09/12/2019 – Oneri fiscali e contributivi connessi al pagamento dei diritti di rogito dopo la deliberazione n. 24/2019 della Sezione Autonomie: indicazioni operative

Oneri fiscali e contributivi connessi al pagamento dei diritti di rogito dopo la deliberazione n. 24/2019 della Sezione Autonomie: indicazioni operative
Con deliberazione n. 24/2019 la Sezione Autonomie della Corte dei conti è tornata nuovamente sul tema della corretta interpretazione dell’art. 10 del d.l. n. 90/2014, convertito con legge n. 114/2014, norma che ha modificato la disciplina dei compensi connessi all’attività rogatoria dei segretari comunali.
 
Questa volta il tema non ha riguardato l’individuazione dei segretari cui competono i diritti di rogito (questione che dopo aver dato luogo ad un forte contrasto interpretativo tra giudice contabile e giudice ordinario è stato risolto con deliberazione della Sezione Autonomie n. 18/2018 con la quale la Corte dei conti ha cambiato il proprio orientamento “restrittivo), ma il soggetto su cui gravano gli oneri previdenziali e fiscali relativi alle somme da erogare.
Anche sull’individuazione del soggetto su cui gravano gli oneri previdenziali e fiscali relativi alle somme da erogare per l’attività di rogito si registravano diverse interpretazioni.
Secondo una prima interpretazione, contenuta nella deliberazione della Sezione Autonomie della Corte dei conti n. 21/2015, le somme destinate al pagamento dei diritti di rogito devono intendersi al lordo di tutti gli oneri accessori connessi all’erogazione, ivi compresi quelli a carico degli enti.
La seconda interpretazione veniva, invece, inizialmente prospettata dai giudici del lavoro che iniziavano a pronunciarsi anche sul tema degli oneri fiscali e previdenziali connessi ai diritti di rogito (per un approfondimento del tema si rinvia all’articolo pubblicato sulla Gazzetta degli Enti Locali del 7 febbraio 2018 dal titolo IRAP e oneri riflessi sui compensi per diritti di rogito ai segretari), che giungevano a soluzioni diametralmente opposte a quelle cui era giunta la Sezione Autonomie della Corte dei conti, ritenendo che:
 
  • l’IRAP, non essendo un onere riflesso, non può gravare sul lavoratore dipendente in relazione ai compensi di cui è pacifica la natura retributiva;
  • gli oneri riflessi sulle somme da erogare a titolo di diritti di rogito devono essere ripartiti tra comune e segretario secondo le regole ordinarie, non sussistendo alcuna previsione normativa espressa che consenta di derogare a tali regole.

La Corte dei conti sez. Veneto, adeguandosi alle decisioni del giudice ordinario, con deliberazione n. 400 del 18 ottobre 2018, aveva ritenuto che sulle somme corrisposte l’IRAP è a carico degli enti, mentre  gli oneri previdenziali devono essere ripartiti in base ai criteri ordinari. 

La sezione ligure della Corte dei conti, condividendo le conclusioni cui era giunta la sezione veneta, aveva ritenuto di dover promuovere, con deliberazione n. 74/2019/QMIG, un nuovo pronunciamento della sezione Autonomie. Il quesito posto dalla Sezione Liguria chiedeva di chiarire se le somme destinate al pagamento dei diritti di rogito dei segretari comunali dovessero intendersi al lordo di tutti gli oneri accessori connessi all’erogazione, ivi compresi quelli a carico degli enti (in particolare, IRAP e contributi fiscali e previdenziali), ovvero se gli oneri fiscali e contributivi connessi al pagamento dell’emolumento in parola andassero ripartiti, tra ente locale e segretario comunale, secondo le regole previste dalla vigente normativa fiscale e previdenziale.

