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Le principali pronunce e indirizzi della Corte dei Conti-15/31 ottobre 2019
di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria e Vicesegretario del Comune di Serramazzoni
La Giurisprudenza Consultiva
CONTABILITA’ E CONTROLLI
– Un Sindaco chiede di esprimere un parere sulla possibilità di estendere riduzioni/esenzioni previste dall’istituto del c.d. baratto amministrativo anche ai “canoni” (di occupazione suolo pubblico, di polizia idraulica, etc.) oltre che ai tributi locali, nonostante l’art. 190D.Lgs. n. 50/2016, faccia riferimento solo ad entrate tributarie, ossia non menzioni espressamente le entrate locali aventi natura sinallagmatica e non prettamente tributaria. La questione ermeneutica che questa Sezione è chiamata ad affrontare va limitata al quesito se le “riduzioni o esenzioni” possano riguardare esclusivamente i “tributi” o anche altre entrate patrimoniali dell’ente. La Sezione sospende la pronuncia in relazione al quesito posto e dispone la rimessione degli atti al Presidente della Corte dei Conti per le sue valutazioni circa il deferimento e la risoluzione, ex art. 6, comma 4, D.L. n. 174/2012 convertito in L. n. 213/2012 o ai sensi dell’art. 17, comma 31, D.L. n. 78/2009 convertito con modificazioni dalla L. n. 102/2009, della seguente questione: “se in sede di esercizio della potestà regolamentare prevista dall’art. 190D.Lgs. n. 50/2016 l’ente locale possa prevedere l’applicabilità dell’istituto del c.d. baratto amministrativo per la riduzione e/o estinzione di crediti di natura extra tributaria, connessi all’erogazione di servizi pubblici o di prestazioni a domanda individuale”. La Sezione ha dichiarato la richiesta di parere in parte inammissibile e, per la restante parte, considerata la rilevanza sistematica delle problematiche poste nell’ambito della materia dei contratti pubblici, ha deliberato di sottoporre al Presidente della Corte dei conti tre questioni di massima aventi carattere di interesse generale per tutte le amministrazioni aggiudicatrici sottoposte al controllo della Corte dei conti.
– La Sezione aderendo alla soluzione espressa dalle Sezioni Riunite con la sentenza n. 12/2007, ritiene che il debito si considera maturato al momento del deposito della sentenza di condanna emessa a carico del comune, evidenziando come “deve rilevarsi che l’art. 194 del D.Lgs. n. 267/2000, nel disciplinare il riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio, espressamente contempla i debiti fuori bilancio “derivanti da” sentenze esecutive (comma 1, lett. a). Dunque, a differenza delle altre fattispecie di debiti fuori bilancio (che può dirsi che maturino con la delibera di riconoscimento), nel caso della sentenza esecutiva il comando del giudice esclude ogni discrezionalità e sposta a monte il momento della maturazione del debito“.
– Il giudice dei conti rileva l’errata contabilizzazione del fondo cassa economale tra le anticipazioni di tesoreria, anziché tra le partite di giro: l’ente ha, infatti, riportato alla voce “Anticipazioni da istituto tesoriere” le anticipazioni per il servizio economato; trattandosi di “cassa economale”, la Corte invita l’Amministrazione comunale alla corretta applicazione di quanto previsto dal principio della contabilità finanziaria, allegato 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011, il quale al punto 7.1 – I servizi per conto terzi e partite di giro – stabilisce che “In deroga alla definizione di “Servizi per conto terzi”, sono classificate tra tali operazioni le transazioni riguardanti i depositi dell’ente presso terzi, i depositi di terzi presso l’ente, la cassa economale…” e non tra le anticipazioni di tesoreria, come invece avvenuto per il Comune.
– Il giudice dei conti, considerata l’esigenza di un’interpretazione uniforme sul territorio nazionale delle disposizioni di legge esaminate in delibera, tenuto conto della necessità del coordinamento della finanza pubblica, sottopone al Presidente della Corte dei conti, ex art. 6, comma 4, L. n. 213/2012, l’opportunità di rimettere alla Sezione delle Autonomie, ovvero alle Sezioni riunite ai sensi dell’art. 17, comma 31, L. n. 102/2009, le seguenti questioni di massima di particolare rilevanza: “se il comma 821 della L. n. 145/2018 abbia abrogato il comma 1 dell’art. 9L. n. 243/2012 e se, oltre ad aver ridefinito il parametro dell’equilibrio di bilancio in senso difforme da quanto disposto dall’art. 9, comma 1 e comma 1-bis, della L. n. 243/2012, abbia prodotto effetti anche sulle condizioni per il ricorso all’indebitamento da parte di Regioni ed Enti locali disciplinate, in particolare, dall’art. 10, comma 3, della medesima L. n. 243/2012“.
