11/01/2019 – I comuni che hanno conferito tutte le funzioni all’Unione hanno ancora poteri decisionali? L’esperienza dell’Unione della Romagna Faentina.

Azienditalia, 2019, 1, 90 (dottrina)

I comuni che hanno conferito tutte le funzioni all’Unione hanno ancora poteri decisionali? L’esperienza dell’Unione della Romagna Faentina.

di Claudio Facchini – Coordinatore dell’Unione della Romagna Faentina e Cristina Randi – Dirigente del Settore Finanziario dell’Unione della Romagna Faentina

Nel caso di conferimento di funzioni e servizi all’Unione, il principio di “integralità” del conferimento vorrebbe che le competenze degli organi dei Comuni fossero esercitate dagli organi dell’Unione. Se il conferimento è totale, per conseguire maggiore efficienza, è evidente lo svuotamento “improprio” di poteri degli organi dei Comuni. Come è possibile conservare in capo ai Comuni la rappresentanza delle comunità locali, con l’esercizio di poteri decisionali, riferiti alle funzioni conferite? L’articolo descrive la risposta data dall’Unione della Romagna Faentina.

Sommario: Le Unioni: sintesi delle norme di riferimento – Il dibattito sull’attribuzione delle competenze politiche degli organi dell’Unione e agli organi dei Comuni – Il problema della rappresentanza delle comunità locali nel governo delle funzioni e dei servizi conferiti all’Unione – Il modello di governance politico-istituzionale dell’Unione della Romagna Faentina – Il sistema delle competenze decisionali – Il supporto tecnico-amministrativo alle decisioni degli organi dei Comuni e dell’Unione – Sul tema della partecipazione dei Consiglieri comunali e degli Assessori comunali alle decisioni politiche e strategiche dell’Unione – La disciplina relativa al ruolo degli Assessori comunali nell’Unione – La procedimentalizzazione specifica di decisioni particolari – Il procedimento di definizione ed elaborazione del DUP – Il procedimento di elaborazione dei bilanci – Il procedimento di elaborazione del bilancio consolidato – Il procedimento di approvazione di opere pubbliche – Tavola 1 – Schema della governance istituzionale

 

“Ma con il conferimento di tutte le funzioni all’Unione, i Comuni non hanno più poteri? Non si provoca uno svuotamento improprio, che confligge con il principio di rappresentatività espressa dagli Organi dei Comuni?”

 

 

Con queste parole terminava l’articolo che abbiamo scritto sul n. 12/2018 della Rivista, intitolato “Unione di Comuni: è possibile conferire tutte le funzioni? L’esperienza dell’Unione della Romagna Faentina”. Con questo secondo articolo analizziamo la problematica dal punto di vista giuridico e descriviamo il modello di governance politico-istituzionale ideato nell’Unione della Romagna Faentina. Mentre scriviamo, il modello è in fase di traduzione in disposizioni dello statuto dell’Unione. In questo percorso siamo stati assistiti dal prof. Sabino Cassese(1).

Le Unioni: sintesi delle norme di riferimento

L’Unione di Comuni è disciplinata nel Titolo II, Capo V della Prima parte del TUEL(2) (artt. 32 e 33), tra le forme associative. L’art. 33 fornisce la disciplina quadro indirizzata alle Regioni per dare attuazione al processo di aggregazione dei servizi a livello sovracomunale. A tal fine, le Regioni devono predisporre un “programma triennale di riordino territoriale” e favorire l’associazionismo volontario dei Comuni, incentivando finanziariamente le Unioni e le fusioni.

In materia, nel 2014 è intervenuta anche la Legge n. 56(3), che ha modificato il TUEL e anche il D.L. n. 78/2010(4), nella parte relativa alla disciplina delle funzioni fondamentali dei Comuni.

La legge regionale dell’Emilia-Romagna, n. 21/2012, detta “Misure per assicurare il governo territoriale delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza”, disciplinando le Comunità montane, le Unioni e le fusioni.

In tema di Unioni stabilisce, fra l’altro:

1) che tutti i Comuni, ad esclusione di quelli capoluogo di Provincia (che però ne hanno facoltà), sono obbligati a costituirsi in Unioni, attraverso un processo aggregativo “dal basso” e tenendo conto degli ambiti ottimali per la costituzione di dette Unioni, stabiliti dalla Regione. Le precedenti Comunità montane confluiscono nelle Unioni;

2) il principio di integralità del conferimento, volto ad evitare duplicazioni di strutture nei Comuni e nell’Unione a presidio delle medesime funzioni.

Il dibattito sull’attribuzione delle competenze politiche degli organi dell’Unione e agli organi dei Comuni

In letteratura, uno dei temi più dibattuti nella disciplina sulle Unioni riguarda la ripartizione delle competenze politiche tra organi dell’Unione e organi dei Comuni. Da un lato vi sono i sostenitori di uno spostamento robusto di competenze a favore degli organi dell’Unione, per conseguire un esercizio unitario dei servizi in ambito intercomunale, dall’altro lato vi sono gli autonomisti più convinti, che vorrebbero mantenere tutte le prerogative in capo alle singole rappresentanze comunali e lasciare all’Unione il compito di decidere esclusivamente sulle questioni sovracomunali.

Ad un’analisi delle norme nazionali e soprattutto regionali dell’Emilia-Romagna, prevale la tesi del passaggio pieno agli organi dell’Unione delle competenze politiche relative alle funzioni conferite. Tale tesi si può rintracciare ad esempio nella disciplina delle “Unioni speciali” (a cui sono interessati i Comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti) introdotta dall’art. 19D.L. n. 95/2012(5), così come nella L.R. dell’Emilia-Romagna 10/2008(6) (art. 11, commi 2 e 3), che dispone l’assegnazione in via generale all’Unione delle competenze politiche relative alle funzioni conferite, per esigenze di massima funzionalità e di speditezza dell’azione amministrativa, oltre che nella L.R. n. 21/2012, già richiamata.

