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Sulla natura giuridica del provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera abusiva

di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato si sofferma sulla natura giuridica del provvedimento (art. 31D.P.R. n. 380 del 2001) che dispone l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune dell’opera edilizia abusiva per la quale non si sia ottemperato – nei termini di legge (90 giorni) – all’ordinanza di rimessione in pristino precisando come si tratti di una sanzione «autonoma» (che scatta a seguito della mera inottemperanza all’ordinanza di demolizione).
Il provvedimento de quo non implica l’esercizio di alcuna discrezionalità da parte della P.A. essendo dovuto ex lege e ad esso essendo sotteso ipso iure l’«effetto traslativo della proprietà» (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 10 gennaio 2014, n. 159; T.A.R. Lazio, Latina, 26 marzo 1997, n. 236).
La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito da tempo che l’acquisizione gratuita al patrimonio del comune dell’area sulla quale insiste la costruzione abusiva «non è una misura strumentale per consentire al Comune di eseguire la demolizione, né una sanzione accessoria di questa, bensì costituisce una sanzione autonoma che consegue ad un duplice ordine di condotte, poste in essere da chi, dapprima esegue un’opera abusiva e, poi, non adempie all’obbligo di demolirla» (Cons. Stato, Sez. VI, 1 marzo 2018, n. 1263).
La responsabilità da cui discende la sanzione in questione non è soltanto quella di aver posto in essere le opere abusive, ma anche quella di non essersi attivati per rimuoverle.
Il provvedimento di acquisizione non deve essere necessariamente preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con riferimento al quale non sono richiesti apporti partecipativi del destinatario ed il cui presupposto è costituito unicamente dalla constatata mancata ottemperanza al precedente ordine di demolizione (Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1179T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 21 giugno 2013, n. 3203).
Per tali motivi detto provvedimento – secondo alcuna giurisprudenza – non è soggetto a specifici obblighi motivazionali sulle ragioni di pubblico interesse che assistono e legittimano l’estensione dell’acquisizione per la parte di terreno ulteriore rispetto allo stretto spazio di superficie occupato dalle opere abusive (Cons. Stato, Sez. VI, 5 aprile 2013, n. 1881).
Si è precisato: «”l’acquisizione gratuita costituisce una misura di carattere sanzionatorio, che consegue automaticamente all’inottemperanza all’ordine di demolizione; in senso ostativo all’acquisizione (…) non può assumere quindi rilevanza né il tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso, né l’affidamento eventualmente riposto dall’interessato sulla legittimità delle opere realizzate, né l’assenza di motivazione specifica sulle ragioni di interesse pubblico perseguite attraverso l’acquisizione” (Cons. Stato, Sez. V, 7 agosto 2014, n. 4213T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 4 dicembre 2015, n. 3198TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 4 settembre 2015, n. 4322)» (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-quater, 13 giugno 2019, n. 7681)
Unico limite che incontra tale provvedimento – secondo quanto affermato dai Giudici di Palazzo Spada nella sentenza qui in esame – è dato dal non poter essere disposto nei confronti del proprietario incolpevole, cioè estraneo alla commissione dell’abuso edilizio, ovvero che, una volta a conoscenza del fatti, si sia adoperato per impedirlo con tutti gli strumenti che l’ordinamento giuridico mette a disposizione.
La giurisprudenza, invero, ha affermato in modo pacifico che «in materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario, la posizione di quest’ultimo può ritenersi neutra rispetto alle sanzioni previste dalla L. n. 47 del 1985 ed ora dal D.P.R. n. 380 del 2001, anche con riferimento all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene, a condizione che risulti, in modo inequivocabile, la sua estraneità rispetto al compimento dell’opera abusiva ovvero risulti che essendone venuto a conoscenza si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offerti dall’ordinamento” (Cons. Stato, Sez. IV, n. 4547 del 2017Cons. Stato, Sez. VI, n. 358 del 2016)» (Cons. Stato, Sez. II, 13 giugno 2019, n. 3962)
Ed ancora: «Quanto alla affermata mancanza di qualsiasi responsabilità dei ricorrenti nella realizzazione dell’abuso ed alla asserita impossibilità per l’Amministrazione Comunale di disporre nei loro confronti l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera abusiva e dell’area di sedime occorre evidenziare, da un lato, che “in materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario, la posizione del proprietario si ritiene neutra rispetto all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime su cui insiste il bene, quando risulti, in modo inequivocabile, la completa estraneità del proprietario stesso al compimento dell’opera abusiva (oppure che, essendone venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall’ordinamento)” (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-quater, 1 settembre 2018, n. 9116), dall’altro lato che “l’inottemperanza all’ordine demolitorio integra un illecito diverso ed autonomo dalla commissione dell’abuso edilizio, del quale può rendersi responsabile anche il proprietario, qualora risulti che abbia acquistato o riacquistato la disponibilità del bene e non si sia attivato per dare esecuzione all’ordine di demolizione, o qualora emerga che, pur essendo in grado di dare esecuzione all’ingiunzione, non vi abbia comunque provveduto. L’acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del Comune, conseguente all’inottemperanza all’ordine demolitorio, costituisce, quindi, una sanzione in senso improprio, non avente carattere personale, ma reale, essendo adottata in funzione di accrescere la deterrenza rispetto all’inerzia conseguente all’ordine demolitorio e di assicurare, al contempo, l’effettività del provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi e la soddisfazione del prevalente interesse pubblico all’ordinato assetto del territorio” (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 29.11.2018 n. 1141)» (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 13 giugno 2019, n. 7701).
Una recente sentenza del Consiglio di Stato quanto all’acquisizione dell’ulteriore area «necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive» di cui al comma 3 dell’art. 31D.P.R. n. 380 del 2001, «in parziale difformità con l’evidenziato filone giurisprudenziale che nega la necessità di motivare in ordine all’acquisizione dell’area necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quella abusiva, ritiene di dover aderire ad un altro orientamento giurisprudenziale espresso dalla Sezione (di recente T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 1 settembre 2011, n. 4259; nello stesso senso T.A.R. Campania, Sez. VI, 20 aprile 2005, n. 4336) secondo il quale mentre per l’area di sedime l’automatismo dell’effetto acquisitivo rende superflua ogni motivazione e specificazione sul punto, l’individuazione di un’area ulteriore da acquisire va, volta per volta, motivata con l’esplicitazione delle ragioni che rendono necessario disporre l’ulteriore acquisto ed i criteri di determinazione di detta area.
A tale riguardo la circostanza, che il legislatore non abbia predeterminato l’ulteriore area acquisibile, ma si sia limitato a prevedere che tale area “non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”, può spiegarsi solo ipotizzando che l’ulteriore acquisto sia funzionale e strumentale rispetto all’acquisto del bene abusivo e della relativa area di sedime.
In altri termini – non potendosi ragionevolmente ritenere che il legislatore abbia affidato al puro arbitrio dell’Amministrazione la determinazione dell’ulteriore area acquisibile – la circostanza che sia stata predeterminata solo la superficie massima di tale area (comunque non superiore a dieci volte quella abusivamente costruita) può spiegarsi solo ipotizzando che l’ulteriore acquisto sia necessario al fine di consentire l’uso pubblico del bene abusivo acquisito al patrimonio comunale. Ne consegue che il nesso funzionale tra i due acquisti implica che l’Amministrazione sia tenuta a specificare, volta per volta, in motivazione le ragioni che rendono necessario disporre l’ulteriore acquisto (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 1 settembre 2011, n. 4259)» (Cons. Stato, Sez. VI, 11 giugno 2019, n. 3916).

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