– Un sindaco propone una richiesta di parere sull’impatto del Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE) sulle coperture per il servizio “Ciclo di Gestione dei rifiuti sul territorio comunale”, ex art. 14, comma 1, D.L. n. 201/2011, convertito in L. n. 214/2011 s.m.i., ora art. 1, comma 654, L. n. 147/2014; in particolare, chiede se la TARI vada inclusa o meno tra le entrate soggette a calcolo e svalutazione tramite il FCDE. La Sezione ricostruisce la natura del FCDE come atipico fondo rischi, con funzione di salvaguardia rispetto ad un rischio operativo e di organizzazione, dopodiché chiarisce che il FCDE è un istituto che opera sul terreno “macro” del raggiungimento effettivo degli equilibri di bilancio, consentendo di raggiungere (o di programmare il raggiungimento) il saldo di equilibrio nella continuità degli esercizi finanziati, attraverso una riclassificazione del risultato d’amministrazione (artt. 187188 TUEL) e del saldo di equilibrio per competenza (art. 162 TUEL). Diversamente, talvolta, il legislatore si occupa di definire i criteri di copertura “micro” delle singole spese, individuando la tipologia di risorse da drenare come risparmio pubblico ed il criterio di calcolo delle stesse. Così accade nel caso della TARI e della “copertura” del ciclo di gestione dei rifiuti sul territorio comunale. In proposito, si deve ricordare che ai sensi dell’art. 1, comma 654, L. n. 147/2014, la tariffa deve assicurare “la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio, ricomprendendo anche i costi di cui all’art. 15D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, ad esclusione dei costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori comprovandone l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.” Pertanto, fermo restando i criteri di calcolo dell’importo minimo della TARI, resta inteso che sul piano dei saldi di bilancio, il Comune è tenuto a rispettare l’art. 162 TUEL e, se a causa delle svalutazioni effettuate su classi di crediti ragionevolmente individuati non è in grado di raggiungere il pareggio, dovrà comunque assicurare le risorse mancanti. Infatti, il Comune non può sottrarsi agli effetti svalutativi e alla necessità di ulteriori coperture mediante un ragionamento legato alle funzioni o caratteristiche storiche della TARI; non può cioè addurre nessun ragionamento svalutativo analitico, in relazione alle caratteristiche del tributo/dei creditori, ma deve attenersi ai criteri di legge per il calcolo del FCDE.
– La richiesta di parere è volta a conoscere se alcune specifiche entrate (somme attribuite ex L. n. 386/1975 e risorse introitate a titolo di TARI) possano essere considerate o meno a natura vincolata. In linea coi principi elaborati in materia dalla Sezione delle autonomie (delibera n. 31/2015/INPR), devono ritenersi entrate vincolate per cassa le somme trasferite ex L. n. 386/1975 a titolo di compensazione finanziaria a favore di “comuni italiani di confine”. Circa il secondo quesito, la Sezione rinvia alla propria delibera n. 157/2019, in cui ha già ampiamente approfondito la fattispecie relativa alla gestione vincolata delle risorse derivanti dal servizio di raccolta e smaltimento rifiuti negli enti in dissesto finanziario, ponendo a fondamento delle proprie conclusioni quanto sostenuto in proposito dalla Sezione delle Autonomie (delibera n. 3/SEZAUT/2017) e, successivamente, positivizzato dal legislatore con l’art. 36D.L. n. 50/2017.
