10/01/2019 – Pergolati, gazebo, tettoie, pensiline e pergotende: no al permesso di costruire per le strutture precarie

Pergolati, gazebo, tettoie, pensiline e pergotende: no al permesso di costruire per le strutture precarie

di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale

Un Comune ha ordinato ad un privato la demolizione e la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, in quanto gravati da una costruzione ritenuta abusiva. Insorto davanti al T.A.R., il privato è rimasto soccombente e ha poi adito il Consiglio di Stato, che con la sentenza n. 7221 del 24 dicembre 2018 ha accolto l’appello, riformato la sentenza di primo grado e annullato il provvedimento.

Oggetto del supposto abuso era un manufatto in legno realizzato senza titolo abilitativo, della superficie di 33 mq circa, avente un’altezza dal piano di campagna di circa tre metri e adiacente a un fabbricato di proprietà dello stesso ricorrente. Il gazebo non era ancorato al fondo ma soltanto adagiato sul prato allestito a giardino, e il calpestio interno risultava assicurato da una pedana di assi paralleli di legno grezzo, rialzata di alcuni centimetri rispetto al piano di campagna.

Il giudizio davanti al T.A.R.

Davanti al T.A.R., il privato ha lamentato violazioni formali, come quella dell’art. 7L. n. 241 del 1990, oltre a difetto di motivazione rispetto alla sussistenza di un pubblico interesse concreto alla demolizione del manufatto e al contrasto con la disciplina urbanistica, considerato che la funzione assolta dal gazebo era solo di carattere accessorio, pertinenziale e di entità limitata. Anche dal punto di vista paesaggistico, a detta del ricorrente non sussistevano criticità, in quanto la stessa Soprintendenza si è già espressa a suo tempo, assumendo l’irrilevanza dell’impatto di un manufatto non costituente volumetria, per il quale rimaneva esclusa la necessità di rilasciare l’autorizzazione paesaggistica. Ancora, si criticava la competenza dell’organo dirigenziale nell’adozione del provvedimento di ordinanza.

Come abbiamo anticipato, il Tribunale ha respinto il ricorso, e in merito alle censure prospettate dal privato, ha motivato ritenendo che alla luce della natura vincolata del provvedimento, non fosse necessaria la comunicazione di avvio del procedimento. Allo stesso modo, non era richiesta una specifica motivazione che desse conto della valutazione delle ragioni di interesse pubblico e della comparazione di quest’ultimo, non potendosi ravvisare alcun affidamento alla conservazione dell’opera abusiva. E’ stata respinta anche la censura relativa al difetto di competenza dell’organo di gestione, in quanto ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, competente ad emanare il provvedimento demolitorio è il dirigente dell’ufficio comunale.

Nel merito, il Tribunale ha ritenuto sussistente l’abuso in mancanza di permesso di costruire, a fronte delle dimensioni significative del manufatto e della conseguente idoneità a mutare lo stato dei luoghi in modo durevole e non irrilevante.

L’appello al Consiglio di Stato

In sede di appello, il privato ha ribadito il carattere pertinenziale della struttura, anche a fronte delle sue caratteristiche: dimensioni limitate, contiguità al fondo, impossibilità di uso autonomo, mancanza di tamponature laterali e presenza di grate di legno laterali con maglie a rombo intersecate da vegetali rampicanti.

Il Collegio d’appello ha attribuito importanza al comportamento processuale dell’amministrazione comunale, che oltre a non costituirsi, non ha soddisfatto al duplice richiesta istruttoria indirizzatagli dalla stessa sezione. Pur riconoscendo che il convincimento del giudice deve maturare considerando tutte le risultanze processuali disponibili, per cui rimane escluso un nesso di consequenzialità necessaria tra eventuali omissioni e soccombenza della parte ritenuta inadempiente, la sentenza n. 7221 del 2018 si è soffermata sulla possibilità di desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti. La mancata costituzione in giudizio, e l’omissione degli incombenti istruttori da parte del Comune ha senz’altro influito sulla decisione, nel senso che il Collegio non ha potuto che prendere atto della ricostruzione argomentativa operata dal privato. In mancanza di controdeduzioni da parte del Comune, è prevalsa la tesi dell’irrilevanza volumetrica del manufatto, stante il suo carattere pertinenziale e la sua inidoneità strutturale a determinare modifiche stabili dei luoghi. Va però chiarito che la ricostruzione della parte privata, oltre che per la mancanza di elementi in contrario offerti dal Comune, è stata accolta in quanto ritenuta condivisibile nel merito. Con il suo atteggiamento, il Comune non ha ritenuto di opporsi al carattere di pertinenzialità del manufatto oltre che alla qualificazione dell’intervento in discussione quale manutenzione straordinaria in termini tali da non implicare una trasformazione del territorio durevole e di impatto rilevante, al punto da non esigere il previo rilascio del permesso di costruire.