Benché la disciplina delle “Unioni speciali” sia stata abrogata dalla Legge n. 56/2014, resta comunque una testimonianza della visione del legislatore. Essa contiene alcuni passaggi chiaramente orientati ad un trasferimento robusto delle competenze dagli organi dei Comuni agli organi dell’Unione. In particolare, stabilisce che:

– al Consiglio dell’Unione spettano le competenze attribuite dal TUEL al Consiglio comunale (comma 7, ultima parte, dell’art. 16 del D.L. n. 138/2011, come modificato dall’art. 19, comma 2D.L. n. 95/2012);

– al Presidente dell’Unione spettano le competenze attribuite al Sindaco dall’art. 50 del TUEL, ferme restando in capo ai Sindaci di ciascuno dei Comuni che sono membri dell’Unione le attribuzioni di cui all’articolo 54 del medesimo testo unico (D.L. n. 138/2011, art. 16, comma 8, ultima parte, come modificato dall’art. 19, comma 2D.L. n. 95/2012);

– alla Giunta dell’Unione spettano le competenze di cui all’art. 48 del TUEL (D.L. n. 138/2011, art. 16, comma 9, ultima parte, come modificato dall’art. 19, comma 2D.L. n. 95/2012).

Permangono tuttavia alcune incertezze derivanti dal silenzio del legislatore nazionale sulle Unioni in generale (fatte salve pochissime e disorganiche disposizioni stabilite dalla Legge n. 56/2014), a cui spetta il compito di disciplinare le competenze degli organi politici comunali e quindi anche degli organi dell’Unione. Silenzio che non appare colmabile dal legislatore regionale, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 50/2015, che indica le Unioni quale strumento dei Comuni aderenti. In questa prospettiva e, quindi, a favore del mantenimento di competenze in capo agli organi dei Comuni, si colloca la sentenza del TAR dell’Emilia-Romagna – Sez. 1 (n. 255/2016) che stabilisce la competenza del Sindaco nell’adozione di un’ordinanza in materia di rifiuti (art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006(7)), nonostante il conferimento del servizio all’Unione. Ecco la motivazione del Tribunale:

 

“anche in caso di Unione di Comuni, deve ritenersi che i Sindaci mantengano le competenze loro attribuite dalla norma speciale, dal momento che dette Unioni operano l’unificazione a livello degli uffici ovvero degli organi di gestione amministrativa o tecnico-operativa, ma non determinano alcun trasferimento di poteri degli organi di indirizzo politico (v. art. 32 D.Lgs. n. 267/2000)”.

 

 

Tale conclusione è comunque coerente anche con le sopra citate disposizioni del D.L. n. 95/2012 sulle “Unioni speciali”, che mantenevano in capo ai Sindaci le attribuzioni di cui all’art. 54 del TUEL “Attribuzioni del Sindaco nelle funzioni di competenza statale”. Così, analogamente, anche l’art. 1, comma 112, della Legge n. 56/2014, dopo aver assegnato all’Unione l’approvazione e l’aggiornamento dei piani di emergenza in materia di protezione civile, conserva ai Sindaci il ruolo di autorità comunale di protezione civile.

Dal dibattito in corso emerge quindi un modello di Unione maggiormente improntato agli obiettivi di razionalizzazione, in cui spetta all’Unione stessa la generalità delle competenze politiche, tranne alcuni casi predeterminati, in quanto per loro natura non transitabili ad altro ente (demografia, patrimonio, tributi comunali).

Il problema della rappresentanza delle comunità locali nel governo delle funzioni e dei servizi conferiti all’Unione

La Regione Emilia-Romagna ha sposato il principio di integralità del conferimento. Esso è principalmente finalizzato ad evitare che la medesima funzione sia spezzettata in più parti, alcune esercitate dall’Unione con i propri uffici e altre parti della medesima funzione esercitate dai Comuni con i propri. È evidente che tale condizione, se si verificasse, renderebbe inefficiente la gestione dei servizi oltre a creare potenziali conflitti di competenza e frammentazione delle politiche. Tale principio, quindi, deve guidare i corretti processi di conferimento di funzioni e di servizi all’Unione. Sicuramente il conferimento pieno di tutte le funzioni e i servizi all’Unione e il trasferimento di tutto il personale, come ha fatto l’Unione della Romagna Faentina, è una garanzia di efficienza organizzativa e gestionale e di piena integrazione dei servizi.

La L.R. n. 21/2012 richiama il principio di integralità del conferimento all’art. 24, comma 4:

 

La gestione associata svolta dall’Unione deve ricomprendere tutte le funzioni, le attività, i compiti e gli atti ricompresi nell’ambito funzionale oggetto della gestione tanto nel caso di funzioni fondamentali quanto nel caso di ulteriori funzioni comunali, senza che residuino in capo ai Comuni attività e compiti riferibili alla stessa funzione, salva la possibilità di articolare unità organizzative per sub-ambiti o sportelli decentrati territoriali purché alle dipendenze dell’Unione e compatibilmente con gli obiettivi generali di riduzione della spesa.“.

 

 

Già la L.R. n. 10/2008, sopra richiamata, art. 11, co. 2 e 3, prevedeva che (norma tutt’ora vigente):

 

2. In presenza del conferimento di funzioni, i compiti che la legge attribuisce ai sindaci, ivi inclusa la sottoscrizione di accordi di programma ed altri accordi, sono esercitati dal presidente dell’Unione o della Nuova Comunità montana.

3. I compiti e le funzioni che per legge spettano ai Consigli comunali sono esercitati, in caso di conferimento all’Unione o alla Nuova Comunità montana, dal Consiglio dell’Unione o della Nuova Comunità montana, sentita la Giunta dell’ente associativo Nuova Comunità montana. Le funzioni della Giunta comunale sono esercitate, in caso di conferimento, dalla Giunta dell’ente associativo.”

 

 

La Regione Emilia-Romagna delinea un trasferimento “spinto” di competenze, dagli organi dei Comuni agli organi dell’Unione, e ciò vale anche per l’organo monocratico, che nella legislazione nazionale trova una formulazione più blanda.

Nel momento della costituzione dell’Unione della Romagna Faentina, avvenuta nel 2012, quando ancora non vi era consapevolezza della questione della rappresentatività delle Comunità locali, il principio di integralità del conferimento venne inserito nell’atto costitutivo, con la seguente formulazione (che riprende la disposizione regionale):

 

“A seguito del trasferimento delle competenze, l’Unione diviene titolare di tutte le funzioni amministrative e finanziarie occorrenti alla loro gestione. In particolare, tutte le competenze prima riconducibili agli organi dei singoli Comuni sono ricondotte alla responsabilità esclusiva degli organi collegiali e monocratici dell’Unione.”

 

 

E così lo statuto, all’art. 7, comma 4:

 

“A seguito del trasferimento delle competenze, l’Unione diviene titolare di tutte le funzioni amministrative e finanziarie occorrenti alla loro gestione e ad essa competono le annesse tasse, tariffe e contributi sui servizi dalla stessa gestiti, ivi compresi la loro determinazione, accertamento e prelievo. In particolare, tutte le competenze prima riconducibili agli organi dei singoli Comuni sono ricondotte alla responsabilità esclusiva degli organi collegiali e monocratici dell’Unione.”