– La Corte dei conti si è pronunciata sulla modalità di copertura finanziaria dei costi del servizio di trasporto scolastico e ha stabilito che gli Enti locali, nell’ambito della propria autonomia finanziaria e nel rispetto degli equilibri di bilancio, quali declinati dalla legge di bilancio 2019, nonché della clausola d’invarianza finanziaria, possono dare copertura finanziaria al servizio di trasporto scolastico anche con risorse proprie, con corrispondente minor aggravio a carico dell’utenza. La Corte ha inoltre precisato che, nel rispetto di questi principi, laddove l’Ente ne ravvisi la necessità motivata dalla sussistenza di un rilevante e preminente interesse pubblico oppure il servizio debba essere erogato nei confronti di categorie di utenti particolarmente deboli e/o disagiati, la quota di partecipazione diretta dovuta dai soggetti beneficiari per la fruizione del servizio può anche essere inferiore ai costi sostenuti dall’amministrazione per l’erogazione dello stesso, o nulla o di modica entità, purché individuata attraverso meccanismi, previamente definiti, di gradazione della contribuzione degli utenti in conseguenza delle diverse situazioni economiche in cui gli stessi versano.
ORGANI DI GOVERNO
– Il giudice dei conti si esprime in merito alla corretta determinazione delle indennità di funzione/gettoni di presenza spettanti agli amministratori locali con meno di 1000 abitanti.
PERSONALE E PREVIDENZA
– Un Sindaco ha chiesto se «nel caso in cui il Regolamento Comunale riguardante gli incentivi per la progettazione a favore del personale tecnico interno all’Ente, aggiornato fino al D.Lgs. n. 163/2006, non sia stato adeguato a quanto prescritto dal D.L. n. 90/2014, che nella legge di conversione abroga i commi 5 e 6 dell’art. 92D.Lgs. n. 163/2006 e introduce nell’art. 93 i commi 7 bis, 7 ter, 7 quater e 7 quinquies, che disciplinano il “fondo per la progettazione e l’innovazione”, è possibile adottare una norma regolamentare di adeguamento di detto regolamento con valenza retroattiva al fine di ripartire gli incentivi accantonati in bilancio e maturati dai dipendenti per l’attività svolta nel periodo ricompreso tra l’entrata in vigore dell’art. 13 bisD.L. n. 90/2014 e l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016». La Sezione ha richiamato i propri precedenti secondo cui il regolamento può disciplinare con effetto retroattivo la distribuzione di incentivi tecnici accantonati nel regime normativo antecedente il D.Lgs. n. 50/2016 perché la retrodatazione degli effetti è consentita dall’art. 216, 1° e 3° co., del medesimo D.Lgs. n. 50/2016. Nella predetta facoltà d’incidere retroattivamente con lo strumento del regolamento sopra indicato, pare assorbita la possibilità d’intervenire con una norma regolamentare di adeguamento delle pregresse disposizioni, aggiornate fino al D.Lgs. n. 163/2006, alle previsioni recate dal D.L. n. 90/2014. La Sezione ha richiamato, infine, i più recenti orientamenti della giurisprudenza contabile sui confini del ridetto potere regolamentare, che può disciplinare le situazioni pregresse nel rigoroso rispetto dei limiti e parametri che la normativa, applicabile al tempo di tali situazioni, imponeva, risultando escluso, di conseguenza, che il regolamento suddetto possa attualmente disciplinare la distribuzione di risorse accantonate secondo criteri non conformi con quelli in vigore al tempo dell’attività incentivabile.
– La Sezione, con riferimento al punto 5.2, allegato 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011, nell’aderire a consolidati orientamenti della giurisprudenza contabile, ritiene che, in caso di mancata costituzione del Fondo del salario accessorio nell’anno di riferimento, confluisce nell’avanzo vincolato soltanto la quota stabile del Fondo, “in quanto obbligatoriamente prevista dalla contrattazione collettiva”, e confermando che rientrano nell’ambito delle risorse variabili del Fondo quelle di cui all’art. 67, comma 3, lett. e), CCNL 21 maggio 2018, nonché quelle non integralmente utilizzate in anni precedenti.
– Il regolamento potrà disporre per la corresponsione degli incentivi maturati nel passato, ma solo in attuazione della normativa previgente, sulla base della sua ultrattività per la regolazione delle fattispecie pregresse (come disposto dall’art. 216D.Lgs. n. 50/2016) e nei limiti in cui rimette espressamente alla stessa normativa previgente la disciplina di quelle stesse fattispecie. Il regolamento sopravvenuto potrà dunque disciplinare le situazioni pregresse, nel caso di specie la ripartizione degli incentivi tecnici, nel rigoroso rispetto, tuttavia, dei limiti e parametri che la normativa, applicabile al tempo di tali situazioni, imponeva. Si deve, invece escludere che lo stesso possa oggi disciplinare la distribuzione di risorse accantonate secondo criteri non uniformi a quelli in vigore al momento dell’attività incentivabile.
