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Sui diritti di rogito spunta il rischio debiti fuori bilancio

[p.34] Sui diritti di rogito spunta il rischio debiti fuori bilancio. È una delle possibili conseguenze della recente deliberazione (n. 18/2018) con cui la sezione delle autonomie della Corte dei conti (si veda ItaliaOggi del 27/7/2018) ha messo la parola fine alla telenovela sulla spettanza di tali emolumenti, allineandosi all’orientamento espresso dal giudice ordinario e modificando la propria precedente interpretazione restrittiva. Come noto (si veda ItaliaOggi del 22 aprile 2016), la questione nasce dall’art. 10, comma 2-bis, del dl 90/2014: esso dispone che i diritti di rogito spettano «negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno la qualifica dirigenziale», in misura comunque non superiore a un quinto dello stipendio in godimento. Tale norma ha dato luogo a due interpretazioni diverse: da un lato, si è affermato che l’emolumento competerebbe esclusivamente ai segretari di enti di piccole dimensioni collocati in fascia C, dall’altro lato si è argomentato che negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale i diritti spettano a prescindere dalla fascia professionale in cui è inquadrato il segretario. La magistratura contabile ha sposato la prima tesi, sebbene con non poche oscillazioni che avevano reso necessario, come detto, un primo intervento chiarificatore delle Autonomie con la deliberazione n. 21/2015. Sul fronte opposto, si sono schierati compatti i tribunali del lavoro, che aditi dai segretari esclusi hanno sempre accolto i ricorsi. Da qui, il cambio di rotta, sollecitato dalla sezione regionale di controllo per il Veneto e imposto dalla necessità di pervenire finalmente a una soluzione definitiva «rispettosa di un principio di coerenza sistematica» dell’ordinamento. Insomma, la Corte si è adeguata, pur senza rinunciare a rimarcare le differenze fra il proprio percorso valutativo e quello fatto proprio dal giudice ordinario: mentre quest’ultimo privilegia, sulla base dell’interpretazione letterale di una norma poco chiara, l’interesse patrimoniale particolare della categoria dei segretari, la prima aveva optato per un’interpretazione funzionale al conseguimento dell’interesse pubblico a garantire maggiori entrate in favore degli enti locali. A questo punto, quindi, i ragionieri possono procedere a liquidare i diritti di rogito. Per il pregresso, è certamente legittimo l’utilizzo delle somme che nel frattempo sono state prudenzialmente accantonate (anche se ciò ha un impatto negativo sul pareggio di bilancio, almeno fino a che non saranno recepite le pronunce della Consulta sulla piena disponibilità dell’avanzo). Le amministrazioni che non avessero proceduto in tal senso, invece, potrebbero trovarsi di fronte addirittura a dei debiti fuori bilancio, avendo usufruito di un servizio (che si è scoperto poi essere) oneroso senza le necessarie coperture. Si tratterebbe di un paradosso evidente, per evitare il quale, però, è necessario forzare le attuali regole contabili. Non è escluso, quindi, che la Corte debba tornare nuovamente sul tema.

08/08/2018 

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