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giovedì 7 aprile 2016

La Corte Costituzionale interpreta correttamente la norma sui diritti di rogito: spettano ai Segretari in servizio negli enti privi di dirigenza (Corte Cost. 76/2015)

 
Il Dl 90/2014, come convertito con L. 114/2014, ha modificato la disciplina dei diritti di rogito, prevedendo che “Negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale spettante al comune […], e’ attribuita al segretario comunale rogante, in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento“.

 

La norma ha dato il via ad originali e del tutto errate interpretazioni, scatenando una serie di contenziosi di cui si sarebbe fatto volentieri a meno, a fronte della chiara intenzione del legislatore.
Così le prime interpretazioni da parte di alcune Sezioni Regionali della Corte dei Conti (Lombardia e Sicilia) ritenevano, in conformità con il dato normativo, che in due casi possono essere corrisposti, a seguito della modifica normativa, i diritti di rogito ai segretari comunali:
  • il primo caso riguarda i Segretari che sono preposti a comuni privi di personale con qualifica dirigenziale. Per tali Segretari l’indennità di posizione non è, neppure astrattamente, soggetta ad incremento per l’applicazione delle regole sul “galleggiamento”. In questa fattispecie il legislatore non ha ritenuto rilevante la fascia professionale in cui è inquadrato il Segretario, perché il galleggiamento opera non sulla retribuzione tabellare, ma sull’indennità di posizione;
  • il secondo caso riguarda, invece, i Segretari che non hanno la retribuzione tabellare dirigenziale (ossia i Segretari di fascia C). In questi casi l’attribuzione di quota dei diritti di rogito è dovuta a prescindere dalla classe demografica del Comune di assegnazione.

Si è fatta poi strada una diversa interpretazione fornita dalla Corte dei Conti sez. Regionale di controllo per il Lazio che, con parere n. 21/2015, pur evidenziando come il testo della disposizione faccia riferimento dapprima, ad una caratteristica dell’ente locale – la mancanza di dirigenti – e, immediatamente dopo, ad una caratteristica del profilo professionale del Segretario – che non deve avere qualifica dirigenziale, collegandole con la locuzione “e comunque”, è giunta alla sorprendente conclusione che il diritto di rogito continua a spettare solo ai segretari di fascia “C” che non usufruiscono del galleggiamento, “mentre non spetta ai segretari che godono di equiparazione alla dirigenza, sia essa assicurata dall’appartenenza alle fasce A e B, sia essa un effetto del “galleggiamento” in ipotesi di titolarità di “enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale”(nello stesso senso Corte dei Conti Emilia Romagna parere n. 105/2015).

A causa di tali diverse interpretazioni la questione è stata rimessa alla Sezione Autonomie della Corte dei Conti che ha sposato la tesi dei giudici laziali “Tale più rigorosa lettura è, ad avviso della Sezione, condivisibile atteso che la stessa, coerente con il quadro normativo – e contrattuale – regolatore della materia, appare idonea, per un verso, a non frustrare le finalità perequative sottese al comma 2 bis e, per altro, a garantire gli effetti, anche finanziari, avuti in considerazione dal legislatore (cfr. nota di lettura Senato – A.S. 1582)” (si veda L’intenzione del legislatore travisata dalla Corte dei Conti (appunti sulla delibera della Sezione Autonomie n. 21/2015 relativa ai diritti di rogito).
A seguito del parere alcuni enti hanno deciso di adeguarsi all’interpretazione “restrittiva” e sono stati avviati da alcuni segretari una serie di ricorsi.
Alcuni mirano a sollevare la questione di costituzionalità della norma. Ricordiamo che per una questione analoga, relativa ai compensi per le avvocature pubbliche, due TAR hanno sollevato la questione di costituzionalità (Tar Trento n.  138 del 10 marzo 2016 e Tar Molise, ord., 25 marzo 2016, n. 161).
Nell’attesa che giunga anche l’art. 10 del DL 90/2014 davanti alla Corte Costituzionale, appare utile segnalare che la Corte Costituzionale si è espressa con sentenza n. 75 del 7 aprile 2016, in un inciso, sull’interpretazione della norma. La questione riguardava la costituzionalità di una norma della Regione autonoma Trentino Alto Adige relativa ai diritti di rogito. In particolare l’art. 11  della L.R. 9 dicembre 2014, n. 11 (Disposizioni in materia di enti locali) stabilisce che «Il comma 1 dell’articolo 58 della legge regionale n. 4 del 1993 è sostituito dal seguente: “1. Dall’entrata in vigore del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari) una quota del provento annuale dei diritti di segreteria spettante al comune, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604 e successive modificazioni, è attribuita al segretario comunale rogante in misura pari al settantacinque per cento e fino ad un massimo di un quinto dello stipendio in godimento». Il Governo ha impugnato la legge regionale. perché in difformità alla previsione contenuta nell’art. 10 del Dl. 90/2014 riconoscerebbe i diritti di rogito a tutti i segretari.
Per la Corte Costituzionale è chiaro che il DL 90/2014 riconosce i diritti di rogito ai Segretari negli enti privi di dirigenza. Questo testualmente il passaggio della sentenza “Può aggiungersi che in Trentino-Alto Adige l’applicazione della norma regionale sarebbe bensì estesa anche ai Comuni con segretari dirigenti (12 su 333), ma riconoscerebbe ad essi solo il 75 per cento del diritto di rogito; al contrario, la norma statale si applicherebbe solo ai segretari dei Comuni senza dirigenti (321), tuttavia attribuendo loro l’intero importo del diritto di rogito“.
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