Circa la necessità, in termini generali, del titolo abilitativo, il Collegio ricorda che il discrimine attiene di norma a criteri di consistenza e stabilità, o meno, del manufatto. In relazione ad alcune opere, normalmente di limitata consistenza e di esiguo impatto sul territorio, come pergolati, gazebo, tettoie, pensiline e pergotende, non è sempre agevole individuare il limite entro il quale esse possono farsi rientrare nel regime dell’edilizia libera o, invece, devono farsi ricadere nei casi di edilizia non libera per i quali è richiesta una comunicazione all’amministrazione preposta alla tutela del territorio o il rilascio di un permesso di costruire. Nel caso concreto, esaminata la documentazione anche fotografica, il Collegio ha concluso che le caratteristiche tipologiche e dimensionali del manufatto, siano tali da escludere che la fattispecie ricada tra gli interventi edilizi comportanti una durevole e rilevante trasformazione del territorio sì da imporre il rilascio del permesso di costruire. Al contrario, l’intervento è apparso qualificabile come manutenzione straordinaria o anche, addirittura, come arredo esterno pertinenziale riferito a un manufatto di non disagevole rimovibilità. Pertanto, l’appello è stato accolto e l’ordinanza di demolizione annullata.

Altri casi analoghi

La copiosa Giurisprudenza in materia ha messo in luce ulteriori aspetti in altri casi analoghi a quello trattato con la sentenza n. 7221 del 2018. Di fronte ad un ordine di demolizione emanato contro l’edificazione di una tettoia in legno, è stata esclusa la necessità del permesso di costruire. Il manufatto presentava una copertura in tegole canadesi di mq. 35 e, al di sotto di essa, un vano in ampliamento costituito da alluminio e vetri di m 14 per 2,60 di altezza. In questo caso, con la sentenza n. 2248 del 2018, il Collegio ha escluso la fattispecie dell’attività in edilizia libera di cui all’art. 6, comma 1, D.P.R. n. 380 del 2001, secondo la versione applicabile al caso concreto. Nemmeno il comma 2 dello stesso articolo, vigente all’epoca dei fatti, e poi abrogato dal decreto Scia2, presentava fattispecie assimilabili, non trattandosi di manutenzione straordinaria, in quanto la tettoria si configurava come elemento nuovo. Né si poteva parlare di elemento d’arredo, essendo quest’ultimo riferito ad interventi minimi, tendenzialmente finalizzati all’abbellimento di una struttura preesistente e non ad una nuova struttura peraltro di una certa dimensione. Si trattava invece di una pertinenza dell’edificio cui accede, finalizzata ad una migliore e più comoda fruizione del terrazzo. Tuttavia, non si profila un intervento di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio tale da richiedere la presentazione di un’istanza di permesso di costruire. Non siamo di fronte né ad una nuova costruzione, né ad una ristrutturazione edilizia, in quanto la struttura realizzata non porta ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal preesistente. L’inquadramento dell’opera come soggetta a permesso di costruire, si giustificava per la supposta presenza di nuova volumetria dovuta alla configurazione della tettoia, che risultava aperta su un solo lato. Il Collegio, sulla base della documentazione fotografica prodotta, ha rigettato tale interpretazione, ritenendo invece la tettoria aperta su tre lati, tranne quello aderente al muro.

Un confronto rispetto all’attuale quadro normativo sull’edilizia libera

E’ noto che a causa della nuova classificazione degli interventi edilizi introdotta dal D.Lgs. n. 222 del 2016 (decreto Scia2), la disciplina dei regimi amministrativi e dei titoli abilitativi ha subito importanti modifiche. Se andiamo ad esaminare il nuovo glossario dell’edilizia libera, recentemente approvato con D.M. 2 marzo 2018, possiamo notare come gli elementi di arredo delle aree di pertinenza si sostanzino in pergolati di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo, tenda, tenda a pergola, pergotenda, copertura leggera di arredo, per i quali si ammettono interventi di installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento. In realtà, l’intervento all’esame del Consiglio di Stato non rientra nei casi indicati.

Cons. di Stato, Sez. VI, 24 dicembre 2018, n. 7221

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