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Il Comune deve procedere alla classificazione di una strada anche se non ne è il proprietario

di Roberto Rossetti – Comandante Polizia Locale

L’Amministrazione comunale ricorre contro la sentenza sfavorevole del T.A.R., che aveva annullato una delibera di diniego alla richiesta avanzata dal Consorzio per lo Sviluppo Industriale, di classificare come comunali alcune strade, realizzate molti anni prima, facenti parte del reticolo viario della zona industriale.

L’atto del Comune annullato era motivato sinteticamente sul presupposto che la rete viaria della zona industriale fosse di esclusiva proprietà del Consorzio e non può essere qualificata di uso pubblico perché non soddisfa un pubblico interesse generale del Comune.

Il T.A.R. aveva ritenuto che le strade in discussione si trovano nella zona industriale e a ridosso del centro urbano, servono l’utenza della città nel suo complesso e la loro classificazione come comunali avrebbe dovuto essere valutata dal Comune anche ai sensi dell’art. 3, lett. a), L.R. n. 38 del 1977, rubricato “Strade comunali” e per il quale: “Sono comunali tutte le strade non iscritte nelle categorie seguenti soggette a pubblico transito, che si sviluppano nel territorio comunale sia all’interno che all’esterno dei centri abitati e delle aree di sviluppo industriale.” Negli anni il complesso viario, realizzato a servizio delle ditte della zona industriale, è divenuto di uso pubblico, già affermato, nei confronti delle stesse parti, da numerosi precedenti giurisprudenziali.

Il Comune presenta appello al Consiglio di Stato, innanzitutto, che soltanto l’ente proprietario ha competenza in merito alla classificazione delle strade e vi provvede con atti aventi natura eminentemente discrezionale, ma, nel caso di specie, proprietario è il Consorzio.

Il Consiglio di Stato respinge questo primo motivo, rifacendosi ad una precedente conclusione del T.A.R. per la Puglia, sede di Lecce, sentenza 30 luglio 2008, n. 2539, con la quale era stato affermato che l’amministrazione comunale si sarebbe dovuta conformare agli accertamenti svolti con riguardo alle sole caratteristiche strutturali e funzionali delle strade dell’agglomerato industriale.

Con un secondo motivo il Comune eccepisce la carenza di interesse del Consorzio ad una diversa classificazione delle strade, ma anche in questo caso il Collegio respinge, evidenziando che il Consorzio ha interesse alla classificazione delle strade come “comunali”, ai sensi dell’art. 2D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo Codice della Strada), poiché dalla classificazione, a prescindere dal riconoscimento formale di un diritto reale, consegue l’assunzione degli obblighi di polizia e di manutenzione, connessi alla circolazione dei veicoli e dei pedoni, in difetto detti obblighi, oltreché l’eventuale responsabilità (anche ai sensi dell’art. 2051 c.c., “danno cagionato da cosa in custodia”) nei confronti degli utenti delle strade, sarebbero di spettanza del Consorzio.

Con un terzo motivo il Comune sostiene che mancherebbero del tutto i presupposti per classificare come comunali le strade di cui si discute, in quanto la rete viaria di proprietà del Consorzio era stata realizzata ad esclusivo servizio delle attività e delle imprese ivi esistenti e l’esercizio del pubblico transito su una strada non è sufficiente a determinare la demanialità del bene, essendo necessario che ad esso segua o si accompagni l’acquisto del titolo da parte della P.A. (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 2 novembre 2005, n. 18232). Inoltre, il Comune, evidenzia che sono irrilevanti, ai fini della costituzione del diritto reale, le previsioni del codice della strada, che attengono al pubblico transito, che è nozione relativa ad una mera situazione di fatto. Anche la Corte di Cassazione nega il riconoscimento della natura pubblica di una strada per il solo fatto che su di essa si eserciti il pubblico transito (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 25 gennaio 2000, n. 823 e Cass. Civ., Sez. II, 7 aprile 2006, n. 8204).

Ma anche questi rilievi non sono ritenuti meritevoli di accoglimento, con riferimento alle norme regionali (artt. 234 e 5L.R. Puglia n. 38 del 1977) e statali (art. 2, commi 2, 5 e 6, nuovo C.d.S., nonché l’art. 2, comma 6, D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, “Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada”). La classificazione delle strade comunali è operata con decreto regionale, previa adozione della delibera di classificazione e del “Piano delle strade”, con inclusione in esso delle nuove vie del territorio comunale, sono entrambi di competenza del Consiglio Comunale e l’intero complesso viario in discussione, per le caratteristiche obiettive e per l’uso che ne fanno in modo indistinto gli utenti della strada è divenuto di uso pubblico.

Concordemente con quanto affermato dal Comune viene, tuttavia, riconosciuto che, non solo il diritto di proprietà, ma anche il diritto reale di servitù presuppone un titolo giuridicamente idoneo alla sua costituzione (ex art. 825 c.c.), tale non essendo una situazione di mero fatto. In proposito, il Collegio ribadisce il principio di diritto, per il quale “Affinché un’area privata venga a far parte del demanio stradale e assuma, quindi, la natura di strada pubblica, non basta né che vi si esplichi di fatto il transito del pubblico (con la sua concreta, effettiva e attuale destinazione al pubblico transito e la occupazione sine titolo dell’area da parte della pubblica amministrazione), né la mera previsione programmatica della sua destinazione a strada pubblica, né l’intervento di atti di riconoscimento da parte dell’amministrazione medesima circa la funzione da essa assolta, ma è necessario che la strada risulti di proprietà di un ente pubblico territoriale in base a un atto o a un fatto (convenzione, espropriazione, usucapione, ecc.) idoneo a trasferire il dominio e che essa venga destinata, con una manifestazione di volontà espressa o tacita dell’ente all’uso pubblico” (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 25 gennaio 2000, n. 823Cass. Civ., Sez. II, 28 settembre 2010, n. 20405 e 2 febbraio 2017, n. 2795).

La situazione di fatto accertata nel caso di specie, data dall’apertura al pubblico transito delle strade consortili e dal loro utilizzo indifferenziato da parte della collettività, nonché dal loro sviluppo in prossimità ed in continuità con il centro abitato, rende applicabile la disposizione di cui all’art. 2 del Nuovo C.d.S., anche se la proprietà della rete viaria sia indiscutibilmente del Consorzio e che sulla medesima il Comune non possa vantare nemmeno il diritto reale di servitù di uso pubblico. Questo perché la classificazione, “ai fini amministrativi”, delle strade, ai sensi del citato art. 2, si basa sulle caratteristiche strutturali e funzionali in concreto rivestite dal plesso viario, con riferimento all’uso ed alla tipologia dei collegamenti svolti.

In sintesi, il Collegio ritiene che già l’affermazione contenuta nella sentenza del T.A.R. impugnata; “le strade in questione non possono essere classificate che come strade urbane, di scorrimento o di quartiere, interne al centro abitato” è sufficiente per procedere alla loro classificazione, non essendo richiesto, nemmeno incidentalmente, l’accertamento della proprietà o del diritto di servitù di uso pubblico in capo al Comune.

Cons. di Stato, Sez. V, 2 ottobre 2018, n. 5643

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