 

 

A ben vedere, un’applicazione letterale del principio di integralità del conferimento, provoca uno svuotamento dei compiti e dei ruoli degli organi dei Comuni (Consiglio, Giunta, Sindaco), che sono stati eletti dai cittadini, a favore degli organi dell’Unione, di secondo grado, in quanto questi ultimi si troverebbero ad esercitare tutte le competenze degli organi dei Comuni. Tale svuotamento e le sue conseguenze appaiono più evidenti quando il conferimento è totale, ma rimangono evidenti anche per i conferimenti solo di alcune funzioni. Ciò rileva, in particolare, per le questioni che riguardano un solo Comune. Che cosa succederebbe se la Giunta dell’Unione, anche e soprattutto nel caso di differenti maggioranze politiche tra Comune e Unione, decidesse diversamente dalla volontà del Comune? Probabilmente si avrebbe il “rigetto” politico dell’Unione, con gravi conseguenze sulla tenuta dell’Unione stessa e, quindi, con perdita di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa complessiva, garantita dall’Unione, nel caso il comune decidesse di uscire dall’Unione. In alternativa, il Comune dovrebbe subire decisioni espresse da Amministratori di altri enti, provocando una scissione tra decisione e responsabilità.

Questo problema va trasformato in una opportunità.

L’opportunità di introdurre una innovazione nel nostro ordinamento o, in attesa di questa, esercitando l’autonomia statutaria per creare una disciplina nuova. Essa consiste nella convivenza del pieno e integrale conferimento delle funzioni e dei servizi dai Comuni all’Unione, prevedendo contestualmente competenze decisionali in capo agli organi dei Comuni, sulle medesime funzioni e servizi. Questa soluzione assicura il ruolo di primo baluardo della rappresentatività politica locale e introduce un ispessimento del tessuto democratico locale, senza nulla perdere dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità che l’unificazione organizzativa consente. Così viene fatto salvo l’aspetto sostanziale del principio di integralità del conferimento, che trova una composizione armonica con il principio di rappresentanza. Di esso occorre tener conto. Occorre tener conto, cioè, del fatto che i cittadini eleggono i Sindaci e i Consiglieri comunali e che il vero dibattito politico sulle questioni dell’amministrazione locale avviene nei Consigli comunali, ancorché la funzione sia stata conferita all’Unione.

Alla luce di queste considerazioni è necessario interpretare il principio di integralità del conferimento, considerando che sia volto ad evitare l’esercizio di residue competenze da parte degli uffici dei Comuni; questi ultimi non devono svolgere compiti relativi a funzioni conferite e con il conferimento di tutte le funzioni e i servizi all’Unione e il trasferimento di tutto il personale, ciò viene assicurato. Sarà così possibile declinare operativamente il principio di rappresentanza delle comunità locali, che richiede il mantenimento di compiti in capo agli organi dei Comuni.

Sulla base di questi presupposti, l’Unione della Romagna Faentina sta costruendo un modello nel quale i Comuni, attraverso i propri organi istituzionali direttamente eletti dai cittadini, Sindaco e Consiglio comunale, ma anche attraverso gli Assessori e la Giunta, dispongano di spazi di autonomia all’interno di una gestione associata di livello sovracomunale, in un positivo bilanciamento fra rappresentanza locale ed economicità dell’organizzazione e della gestione affidata alla struttura tecnica dell’Unione.

La sostenibilità giuridica di questa impostazione è confortata dal chiarimento fornito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 26 marzo 2015, n. 50. Secondo la Corte le Unioni si risolvono in forme istituzionali di associazioni tra Comuni per l’esercizio congiunto di funzioni o servizi di loro competenza e non costituiscono, perciò, al di là dell’impropria definizione della norma(8) (parole testuali della Corte, ancorché criticate da alcuni commentatori), un Ente territoriale ulteriore e diverso dall’ente Comune. Pertanto, conclude la Corte, la materia delle Unioni rientra nell’area di competenza statuale (art. 117, comma 2, lett. p), Cost.), e non è, di conseguenza, attratta nell’ambito di competenza residuale di cui al quarto comma dell’art. 117 della Cost.

Il modello di governance politico-istituzionale dell’Unione della Romagna Faentina

In assenza di una specifica disciplina nazionale e regionale, è necessario utilizzare l’autonomia con la costruzione di una nuova governance del sistema Comuni-Unione, che, a fronte di un pieno conferimento dei servizi e delle funzioni dai Comuni all’Unione, mantenga a favore degli organi dei Comuni competenze che abbiano i seguenti requisiti:

– siano essenziali per determinare il governo del territorio specifico dei singoli Comuni;

– non comportino duplicazioni con le competenze degli organi dell’Unione;

– non comportino conflitti di attribuzione tra Comune e Unione, ma si integrino in modo funzionale e paritetico, considerando l’Unione come “modo” di esercizio delle funzioni e di gestione dei servizi dei Comuni.

L’Unione della Romagna Faentina ha quindi elaborato un progetto di riordino istituzionale che, con coraggio, esplora terreni nuovi della governance politico-istituzionale e trova una soluzione innovativa, colmando i vuoti della normativa nazionale e superando le rigidità di quella regionale, con l’esercizio dell’autonomia statutaria, confortata dal supporto giuridico del professor Sabino Cassese.

Il progetto è stato sottoposto all’approvazione di tutti i Consigli comunali e ha costituito indirizzo al gruppo tecnico incaricato di elaborare le conseguenti modifiche allo statuto dell’Unione. Le parti che seguono riprendono ampi stralci dal progetto approvato.

Successivamente è stata costituita una commissione composta dai rappresentanti di tutti i gruppi consiliari di tutti i Comuni, per l’esame della proposta tecnica e la formulazione di una proposta definitiva di statuto, da sottoporre all’approvazione di tutti i Consigli comunali, prima dell’approvazione da parte del Consiglio dell’Unione. Questo è un passaggio cruciale. Se si vuole consolidare il modello politico e organizzativo dell’Unione, ormai divenuto una necessità per assicurare i servizi locali ai cittadini, esso dovrebbe essere condiviso fra tutte le forze politiche o la maggior parte di esse, così da passare indenne ai cambi di maggioranza politica e da essere sostenibile anche in presenza di diverse maggioranze politiche nei Comuni che fanno parte dell’Unione. Questa è una sfida politica e culturale, che potrà essere vinta se saranno evidenti i vantaggi dell’unificazione organizzativa e gestionale, se saranno assicurati adeguati poteri decisionali agli organi dei Comuni, se i politici locali decideranno di perseguire l’interesse dei cittadini ad avere buoni servizi, piuttosto che esercitare contrapposizioni faziose, esclusivamente finalizzate all’esercizio del potere fine a sé stesso o all’ottenimento di un consenso acritico.