– Un Sindaco ha chiesto un parere sul significato della locuzione “sentenza favorevole” nell’art. 9D.L. n. 90/2014, nella parte in cui disciplina la corresponsione dei compensi professionali (“propine”) in favore degli avvocati incardinati nella struttura pubblica. In particolare, chiede se il diritto al compenso accessorio dell’avvocatura dell’ente maturi solo in caso di sentenza favorevole, con recupero delle spese legali/compensazione integrale, ovvero se possa essere esteso anche ai diversi casi di “provvedimenti decisori pronunciati dagli organi giudiziari”, nonché “di estinzione del giudizio per prescrizione, rinuncia di controparte o abbandono della controversia o, in generale, per inattività della controparte in qualsiasi fase del giudizio cautelare, di merito o di esecuzione che comporti la completa salvaguardia dei beni e diritti dell’Ente, oltre che di abbandono o rinuncia con onere delle spese”. Le “propine” costituiscono trattamento accessorio del personale dipendente che svolge la funzione di avvocato presso la p.a. ed è iscritto in un apposito elenco speciale. Il concetto di “sentenza favorevole” va declinato secondo criteri sostanziali, raffrontando l’utilità del provvedimento giudiziario – qualunque ne sia la forma, purché decisorio – e le prospettazioni della parte “pubblica amministrazione” negli atti che decidono il c.d. thema decidendum.
– Il giudice dei conti fornisce il proprio motivato avviso sull’interpretazione del modificato quadro normativo al quale riferire l’esecuzione del CCRL 2016-2018 e, in particolare, la disciplina del salario accessorio, considerando i limiti di spesa previsti dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75/2017 (limite 2016), l’interpretazione autentica dell’art. 12, comma 6, L.R. Friuli Venezia-Giulia n. 37/2017, contenuta nell’art. 11, comma 8, L.R. Friuli Venezia-Giulia n. 28/2018, l’intercorsa modifica del processo di riforma degli enti locali, consistente nel sostanziale abbandono delle UTI, il principio dell’accordo che regola i rapporti finanziari tra Stato e Regione e la lettera dell’art. 32 del CCRL già sottoscritto da cui discendono i relativi oneri finanziari in capo alla parte datoriale.
– La L. n. 328/2000 e s.m.i., le cui disposizioni costituiscono principi fondamentali ex art. 117 Cost. (art. 1) e sono rivolte a garantire i livelli essenziali delle prestazioni (art. 2), istituisce tra i “comuni associati” gli “ambiti territoriali” deputati alla definizione del “piano di zona” per l’erogazione degli interventi sociali e socio-assistenziali (artt. 619), ed enuncia il principio secondo cui sono a carico dei comuni singoli e associati le spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità, fermo restando che dette spese gravano sulle risorse loro assegnate dal Fondo nazionale delle politiche sociali, nonché, eventualmente, sugli autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci (art. 4). Successivamente la legge di stabilità 2016, nell’istituire il “Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale”, stabilisce che dovrà essere varato il riordino della normativa dei trattamenti di sostegno assistenziale per il contrasto della povertà, attraverso la razionalizzazione delle diverse misure esistenti (L. n. 208/2015art. 386388). In attuazione di tali finalità, il D.Lgs. 147/2017 definisce a sistema disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, ove, tra le altre, “è istituito il reddito d’inclusione-Rei… quale misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale” (art. 2). Allo stato, però, numerose disposizioni di tale testo di legge risultano abrogate per effetto dell’istituzione del Reddito di cittadinanza. Tuttavia, tra gli interventi e i servizi sociali finalizzati a realizzare il sistema integrato di contrasto alla povertà, vengono fatti salvi i tirocini finalizzati all’inclusione sociale e alla riabilitazione, già espressamente previsti nel