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Niente concorso per sostituire chi va via in mobilità

di Luigi Oliveri
No ad assunzioni mediante concorso per supplire a una fuoriuscita dovuta a mobilità, anche se l’ente dispone di sufficienti risorse per assunzioni. La deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, n.153/2019, evidenzia l’urgente necessità di coordinare le nuove disposizioni sulle risorse da destinare alle assunzioni contenute nell’articolo 33 del dl 34/2019 (cosiddetto decreto crescita) con il diritto e, soprattutto, le interpretazioni connesse al diritto previgente. È bene chiarire che la sezione Lombardia è stata investita del quesito posto da un comune prima dell’entrata in vigore del decreto crescita. In particolare, l’ente, che imprudentemente aveva concesso la mobilità in uscita all’unico agente di polizia municipale, ha chiesto se fosse possibile coprire il posto resosi vacante mediante concorso, visto che era andato a vuoto il tentativo di acquisire un altro vigile con la mobilità in entrata. In particolare, il comune ha proposto alla sezione la possibilità di assumere in applicazione del 35-bis del dl 113/2018 (primo decreto sicurezza del ministro Matteo Salvini).
La sezione, pur dando atto che il comune era in possesso dei requisiti finanziari presupposto per l’ampliamento delle facoltà assunzionali concesso dal citato articolo 35-bis, ha tuttavia negato la possibilità di assumere il vigile mediante concorso. Il parere evidenzia che l’assunzione per concorso «appare in contrasto col divieto di computare le cessazioni dal servizio per mobilità, quale risparmio utile per definire la disponibilità finanziaria da destinare alle assunzioni, in relazione ai limiti normativi definiti per il turnover».
La considerazione della mobilità come «neutra» ai fini della determinazione delle facoltà assunzionali non pare in armonia con le previsioni del decreto crescita. Infatti, tale norma abbandona del tutto la correlazione tra capacità assunzionali e risorse liberate dalle cessazioni del personale, che caratterizza da almeno 15 anni la normativa.
Il dl crescita scinde totalmente la spesa attivabile per le assunzioni da una correlazione diretta con il costo delle cessazioni o, comunque col turnover. Il che non può non permettere all’ente di destinare la spesa consentita a coprire tutti i posti vacanti previsti dal piano dei fabbisogni, qualunque sia la causa della vacanza, compresa una mobilità in uscita.
La riforma fa perdere alla «neutralità» della mobilità ogni rilevanza rispetto alla determinazione delle capacità assunzionali. Ma, per evitare che la magistratura contabile trascini ancora pareri come quello in commento sarebbe necessario un chiarimento normativo espresso

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