Il modello ideato dai Comuni dell’Unione della Romagna Faentina, volto a costruire le condizioni di sostenibilità sopra indicate, poggia sulle seguenti premesse politiche(9):

1) l’Unione è una struttura amministrativa unica che, in quanto ente di secondo livello, deve essere funzionale alla governabilità politica dei singoli Municipi. Tutte le funzioni sono in capo alla struttura amministrativa dell’Unione che attua, esegue, le decisioni degli organi politici istituzionali dell’Unione per quanto riguarda la pianificazione e regolamentazione dell’intero territorio. Tale pianificazione e regolamentazione è definita dagli organi dell’Unione previo recepimento delle linee di indirizzo dei singoli Comuni, mentre per tutte le scelte che riguardano soltanto l’area del singolo Comune le decisioni spettano agli organi comunali, mentre la loro attuazione/esecuzione è sempre di competenza della struttura organizzativa dell’Unione;

2) le risorse utilizzate per il funzionamento dell’Unione derivano dai trasferimenti dei Comuni (oltre che da contributi esterni). Ogni servizio erogato nel singolo Comune è frutto di scelte di risorse proprie dei rispettivi Comuni;

3) l’opzione politica alla base di questo modello è che l’Unione, che vede trasferito a sé tutto il personale e conferite tutte le funzioni, costituisce un’opportunità, rispetto alla fusione, in quanto mantiene le attuali istituzioni dei Comuni e, pur dovendo fronteggiare aspetti di maggiore complessità istituzionale e organizzativa, consente di mantenere un’autonomia di municipio, assicurando al contempo una maggiore densità politica nelle istituzioni democratiche e, quindi, una maggiore capacità del sistema di leggere e rappresentare i bisogni dei territori che compongono l’Unione;

4) in questo modo, il disegno organizzativo che prevede sportelli polifunzionali e presidi specialistici territoriali nei singoli Municipi, sarà funzionale anche a mantenere saldo il principio di rappresentanza politica espressa dai cittadini in quanto i Sindaci, gli Assessori e i Consiglieri comunali potranno continuare a fare scelte coerenti con il mandato elettorale espresso dalla propria comunità, potendo confrontarsi con funzionari che lavorano e conoscono direttamente le caratteristiche del singolo territorio ed allo stesso tempo si potranno mantenere i rapporti stretti con le periferie, con il volontariato e con le fasce sociali più delicate che sarebbero sacrificate maggiormente in caso di accentramento e di standardizzazione dei servizi gestionali ed operativi.

Il sistema delle competenze decisionali

Occorre dare corpo al modello politico sopra delineato, costruendo un nuovo sistema delle competenze decisionali tra organi dei Comuni e organi dell’Unione, con l’esercizio dell’autonomia statutaria. La disciplina delle competenze, stabilita nello statuto dell’Unione e, simmetricamente, “a specchio”, negli statuti dei Comuni, dovrà essere sufficientemente precisa per consentire una semplice individuazione dell’organo competente per ciascuna decisione. Occorre, in particolare, circostanziare le competenze riguardanti gli atti incidenti negativamente sulla sfera giuridica dei cittadini e degli altri soggetti. Questo aspetto, infatti, costituisce il vulnus principale del sistema ideato. Ad esso si può rimediare con la chiarezza dell’attribuzione delle competenze agli organi dei Comuni o agli organi dell’Unione. Dopo adeguata sperimentazione, il dettaglio della disciplina potrebbe essere stabilito nelle convenzioni di conferimento. Il principio di riferimento dovrebbe essere il seguente: “Sono assegnate alla competenza degli organi dell’Unione tutte le funzioni, salvo quelle espressamente assegnate agli organi dei Comuni”. Queste sono tutte quelle che riguardano il territorio o gli interessi specifici dei singoli Comuni. In caso di dubbio sulle materie non esclusive dei Comuni (punto 2.b) che segue) la competenza dovrebbe essere dell’Unione e tale competenza dovrebbe essere dichiarata nell’assunzione dell’atto. Si potrebbe anche ipotizzare una disciplina specifica di decisione ad hoc sulla competenza, in caso di dubbio o di diversa interpretazione, affidandola al Consiglio dell’Unione, che dovrebbe esprimersi a maggioranza qualificata.

In ogni caso, tutte le decisioni, sia quelle degli organi dell’Unione, sia quelle degli organi dei Comuni, avvengono su proposta degli Uffici dell’Unione.

Il progetto di riordino istituzionale dell’Unione della Romagna Faentina presume quindi il seguente sistema di attribuzione delle competenze articolato in due tipi di decisioni (si veda il sistema schematizzato alla tavola 1):

1) decisioni degli organi dell’Unione: decisioni che riguardano l’intero ambito di unione o almeno due comuni;

2) decisioni degli organi dei Comuni: decisioni che riguardano soltanto l’area del singolo Comune.

Le decisioni degli Organi dell’Unione si suddividono in:

a) decisioni esclusive degli organi dell’Unione quali, ad esempio, quelle inerenti:

– le funzioni con risvolti principalmente amministrativi interni, di supporto o di staff, come l’organizzazione, la gestione del personale, l’informatica, l’anticorruzione, l’amministrazione generale, anche di interesse dei Comuni (programma delle forniture; atti relativi all’organo di revisione, ecc.), l’acquisto di beni e servizi per l’esercizio della funzione conferita, l’approvazione di progetti, anche per la partecipazione a bandi di finanziamento, ecc.);

– le funzioni proprie dell’Unione, quali il funzionamento degli organi, il bilancio dell’ente, la gestione dei beni mobili ed immobili propri dell’Unione, e le funzioni attribuite da leggi, come le funzioni “montane” (art. 44 della Costituzione) di salvaguardia e tutela dei territori montani (la forestazione, il vincolo idrogeologico, ecc.), l’amministrazione dell’ente (rappresentanza nelle cause, rilascio patrocini, ecc.).

Sulle decisioni esclusive degli organi dell’Unione, la Giunta – all’unanimità – potrà decidere di acquisire indirizzi da parte dei Comuni. In tal caso, gli indirizzi dei Comuni non sono vincolanti per le decisioni degli organi dell’Unione;

b) decisioni degli organi dell’Unione con proposte o indirizzi deliberati in precedenza dagli organi comunali, quali, ad esempio, quelle inerenti:

– le funzioni di pianificazione di area vasta, a valenza sovracomunale (RUE – Regolamento urbanistico edilizio, PAES – Piano d’azione per l’energia sostenibile, Piano di zona socio-sanitario, ecc.), alcune delle quali attribuite all’Unione per legge (come la programmazione in materia di protezione civile – Legge n. 56/2014, art. 1, comma 112) e funzioni a valenza generale, quali regolamenti che impattano sui servizi erogati ai cittadini (ad es. igiene) o sulla gestione amministrativa dei Comuni oltre che dell’Unione (ad es. contabilità). I Regolamenti approvati dall’Unione possono prevedere discipline specifiche per i diversi Comuni, al fine di tenere conto delle particolarità territoriali e della specifica visione politica, quando ciò non confligga con le esigenze di uniformità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa;

– le funzioni relative alle forme e alle modalità di gestione dei servizi da affidare all’esterno. In questo ambito i Comuni interessati formulano indirizzi generali, considerando l’impatto sul proprio territorio e tenendo conto che l’Unione possa procedere anche con modalità differenziate, potendo formulare preferenze per l’una o per l’altra soluzione, di cui dovrà tener conto la decisione finale e aggregata che assumerà l’Unione, in un’ottica di integrazione e convergenza fra i vari Comuni;

– le funzioni relative agli investimenti dell’Unione, sia nell’interesse generale dell’Unione sia nell’interesse di uno o più Comuni. Nella decisione di procedere all’investimento, la Giunta dell’Unione stabilisce i criteri di suddivisione fra i Comuni dei finanziamenti necessari (nel caso di investimenti di interesse generale) e tiene conto degli indirizzi dei Comuni (nel caso di investimenti di interesse di uno o più Comuni).

È evidente che in questa tipologia di decisioni è richiesto un dibattito politico aggiuntivo rispetto al governo del singolo Comune, che dovrebbe essere orientato a costruire decisioni condivise, frutto di una negoziazione lievitativa, una negoziazione “win win“. In questo caso, il dibattito politico arricchisce lo spessore della dimensione democratica, grazie all’Unione e alla necessità di confrontarsi e trovare sintesi a livello di area vasta.

2) Le decisioni degli organi dei Comuni si suddividono in:

a) decisioni esclusive degli organi dei Comuni, quali, ad esempio, quelle inerenti:

– le funzioni proprie del Comune, come il funzionamento degli organi, il bilancio dell’ente, la gestione dei beni mobili ed immobili, le decisioni sulle aliquote dei tributi (in quanto incidono sul bilancio del Comune), le decisioni relative alla partecipazione all’Unione, al conferimento di funzioni e servizi e al recesso da convenzioni e dall’Unione stessa; l’amministrazione dell’ente (rappresentanza nelle cause, rilascio patrocini, ecc.);

b) decisioni degli organi dei Comuni nel quadro programmatico stabilito dall’Unione, quali, ad esempio, quelle inerenti:

– le funzioni attuative di piani e programmi deliberati dall’Unione che interessano esclusivamente un territorio comunale, come gli atti approvati in attuazione del RUE e gli atti di approvazione delle opere pubbliche; sono esclusi gli atti che riguardano due o più territori comunali, che rimangono nella competenza dell’Unione;

– le funzioni che richiedono un comportamento uniforme dei Comuni, che decidono previo indirizzo o quadro programmatico dell’Unione come gli indirizzi per la posizione dell’ente che il rappresentante dovrà tenere in occasione delle assemblee degli organismi partecipati, gli atti riferiti ai tributi, ecc.;

– le funzioni esclusive di un Comune e/o le attività tipiche del territorio di un Comune, che possono richiedere l’adozione di regolamenti o di altri atti amministrativi da parte degli organi del Comune.

Per quanto riguarda le competenze attribuite al Presidente dell’Unione o al Sindaco del singolo Comune, il progetto di riordino prevede che il Presidente dell’Unione eserciti le competenze relative alle funzioni proprie dell’Unione, quali quelle che deve svolgere in qualità di rappresentante legale dell’ente e capo dell’organizzazione, e quelle attribuitegli dalla legge, quale quella riconosciuta dall’art. 1, comma 111Legge n. 56/2014, “ove previsto dallo statuto”(10). Tutte le restanti funzioni dell’Organo monocratico (artt. 50 e 54 del TUEL e leggi speciali) rimangono di competenza del Sindaco. Sulle decisioni esclusive degli organi dei Comuni, la Giunta dell’Unione – all’unanimità dei suoi componenti – potrà decidere di formulare atti di coordinamento, per favorire efficienza nell’operatività degli uffici ed uniformità nell’erogazione dei servizi.

Il supporto tecnico-amministrativo alle decisioni degli organi dei Comuni e dell’Unione

Il supporto tecnico-amministrativo per lo svolgimento di tutte queste funzioni è assicurato dagli Uffici dell’Unione e dal personale dipendente dell’Unione. Rimane comunque ferma la competenza gestionale in capo ai dirigenti dell’Unione, che operano anche in nome e per conto dei Comuni.

I servizi dell’Unione svolgono funzioni di service nei confronti dei Comuni, operando di volta in volta:

a) in nome e per conto dell’Unione (es: gli atti di gestione del personale, dipendente dell’Unione);

b) in nome dell’Unione e per conto del Comune (es: la pubblicazione di un bando di appalto per la manutenzione di un bene comunale, dove la Stazione unica appaltante è conferita all’Unione e opera in nome dell’Unione, ma per conto del Comune proprietario del bene);

c) in nome del Comune e per conto del Comune (es: gli atti in materia demografica, trattandosi di funzione non trasferibile all’Unione come titolarità, ma solo come gestione).