citato D.Lgs. n. 147/2017art. 7. Detti interventi trovano finanziamento nelle risorse del Fondo Povertà, nonché in risorse aggiuntive proprie che, eventualmente, Regioni e Comuni mettono a disposizione. Più esattamente i Comuni, coordinandosi a livello di ambito territoriale, possono concorrere con risorse proprie nell’ambito delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili e nell’ambito degli equilibri di finanza pubblica programmati. Nel caso in esame il Comune dichiara che tutte le spese afferenti alla realizzazione dei tirocini finalizzati in affiancamento del REI sono integralmente rimborsate a valere sulla Quota Servizi Fondo Povertà, ovvero non comportano oneri a carico del bilancio comunale. Il tirocinio finalizzato, oggetto del quesito, si differenzia rispetto alla fattispecie di lavoro occasionale ex D.L. n. 50/2017art. 54-bis, nell’accezione delineata dalla delibera n. 29/SEZAUT/2017/QMIG. Ciò in quanto le spese per sostenerli gravano integralmente sul Fondo Povertà e, in conseguenza, non residua alcuna valutazione discrezionale in capo all’Ente locale. Attesa, infatti, la valenza di principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 Cost. del quadro normativo che presiede alla loro attivazione, rivolto a garantire livelli essenziali delle prestazioni, il Comune è tenuto a dar corso al sistema integrato di interventi e servizi sociali, coordinati e finanziati in sede nazionale e regionale. Per l’effetto i tirocini in questione non sembrano integrare la fattispecie di lavoro occasionale valevole ai sensi dell’art. 1, 557-bisL. n. 296/2006. Ulteriormente considerando, anche nel caso in cui i Comuni, con propria valutazione circa la necessità di provvedere ad interventi e servizi sociali di contrasto alla povertà, concorrono alla realizzazione degli interventi con risorse proprie disponibili a legislazione vigente e nell’ambito degli equilibri di finanza pubblica programmati, le indennità e le spese sostenute per i tirocini finalizzati, per le quali è normativamente declarata la finalità solidaristica di sostegno sociale e di contrasto alla povertà, non rientrano tra le spese di personale ai fini del rispetto dei limiti previsti dall’art. 557 e 557-bisL. n. 296/2006. Nei medesimi termini deve intendersi il parere per il quesito relativo ai Comuni dell’ambito territoriale.
– Le norme vincolistiche in materia di spesa del personale (e, in particolare, l’art. 31, comma 26, lett. d), L. n. 183/2011, in base al quale “In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, l’ente locale inadempiente, nell’anno successivo a quello dell’inadempienza: (…..) d) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E’ fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione“, non si applicano alle c.d. assunzioni obbligatorie per le categorie protette nel rispetto, comunque, dei limiti della copertura della c.d. quota d’obbligo; in altri termini, la deroga alla norma vincolistica, vale solo ai fini della copertura delle quote d’obbligo.
– L’ente locale è tenuto ad evitare di corrispondere al dipendente pubblico-chiamato a svolgere le attività di segretario della Sottocommissione Elettorale Circondariale- un “compenso aggiuntivo” laddove tale evenienza, pur non espressamente vietata dalle norme o dalle stesse “facoltizzata”, incontri ulteriori limiti desumibili dal principio generale di onnicomprensività del trattamento economico dei dipendenti pubblici, che si ricollega ad altri principi di rango costituzionale.
Gli atti di indirizzo-programmazione e verifica delle Sezioni Regionali
CONTABILITA’ E CONTROLLI
– Integrazione del programma di controllo anno 2019.
– Linee guida per le relazioni annuali del Sindaco dei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, del Sindaco delle Città metropolitane e del Legale rappresentante dei liberi Consorzi comunali sul funzionamento del sistema integrato dei controlli interni nell’esercizio 2018.
