10/12/2019 – Contratto di concessione per la gestione di asilo nido comunale

Contratto di concessione per la gestione di asilo nido comunale
Il Comune ha stipulato un contratto di concessione asilo nido comunale in base al quale il concessionario riscuote le rette poste a base di gara, assumendosi il rischio di impresa, dietro pagamento di un canone di locazione dei locali di proprietà dell’Ente. Orbene, il concessionario richiede una variazione delle condizioni economiche contenute nel contratto, proponendo un aumento delle tariffe per una percentuale pari al 6.5% sulla scorta degli incrementi complessivi pari al rinnovato CCNL di categoria. Nel contratto è specificato che il concessionario è tenuto ad applicare le rette di frequenza come da offerta in sede di gara; tali rette potranno essere riviste in base alla rilevazione di cui all’art. 175, comma 6, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Invero, il contratto prevede la indicizzazione in riferimento al c.d. indice FOI. Premesso quanto sopra si chiede se si possa dare una risposta negativa alla richiesta pervenuta ovvero se lo squilibrio addotto sia invece motivo di revisione delle tariffe.
a cura di Massimiliano Alesio
Il quesito in esame attiene ad una fattispecie di concessione di servizi, in relazione alla quale si richiede una revisione delle tariffe, quale strumento di remunerazione per il concessionario. La fattispecie concreta può essere così illustrata:
– Il Comune ha conferito in concessione la gestione dell’asilo nido comunale.
– In base a tale concessione, l’operatore privato concessionario riscuote le tariffe di fruizione dell’asilo, come risultanti da offerta fatta in sede di gara, corrisponde al Comune un canone per l’utilizzo dei locali di proprietà comunale e si è assunto i “rischi” tipici del concessionario.
– Il concessionario ha evidenziato che il CCNL di categoria del personale impiegato è stato rinnovato con aumenti, ragion per cui chiede un aumento delle tariffe, ritenendolo necessario al fine di ripristinare l’equilibrio economico, presuntivamente alterato.
– Il contratto prevede: – che il concessionario applichi le tariffe come risultanti dalla gara; – che le tariffe potranno essere riviste in base a quanto stabilito dall’art. 175, comma 6, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
A questo punto, si chiede di sapere se la richiesta del concessionario (aumento delle tariffe del 6,5%) possa essere accolta o denegata.
Orbene, la disposizione codicistica richiamata in sede di quesito stabilisce che il valore delle variazioni consentite dal comma 1, lettere “a”, “b”, “c”, dal comma 2 e dal comma 4 può essere aggiornato se la concessione prevede una clausola di indicizzazione. Se la concessione non prevede una clausola di indicizzazione, il valore aggiornato è calcolato tenendo conto dell’inflazione calcolata dall’ISTAT. Nella concreta fattispecie, il contratto di concessione prevede il riferimento al cd. Indice FOI.
Ora, le ipotesi di variazioni consentite, richiamate dal contratto di concessione, risultano essere le seguenti:
1) Modifiche, di qualsiasi valore, espressamente previste nei documenti di gara iniziali mediante clausole chiare, precise ed inequivocabili, disciplinanti la portata, la natura delle eventuali modifiche, nonché le condizioni alle quali possono essere impiegate. Punto importante: come letteralmente previsto, siffatte clausole non possono apportare modifiche che alterino la natura generale della concessione.
2) Servizi supplementari, da parte del concessionario originario, resisi necessari, seppur non inclusi nella concessione iniziale, ove un cambiamento di concessionario risulti impraticabile per motivi economici o tecnici.
3) Ricorrenza contestuale delle seguenti condizioni: – la necessità di modifica deriva da circostanze, che la stazione appaltante non ha potuto prevedere utilizzando l’ordinaria diligenza; – la modifica non altera la natura generale della concessione.
4) Ulteriori modifiche consentite se: – non viene oltrepassata la soglia di rilevanza comunitaria per i lavori; – se non viene oltrepassato il 10% del valore della concessione iniziale.
In base alla casistica riportata, forse, la concreta fattispecie potrebbe rientrare, previa verifica dei valori economici, nell’ipotesi n. 4.
Tuttavia, occorre procedere ad un importante ed imprescindibile considerazione.
La concessione di servizi, come stabilito dall’art. 3, comma 1, lettera vv, del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, è un contratto a titolo oneroso, in virtù del quale la Pubblica amministrazione affida ad un operatore economico la gestione di un servizio, riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo. In ogni caso, elemento centrale della concessione è l’assunzione in capo al concessionario del “rischio operativo” legato alla gestione dei servizi. Siffatto rischio operativo viene definito e qualificato come segue dalla successiva lettera “zz” come segue: “rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico”. La disposizione normativa continua, poi, stabilendo e chiarendo che il rischio operativo si ricollega a “condizioni operative normali”, cioè all’insussistenza di eventi non prevedibili, idonei a non garantire il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei servizi oggetto della concessione. Ancora, la disposizione normativa chiarisce che il rischio operativo deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato, tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile.
Orbene, nella concreta fattispecie dedotta in sede di quesito, siamo in presenza di un rischio operativo nella forma e sottospecie di “rischio delle relazioni industriali”, cioè il rischio collegato alle normali relazioni con i Sindacati ed al loro esito. Siffatto rischio, in quanto rientrante nel rischio operativo, non può che essere sopportato unicamente dal concessionario e non condiviso con l’Amministrazione concedente. Infatti, un aumento dei salari, correlato ad un rinnovo di un contratto di categoria, costituisce evento largamente prevedibile da parte dell’operatore economico, il quale, nel momento della formulazione dell’offerta, deve tenerne debitamente conto.
Pertanto, la richiesta del concessionario (aumento delle tariffe del 6,5%, a fronte dei rinnovi contrattuali di categoria), deve essere denegata, in quanto l’evento posto a base della richiesta medesima (il rinnovo contrattuale) rientra nel rischio operativo a carico del concessionario.

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