L’individuazione della natura del conferimento e quindi del “titolo” dell’esercizio va effettuata tenendo conto:

1) del sistema delle fonti;

2) delle eventuali leggi speciali di disciplina che, allo stato, possono in taluni casi riservare a specifici organi elettivi talune specifiche competenze;

3) dello specifico interesse territoriale che può presentarsi, per taluni provvedimenti, di interesse di un solo territorio comunale;

4) dei principi generali dell’ordinamento con salvaguardia delle prerogative degli organi elettivi dei Comuni quanto a talune funzioni;

5) dei principi generali di efficienza, economicità e soprattutto di efficacia dell’azione amministrativa e quindi di economia di atti e di non moltiplicazione degli stessi;

6) della evidente esigenza di coordinare l’azione degli organi elettivi dei Comuni con quella degli organi dell’Unione, di stabilire i confini nel rispetto dei principi dell’ordinamento e delle leggi speciali;

7) dell’esigenza di tener conto, nella formazione degli organi di governo dei Comuni, della modificata struttura dell’esercizio delle funzioni.

La natura delle singole funzioni o servizi verrà chiarita dalle convenzioni, specificando la definizione e disciplina dei processi decisionali, con identificazione delle competenze per la gestione e per la certezza dei riferimenti per i cittadini dei Comuni.

Sul tema della partecipazione dei Consiglieri comunali e degli Assessori comunali alle decisioni politiche e strategiche dell’Unione

Oltre alle competenze formalmente attribuite agli organi, è possibile pensare a forme di partecipazione preliminare e preventiva dei Consiglieri comunali e degli Assessori comunali alle decisioni politiche e strategiche dell’Unione, ipotizzando forme di confronto congiunto a valenza politica fra Consiglieri e Assessori. Si potrebbe pensare alle seguenti forme:

1) il Consiglio Plenario, cioè la riunione di tutti i Consiglieri comunali dei Comuni;

2) la Giunta Plenaria, cioè la riunione di tutti gli Assessori comunali dei Comuni;

3) la Conferenza dei Capigruppo consiliari, sia dell’Unione sia dei Comuni;

4) le Commissioni di approfondimento con la partecipazione dei Consiglieri comunali;

5) le Conferenze degli Assessori comunali “per funzione”.

Tali “momenti” di partecipazione dovrebbero essere convocati su impulso della Giunta dell’Unione secondo valutazioni meramente politiche, senza preordinare tipologie di atti o di argomenti di cui debbano occuparsi; in ogni caso non devono essere previsti “gettoni” di partecipazione.

I Consiglieri comunali devono poter fruire di tutti gli strumenti per esercitare al meglio il proprio mandato, ad esempio accedendo ai documenti dell’Unione e degli enti partecipati dall’Unione, secondo modalità conformi a quanto previsto dall’art. 43, comma 2, TUEL.

La disciplina relativa al ruolo degli Assessori comunali nell’Unione

In Emilia-Romagna la Giunta dell’Unione è composta dai Sindaci del Comune; uno di essi è il Presidente, gli altri svolgono il ruolo di Assessori delegati per specifiche materie.

Con il conferimento totale di funzioni e servizi all’Unione, i Comuni mantengono il loro ruolo istituzionale di rappresentanza dei singoli territori. Come detto i cittadini continuano a eleggere i Consiglieri comunali e il Sindaco, il quale nomina gli Assessori comunali, che hanno il compito di collaborare con il Sindaco.

In ogni caso non è possibile fare a meno degli Assessori comunali(11), anche solo per la necessità di comporre e far funzionare una Giunta comunale, che mantiene competenze proprie, ma soprattutto per assicurare il necessario collegamento politico dell’Unione con i rispettivi territori comunali.

Sicuramente, in questo nuovo contesto, il ruolo degli Assessori comunali deve essere ripensato e può essere articolato in due aree principali:

1) l’area della collaborazione con il Sindaco-Assessore delegato dell’Unione. Si tratta di un’attività volta:

– alla lettura integrata dei bisogni dei territori comunali, confrontandosi con il Sindaco-Assessore dell’Unione, anche per esigenze dei singoli territori;

– al supporto operativo a favore del Sindaco-Assessore nell’intrattenere relazioni istituzionali con altri enti (dalla Provincia, alla Regione, alle Agenzie territoriali di gestione dei servizi pubblici e così via) e altri soggetti, compresi gli stakeholder per conto dell’Unione;

– a favorire la traduzione dell’indirizzo politico dell’Unione nei confronti degli Uffici che lo devono attuare, in collaborazione con il Sindaco-Assessore, nel caso in cui un Assessore comunale sia espressamente delegato, con modalità più o meno formalizzate;

2) l’area della collaborazione con il Sindaco del Comune(12). Si tratta dell’attività “naturale”, prevista dalla legge, per le materie che hanno un maggiore impatto sul territorio, dove l’Assessore svolge il ruolo di:

– progettazione, indirizzo e controllo politico;

– facilitatore-aggregatore dei bisogni espressi dalle collettività locali (si pensi all’animazione culturale, ai servizi sociali ed educativi, ai lavori pubblici). Nel proprio Comune, l’Assessore deve svolgere anche il ruolo di supporto al Sindaco nella traduzione dell’indirizzo politico del Comune nei confronti degli uffici dell’Unione che li devono applicare sul territorio comunale.

Eventuali divergenze o i conflitti fra Assessori comunali, fra Assessori comunali e Sindaci-Assessori dell’Unione, fra Assessori comunali o Sindaci-Assessori dell’Unione e Uffici, devono trovare la loro composizione nella Giunta dell’Unione. L’ottimale funzionamento di questo modello di governance politica è favorito se le attribuzioni di deleghe agli Assessori da parte dei Sindaci sono disposte in modo uniforme in tutti i Comuni, previo coordinamento tra i Sindaci medesimi.

Nel sistema Comuni-Unione diventano più complesse le relazioni politico-istituzionali per la presenza di più attori (e ciò arricchisce la dimensione democratica del governo locale), occorre però introdurre nella nuova complessità regole chiare, che consentano l’assunzione di decisioni. Regole chiare devono disciplinare anche le relazioni degli attori politici con gli Uffici e i dirigenti(13), per evitare che la complessità delle relazioni politiche determini complicazioni e inefficienze nell’attività gestionale.

La procedimentalizzazione specifica di decisioni particolari

Il modello di governance politico-istituzionale descritto deve essere tradotto in norma nello statuto dell’Unione e negli statuti dei Comuni. Esso richiede anche una disciplina di dettaglio, sperimentale, da assumersi tramite atti generali subordinati, che possano essere modificati con più facilità rispetto al procedimento di approvazione degli statuti. Tale disciplina dovrà essere caratterizzata dalla procedimentalizzazione di specifiche competenze decisionali, in particolare quelle che vedono coinvolti sia gli organi dei Comuni sia gli organi dell’Unione. Ciò significa stabilire i passaggi, i tempi e le attività istruttorie tecniche, decisorie gestionali, consultive politiche e decisorie politiche, che consentano di giungere alla decisione finale. Questo sistema disciplina e garantisce la partecipazione politica sia a livello comunale sia a livello di coordinamento di Unione e l’intervento istruttorio tecnico per gli affari rilevanti.

