Il Legislatore della riforma, nell’ottica di potenziare l’offerta del servizio distributivo farmaceutico in favore della utenza, ha inteso stimolare la concorrenza così, di fatto, derogando al pregresso quadro normativo di riferimento.
Si è quindi stabilito, da un lato, che i Comuni individuino le nuove sedi di farmacie nelle aree meno servite, o con maggiore accesso di potenziali utenti, e, dall’altro lato, che le Regioni (chiamate ad intervenire in via sostitutiva a fronte della, eventuale, inadempienza dei Comuni), debbano bandire un unico concorso-straordinario per soli titoli, per la copertura delle nuove sedi farmaceutiche, che vanno ad aggiungersi alla ordinaria programmazione territoriale, che quindi non viene meno.
Peraltro, si è precisato che la ratio sottesa alla riforma di liberalizzazione – che come detto è quella di garantire un più agevole accesso degli utenti al servizio farmaceutico – non si traduce, da un lato, nell’obbligo di allocare nuove sedi di farmacia in zone disabitate, né, tantomento, dall’altro lato, nel vietare la sovrapposizione geografica e demografica delle nuove zone con quelle di pertinenza delle farmacie già esistenti. La riforma, in altri termini, vuole realizzare «l’obiettivo “di assicurare un’equa distribuzione sul territorio”» (Cons. Stato, sez. III, 4 ottobre 2017, n. 4629).
Si è detto, in sensi conforme, più di recente:
– «la finalità di garantire l’accessibilità degli utenti al servizio distributivo dei farmaci non può significare che occorra procedere all’allocazione delle nuove sedi di farmacia in zone disabitate o del tutto sprovviste (di farmacie), né può significare che debba essere evitata la sovrapposizione geografica e demografica con le zone di pertinenza delle farmacie già esistenti, essendo, invece, fisiologica e del tutto rispondente alla ratio della riforma (art. 11D.L. n. 1 del 2012) l’eventualità che le nuove zone istituite dai Comuni o dalle Regioni incidano sul bacino d’utenza di una o più sedi preesistenti. La riforma, in altri termini, vuole realizzare l’obiettivo di assicurare un’equa distribuzione sul territorio e, solo in via aggiuntiva, introduce il criterio che occorre tener altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate» (Cons. Stato, sez. III, 7 agosto 2019, n. 5617);
– «non può pretendersi che la “nuova sede venga localizzata, necessariamente, in una zona periferica, lontana il più possibile dalla sede della farmacia “storica” del paese, al fine di al fine di ridurre al massimo lo sviamento di clientela”, atteso che “la c.d. liberalizzazione delle farmacie, perseguita dal D.L. n. 1 del 2012, non comporta che il Comune preveda l’allocazione delle nuove farmacie con priorità nelle zone scarsamente abitate, ma che realizzi l’obiettivo “di assicurare un’equa distribuzione sul territorio” e, solo in via aggiuntiva, introduce il criterio aggiuntivo che occorre tener “altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 11 luglio 2018, n. 4231)» (T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 29 luglio 2019, n. 409).
Con la riforma del 2012 quindi il Legislatore, in via di estrema sintesi:
– modifica i parametri numerici (una farmacia ogni 3.300 abitanti);
– disciplina il concorso straordinario;
– intensifica l’istituzione di sedi farmaceutiche in chiave di una maggiore concorrenza.
Il parametro di una farmacia ogni 3.300 abitanti è dettato dalla legge solo ai fini della determinazione del numero complessivo di farmacie spettanti al Comune, e non anche al fine di dimensionare con precisione le aree assegnate alle singole sedi farmaceutiche; gli utenti, invero, sono sempre liberi di rivolgersi a qualsivoglia farmacia, non essendo tenuti a servirsi di quella territorialmente competente secondo la loro residenza (Cons. Stato, sez. III, n. 22/2016).
L’art. 11D.L. n. 1/2012, come insegna la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. III, n. 2539/2017), identifica la causa e il fine del potere pubblico, ma non detta alcun vincolo sui contenuti, salvo quello della popolazione residente, riferito alla popolazione complessiva del Comune ai soli fini del numero di autorizzazioni consentite: il modo in cui realizzare e comporre tali finalità spetta pertanto alla scelta dell’Amministrazione.
In presenza di discrezionalità amministrativa – e non tecnica – il sindacato del Giudice Amministrativo è pertanto di tipo estrinseco e deve arrestarsi non solo dinanzi alle scelte equivalenti, ma anche dinanzi a quelle meno attendibili, purché non irragionevoli.
La dislocazione delle sedi farmaceutiche sul territorio comunale è frutto pertanto di ampia discrezionalità e le scelte effettuate a questo riguardo dall’autorità competente – benché opinabili per definizione – non sono sindacabili se non per manifesta irrazionalità (Cons. Stato, sez. III, 25 febbraio 2014, n. 915).
Nel solco di questa opzione interpretativa si pone anche la sentenza qui in esame dove si sottolinea come, attribuendo ai Comuni il compito di individuare le zone in cui allocare le farmacie, si sia inteso garantire un ordinato assetto del territorio ed i bisogni effettivi della collettività locale ad un’equa distribuzione delle farmacie sul territorio (con accesso al servizio farmaceutico anche in favore dei cittadini residenti in aree scarsamente abitate).
Si è precisato: «la centralità dell’ente territoriale, all’evidenza giustificata dalla piena conoscenza della realtà territoriale e della sua evoluzione, deve assumere necessariamente rilievo (…) sia nella prevista fase della programmazione (per il tramite della nuova procedura di approvazione delle piante organiche), sia, a fortiori, negli atti di concreta allocazione dei decentramenti e dei trasferimenti, la cui valenza essenziale … è di evidenza solare» (Cons. Stato, sez. III, 19 aprile 2018, n. 2379).
La giurisprudenza riconosce, poi, la legittimazione e l’interesse al ricorso in capo ai farmacisti titolari di sede, nel caso di provvedimenti istitutivi di una nuova sede farmaceutica nello stesso Comune, idonei a comportare lo sviamento di clientela.
La modifica della pianta organica per effetto dell’istituzione di una nuova sede farmaceutica incide sulla zona di competenza delle farmacie preesistenti, recando un evidente pregiudizio ai relativi titolari di sede che, per effetto della nuova istituzione, si vedono ridotta la perimetrazione della propria zona.
Al contempo si è osservato che «la riattivazione di una sede farmaceutica, vacante da anni, non lede la posizione giuridica dei titolari delle sedi limitrofe, in quanto detta posizione si configura come di mero fatto, non traendo origine dalla pianta organica diretta a perseguire la migliore e più capillare allocazione del servizio farmaceutico» (Cons. Stato, sez. III, 8 settembre 2016, n. 3829).

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