FISCO E TRIBUTI
– “Nel solco del dibattito che si sta sviluppando intorno alla riforma della giustizia tributaria, la Corte dei conti intende offrire, quale Magistratura posta dalla Costituzione a salvaguardia degli interessi dell’Erario, il proprio contributo al migliore esercizio della giustizia tributaria stessa. E’ urgente e imprescindibile una riforma della giustizia tributaria, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali della Corte medesima”. E’ quanto prevede una risoluzione del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri. La riforma della giustizia tributaria è un tema avvertito da più parti, anche se con prospettive diverse. Nella precedente legislatura, è stato presentato in Parlamento un numero rilevante di disegni di legge, alcuni stralci sono entrati in testi normativi approvati dalle Camere ed oggi divenuti leggi della Repubblica. “I vari orientamenti di riforma sono sostanzialmente convergenti, alla luce dei più rilevanti problemi che oggi caratterizzano la giustizia tributaria, sia in termini di maggiore imparzialità, indipendenza e terzietà dei giudici tributari, che in termini di rafforzamento della loro professionalità, da assicurare anche mediante uno statuto unitario di assunzione e di trattamento economico, così come pure in termini di recupero di una più “ragionevole durata” del processo tributario, da assicurare anche mediante “giudici monocratici” e con istituti deflattivi del contenzioso”, si legge ancora nel documento. L’idea di fondo di concentrare in una stessa Magistratura la salvaguardia degli interessi dell’Erario e del Fisco, in una visione di miglior sviluppo funzionale dei rapporti esterni tra i terzi contribuenti e l’apparato pubblico, da un lato, e dei rapporti interni, tra i dipendenti preposti all’esercizio delle funzioni tributarie ed il relativo Ente di appartenenza, dall’altro, era già prospettata negli Anni Settanta – sostiene il Consiglio di Presidenza – L’attribuzione della giurisdizione tributaria al plesso giurisdizionale che già ha cognizione della contabilità approvati dalle Camere ed oggi divenuti leggi della Repubblica. “I vari orientamenti di riforma sono sostanzialmente convergenti, alla luce dei più rilevanti problemi che oggi caratterizzano la giustizia tributaria, sia in termini di maggiore imparzialità, indipendenza e terzietà dei giudici tributari, che in termini di rafforzamento della loro professionalità, da assicurare anche mediante uno statuto unitario di assunzione e di trattamento economico, così come pure in termini di recupero di una più “ragionevole durata” del processo tributario, da assicurare anche mediante “giudici monocratici” e con istituti deflattivi del contenzioso”, si legge ancora nel documento. “L’idea di fondo di concentrare in una stessa Magistratura la salvaguardia degli interessi dell’Erario e del Fisco, in una visione di miglior sviluppo funzionale dei rapporti esterni tra i terzi contribuenti e l’apparato pubblico, da un lato, e dei rapporti interni, tra i dipendenti preposti all’esercizio delle funzioni tributarie ed il relativo Ente di appartenenza, dall’altro, era già prospettata negli Anni Settanta” – sostiene il Consiglio di Presidenza – “L’attribuzione della giurisdizione tributaria al plesso giurisdizionale che già ha cognizione della contabilità pubblica, dovrebbe poter contribuire a rafforzare l’idea unitaria (sostanziale-processuale) dell’entrata pubblica come premessa logico-economica e giuridica essenziale della spesa, in rapporto alla quale valutare con maggiore attendibilità gli equilibri di bilancio, nel più ampio quadro del ‘Coordinamento della Finanza Pubblica’ e della ‘Unità Economica’ del Paese.”.
Le principali sentenze in materia di danno erariale
– Condannato il Segretario comunale svolgente funzioni di responsabile del servizio di ragioneria, a risarcire il danno erariale patito dall’Ente derivante dall’affidamento all’ex ragioniere capo, collocato a riposo, dell’incarico di assistenza all’Ufficio di Ragioneria per 5 volte consecutive; e norme violate: art. 7D.Lgs. n. 165/2001, ed in particolare del comma 6-bis, per essere stato l’incarico in rassegna reiterato per quattro annualità senza che mai vi sia stato alcun previo espletamento di “procedura comparativa”) e del comma 6-ter (che impone agli enti locali l’adeguamento dei propri regolamenti ai principi secondo cui il ricorso a “collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità” è consentito esclusivamente “per obiettivi determinati e con convenzioni a termine” e non certo quando comporti trasformazione in collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie); dell’art. 25, comma 1, L. n. 724/1994, disciplinante il divieto di conferimento di incarichi a favore di personale collocato a riposo, divieto ribadito dall’art. 5, comma 9, D.L. n. 95/2012.
– Costituisce danno erariale risarcibile la spesa concernente l’attribuzione, in violazione del divieto di cui all’art. 33, comma 3, D.L. n. 223/2006, dell’incarico di Direttore Generale della Provincia al già segretario Generale del medesimo ente, cessato dal servizio per raggiunti limiti di età; il danno è, parametrato agli emolumenti lordi corrisposti.

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