Di seguito sono riportati alcuni esempi di “procedimentalizzazioni”, oggetto di sperimentazione presso l’Unione della Romagna Faentina.

Il procedimento di definizione ed elaborazione del DUP

Nell’Unione della Romagna Faentina il Documento Unico di Programmazione (DUP) è elaborato e definito in modo integrato. Si progetta e si realizza un documento che è unico come genesi e come impostazione, con parti scritte con riferimento all’intero territorio e parti proprie di ciascun ente.

Prima fase – impostazione.

Si conclude entro il 31 luglio con la presentazione ai Consigli.

Sono svolti una serie di incontri con la parte politica, Sindaci in primo luogo, per la definizione e condivisione degli obiettivi strategici programmatici di lungo e medio periodo. È una fase condotta in modo ampio in sede di nuovo insediamento di un’Amministrazione o quando, all’interno dell’Unione, si assiste ad un ampio numero di avvicendamenti politici per effetto di una tornata elettorale. In Unione la parte politica individua obiettivi propri dei Comuni e obiettivi validi per l’intero territorio dell’Unione (anche declinando specifici target per i diversi Comuni). Per il 2019 le Amministrazioni sono state sollecitate ad individuare 10 ambiti strategici fondamentali, cui attribuire un obiettivo macro di rilievo.

Seconda fase – messa a punto e approvazione del DUP definitivo.

Si conclude con la predisposizione della nota di aggiornamento del DUP in coerenza di tempi e di contenuti con l’approvazione degli schemi di bilancio.

Si riprendono i contenuti già presentati a luglio (eventualmente modificati anche su richiesta dei consiglieri che nel frattempo li hanno esaminati) e si completa la definizione di obiettivi ed indicatori (quinquennali, triennale e annuali).

Si definisce l’impostazione del DUP che prevede:

– un’unica modalità di redazione (con riferimento ai contenuti, alla grafica, all’indice, ecc.);

– l’acquisizione dagli uffici dell’Unione, incaricati per i diversi ambiti funzionali, dei dati necessari. Tali dati potranno essere:

a) unici come per esempio per il personale (in quanto interamente conferito), per la programmazione dei beni e servizi (unica sull’Unione), per gli obiettivi delle partecipate (vi è un unico allegato che le comprende tutte in quanto molte sono ricorrenti), per la performance (in quanto obiettivi ed indicatori sono definitivi in modo integrato per tutti gli enti);

b) specifici per i diversi Comuni (la contabilità fornisce 7 schemi di bilancio, il patrimonio – 7 piani delle alienazioni, i lavori pubblici – 7 programmi triennali, il servizio di controllo delle “partecipate” – 7 GAP (Gruppo Amministrazione Pubblica) e relativi perimetri di consolidamento, ecc.).

Il tutto viene composto secondo un’unica modalità definita da una regia unica della programmazione di tutti gli enti. Il processo di elaborazione nell’Unione è guidato e coordinato dal Responsabile del Servizio Economico Finanziario per il tramite del Servizio di programmazione e controllo dell’Unione, in stretta collaborazione con i Servizi di contabilità e bilancio e con gli altri Servizi dell’Unione. Anche la regia del monitoraggio in corso d’anno, così come delle variazioni che dovessero rendersi necessarie, è curata in modo unitario.

Elemento fondamentale è avere integrato e unificato il ciclo della performance che riguarda unitariamente tutti gli enti aderenti all’Unione. L’Unione, la sua struttura e i suoi servizi si presentano come “struttura tecnica” di attuazione degli obiettivi degli enti/Comuni aderenti.

Così si possono elaborare documenti programmatici tra loro coerenti, tenendo conto anche della necessità che dagli obiettivi strategici derivino obiettivi operativi e gestionali non in conflitto tra loro e coerenti con gli obiettivi gestionali da affidare ai Dirigenti, sulla base delle risorse messe a loro disposizione. Si consideri che il D.Lgs. n. 74/2017 ha introdotto il comma 1-bis all’art. 5 del D.Lgs. n. 150/2009, “Obiettivi e indicatori”, stabilendo che nel caso di gestione associata di funzioni da parte di enti locali, gli obiettivi specifici relativi all’espletamento di tali funzioni sono definiti unitariamente. I principi della disciplina applicativa di questa disposizione potrebbero essere contenuti nello statuto dell’Unione e, specularmente, negli statuti dei Comuni.

Il procedimento di elaborazione dei bilanci

L’impulso ad avviare la fase di elaborazione dei bilanci è dato dalla Giunta dell’Unione attraverso un confronto con il Responsabile del Servizio Economico Finanziario che, con tempistiche coerenti e modalità similari, avvia la raccolta dei dati per creare il bilancio dei diversi enti. Successivamente, quindi:

1) si elaborano le prime bozze dei bilanci dei Comuni (finanziatori) e dell’Unione (ente incaricato della gestione);

2) si avvia un confronto tecnico – politico bidirezionale da e verso l’Unione al fine di:

– verificare/raccogliere le esigenze di spesa dei servizi conferiti in Unione,

– verificare la sostenibilità finanziaria delle spese da parte dei Comuni finanziatori;

3) si chiude così il bilancio dell’Unione e, per i diversi servizi conferiti, vengono comunicate agli enti le quote da trasferire. Tali quote sono determinate secondo le logiche o criteri di riparto fissati secondo le indicazioni determinate dalle convenzioni con cui sono stati disposti i conferimenti e così come eventualmente successivamente modificati. Principio fondamentale è che vi sia una corrispondenza fra le quote fissate in entrata dall’Unione a titolo di trasferimenti e le quote a tale titolo previste fra le voci di spesa dei bilanci dei Comuni;

4) si fissano gli elementi fondamentali per permettere la definitiva chiusura dei bilanci dei Comuni.

I modelli di deliberazione sono i medesimi così come le procedure di approvazione. Nel tempo il protrarsi di questo confronto può portare ad uniformare modalità di azione, scelte contabili, gestionali e di bilancio.

Ovviamente attraverso i bilanci emergono la visione di Unione propria degli enti che ne fanno parte, le scelte che sono state condotte nel merito di alcuni servizi, i vincoli con cui le Amministrazioni si sono dovute confrontare (ad esempio per le somme relative a funzioni di cui i Comuni rimangono titolari – quali la demografia – o che per opportunità e funzionalità si ritenga di mantenere nei bilanci comunali, ad esempio perché relative a contributi di terzi che abbiano il vincolo di utilizzo diretto da parte del Comune).

Anche in corso d’anno è stretto il legame fra bilancio dell’Unione e dei Comuni per effetto, almeno di due fenomeni:

– la volontà di singoli enti di trasferire ulteriori somme al bilancio dell’Unione per incrementare il livello di spesa prevista;

– la possibilità da parte dell’Unione di liberare risorse che possano essere destinate ad altre finalità, con il necessario assenso degli enti (cui le somme devono poter sempre essere riferibili).

Il procedimento di elaborazione del bilancio consolidato

Nell’Unione della Romagna Faentina le funzioni di presidio delle “partecipate” sono attribuite al servizio di programmazione e controllo che le esercita per tutti gli enti in stretta collaborazione con il servizio di contabilità. La gestione centralizzata permette una procedimentalizzazione delle attività che si sviluppa secondo le seguenti tappe:

1) definizione ed approvazione nella nota di aggiornamento del DUP del “Gruppo Amministrazione Pubblica” (GAP) e del perimetro di consolidamento (uno per ogni ente);

2) predisposizione della “nota di comunicazione del GAP e del perimetro di consolidamento ed indicazioni operative per la raccolta dei dati necessari all’elaborazione del bilancio consolidato”. Tale nota è pensata e definita in modo tale da poter essere spedita solo dall’Unione a ciascun soggetto partecipato in modo da raccogliere i dati relativi a tutti gli enti partecipanti quel soggetto. Si tratta di uno snodo fondamentale dell’attività istruttoria in quanto si identifica un unico modus operandi e ci si rivolte unitariamente al singolo soggetto partecipato sottoponendo la medesima documentazione, chiedendo i medesimi dati secondo una logica unica e con gli stessi tempi. Si realizza così una gestione estremamente efficace ed efficiente;

3) acquisizione dei dati dalle partecipate;

4) elaborazione dei dati e redazione dei bilanci consolidati;

5) predisposizione delle deliberazioni ed invio ai revisori;

6) approvazione nei consigli dei Comuni e dell’Unione.

Il procedimento di approvazione di opere pubbliche

La realizzazione di opere pubbliche deve tenere conto della proprietà dell’opera (Comune o Unione), dell’ente finanziatore (Comune o Unione), dell’interesse comunale o sovracomunale dell’opera. Una ipotesi di procedimentalizzazione, che include sia passaggi informali, di carattere politico, sia passaggi formali, di approvazione degli atti, può essere la seguente.

1) Progetto di un singolo Comune, finanziato dal bilancio dell’Unione:

a) l’Ufficio elabora il progetto. A tal fine si confronta con il Sindaco del Comune e/o l’Assessore delegato del Comune;

b) l’Assessore delegato del Comune appone un visto favorevole sul progetto;

c) la Giunta dell’Unione approva il progetto;

d) gli organi tecnici gestiscono la realizzazione dell’opera, fino al collaudo e alla liquidazione finale delle imprese.

L’intero processo si sviluppa con atti dell’Unione, protocollati nell’Unione.

2) Progetto di interesse di più Comuni, finanziato dal bilancio dell’Unione:

a) l’Ufficio elabora il progetto. A tal fine si confronta con il Sindaco-Assessore dell’Unione;

b) la Giunta dell’Unione approva il progetto;

d) gli organi tecnici gestiscono la realizzazione dell’opera, fino al collaudo e alla liquidazione finale delle imprese.

L’intero processo si sviluppa con atti dell’Unione, protocollati nell’Unione.

3) Progetto di un singolo Comune, finanziato dal bilancio del Comune:

a) l’Ufficio elabora il progetto. A tal fine si confronta con il Sindaco del Comune e/o l’Assessore delegato del Comune;

b) la Giunta del Comune delibera il progetto;

d) gli organi tecnici gestiscono la realizzazione dell’opera, fino al collaudo e alla liquidazione finale delle imprese.

Il processo di sviluppa con atti politici del Comune e atti gestionali dell’Unione; i primi sono protocollati nel Comune, i secondi sono protocollati nell’Unione; i due fascicoli devono essere collegati.

Tavola 1 – Schema della governance istituzionale


(1) Giurista e docente universitario di livello internazionale. È stato Ministro per la funzione pubblica nel 1993-1994 nel Governo Ciampi. Giudice costituzionale dal 2005 al 2014, ha ricoperto diversi incarichi in Commissioni governative. Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica e Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica. Ha scritto oltre 30 libri in materia di diritto amministrativo, diritto pubblico dell’economia, sui sistemi creditizi, di diritto costituzionale, eccetera. Nato nel 1935, tiene ancora conferenze in numerosi Paesi.

(2) D.Lgs. n. 267/2000, “Testo unico degli Enti locali”.

(3) “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni dei Comuni”, c.d. “Legge Delrio”.

(4) “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”.

(5) “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”.

(6) “Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni”.

(7) “Norme in materia ambientale”.

(8) La definizione della norma in oggetto è la seguente: “Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni per l’esercizio associato di funzioni o servizi di loro competenza” (comma 4 dell’art. 1 della Legge n. 56/2014).

(9) Tratte dal documento approvato dai Consigli comunali.

(10) Si tratta dell’attività di indirizzo e vigilanza nei confronti del Corpo di Polizia municipale, che potrebbe esercitare il Presidente dell’Unione, se la funzione è conferita.

(11) Alcuni consiglieri hanno osservato che, in presenza di tutte le funzioni conferite all’Unione, non vi sarebbe più necessità di nominare gli Assessori comunali.

(12) Il TUEL non definisce le competenze degli Assessori, se non dicendo che “La Giunta collabora con il Sindaco” e che la Giunta opera con deliberazioni collegiali esercitando, collegialmente, le competenze previste dal TUEL. Ogni ente, nella propria autonomia, può indicare altre e più specifiche modalità di esercizio di compiti da parte degli Assessori comunali.

(13) Si sa che nei piccoli Comuni gli Assessori sono molto presenti negli Uffici e, spesso, intervengono – nel bene e nel male – nella gestione. Con l’unificazione di tutti i servizi nell’organizzazione dell’Unione, ciò non può più accadere.

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