Con deliberazione n. 24/2019 la Sezione Autonomie della Corte dei conti  ha ritenuto inammissibile il quesito dal punto di vista oggettivo. Infatti, secondo la Sezione Autonomie, la questione non riguarda la “materia di contabilità pubblica”, in quanto «si tratta, evidentemente, di fattispecie in cui i profili contabili, se non marginali, non sono comunque preminenti rispetto ad altre problematiche di ordine giuridico che più propriamente devono essere risolte in diversa sede». Tale conclusione è avvalorata dalla presenza di pronunce di organi giurisdizionali di diversi ordini (come dimostrano le pronunce in materia emesse dal giudice ordinario). Il quesito  involge, da un lato, l’applicazione di norme di diritto pubblico quali sono quelle che appartengono alla materia del diritto tributario, insuscettibili di ogni possibile adattamento in funzione dei deliberati in sede consultiva della Corte dei conti, dall’altro, la cognizione e l’accertamento di diritti soggettivi patrimoniali, la cui tutela si fonda su propri “statuti” processuali e sostanziali indefettibili rispetto ai quali non hanno rilevanza ed efficacia giuridica fonti ad essi estranee. In altre parole, in situazioni come quella in esame non si rinvengono quei caratteri – se non di esclusività – di specializzazione funzionale che caratterizzano la funzione consultiva della Corte dei conti, e che giustificano la peculiare attribuzione da parte del legislatore”.

Cosa fare adesso?

Quali le indicazioni operative?

In un recente articolo, pubblicato sulla Gazzetta degli enti locali, dal titolo Oneri fiscali e contributivi connessi al pagamento dei diritti di rogito dopo la deliberazione n. 24/2019 della Sezione Autonomie: indicazioni operative ho elaborato i seguenti consigli operativi:

 

  • l’interpretazione della Sezione Autonomie contenuta nella deliberazione n. 21/2015, secondo la quale le somme destinate al pagamento dei diritti di rogito devono intendersi al lordo di tutti gli oneri accessori connessi all’erogazione, ivi compresi quelli a carico degli enti, deve ritenersi non più attuale, a seguito della successiva delibera n. 24/2019, con la quale la Sezione Autonomie ha ritenuto competente sul tema il giudice che ha cognizione e procede all’accertamento di diritti soggettivi patrimoniali (ossia il giudice ordinario);
  • la dichiarazione di inammissibilità oggettiva è stata pronunciata sulla base di una deliberazione di remissione della questione in cui non solo si prospettava una ricostruzione diversa da quella contenuta nella deliberazione n. 21/2015 da parte delle sezioni regionali, ma si faceva espressa menzione della posizione del giudice ordinario;
  • il giudice ordinario, quando si è pronunciato su questi temi, è giunto alla conclusione che l’IRAP è a carico dell’Ente locale, mentre gli oneri contributivi devono essere ripartiti tra ente e segretario comunale, ciascuno assumendo a proprio carico la quota di pertinenza, non rinvenendosi nell’ordinamento, una norma che deroghi al sistema ordinario di riparto;
  • anche alcune sezioni regionali della Corte dei conti, alla luce delle decisioni del giudice ordinario, erano giunte alla medesima conclusione indicata nel precedente punto 3 (si veda in particolare, per la puntuale ricostruzione della normativa, la deliberazione n. 400/2018 della Corte dei conti, Sez. controllo del Veneto);
  • proprio a seguito della dichiarazione di inammissibilità oggettiva contenuta nella deliberazione della Sez. Autonomie n. 24/2019, sul punto non arriveranno altre indicazioni dalle sezioni regionali della Corte dei conti, le quali, qualora investite nuovamente della questione, dovranno limitarsi a dichiarare l’inammissibilità del quesito;
  • le decisioni da assumere da parte degli operatori degli enti interessati non potranno a questo punto che basarsi sulle decisioni del giudice ordinario, il giudice competente alla cognizione e all’accertamento di diritti soggettivi patrimoniali, il quale ha già espresso il proprio orientamento di merito, che, si ribadisce, è stato fatto proprio anche dalle Sezioni regionali Veneto e Liguria della Corte dei conti;
  • eventuali interpretazioni “restrittive” non è detto che garantiscano maggiormente l’ente, anzi possono rappresentare un potenziale danno. Sul punto può rammentarsi quanto avvenuto in ordine alla spettanza dei diritti di rogito sulla base della deliberazione della Sezione Autonomie n. 21/2015, dallo scrivente ritenuta da sempre errata. Moltissime amministrazioni si adeguarono all’interpretazione che escludeva tra gli aventi diritto all’emolumento i segretari di fascia A e B anche se operanti in enti privi di dirigenza. Molti segretari proposero l’azione giudiziaria innanzi al giudice del lavoro che sempre diede ragione ai segretari, giungendo anche in alcuni casi a condannare le amministrazioni alle spese di giudizio: in molti casi le spese legali furono superiori alle somme dovute per la sorte”.
Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto