07/11/2019 – Utilizzo della quota libera dell’avanzo di amministrazione per il finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente

Utilizzo della quota libera dell’avanzo di amministrazione per il finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente
di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Serramazzoni e Vicesegretario Comunale
La Corte dei conti-Lombardia si pronuncia sulla richiesta di un Sindaco, formulata ai sensi dell’art. 7, comma 8, L. 5 giugno 2003, n. 131, relativamente alla possibilità di utilizzare l’avanzo di amministrazione per la quota libera da vincoli, per il finanziamento delle spese relative al collocamento di minori, e di minori e madre degli stessi, qualora disposto a seguito del decreto del tribunale dei minori.
In definitiva, il quesito si sostanzia nella possibilità di far rientrare, in via interpretativa, la spesa per il collocamento di minori, e di minori e madre degli stessi, posta a carico del Comune con provvedimento dell’Autorità giudiziaria, alla categoria delle “spese correnti a carattere non permanente” di cui all’art. 187, comma 2, lett. d), TUEL e, conseguentemente, costruire gli equilibri di bilancio avvalendosi dell’utilizzazione dell’avanzo libero di amministrazione; il punto cruciale del quesito consiste, quindi, nella natura da assegnare alla tipologia di spese relative al collocamento dei minori, in seguito a decreti del tribunale, ovvero alla congruenza con la lett. d), comma 2, art. 187 TUEL.
Per inquadrare la questione, il giudice richiama le norme che regolano l’assegnazione dei minori e i relativi oneri, ovvero la Parte III, R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404, avente ad oggetto “Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni” e, in particolare, l’art. 25, secondo cui: “Quando un minore degli anni 18 dà manifeste prove di irregolarità della condotta o del carattere, il procuratore della Repubblica, l’ufficio di servizio sociale minorile, i genitori, il tutore, gli organismi di educazione, di protezione e di assistenza dell’infanzia e dell’adolescenza, possono riferire i fatti al Tribunale per i minorenni, il quale, a mezzo di uno dei suoi componenti all’uopo designato dal presidente, esplica approfondite indagini sulla personalità del minore, e dispone con decreto motivato una delle seguenti misure: 1) affidamento del minore al servizio sociale minorile; 2) collocamento in una casa di rieducazione od in un istituto medico-psico-pedagogico. Il provvedimento è deliberato in Camera di consiglio con l’intervento del minore, dell’esercente la patria potestà o la tutela, sentito il pubblico ministero. Nel procedimento è consentita l’assistenza del difensore. Le spese di affidamento o di ricovero, da anticiparsi dall’Erario, sono a carico dei genitori. In mancanza dei genitori sono tenuti a rimborsare tali rette gli esercenti la tutela, quando il patrimonio del minore lo consente“.
Alla luce del richiamato dettato normativo, le spese per il collocamento del minore presso una comunità terapeutica sono a carico della famiglia d’appartenenza, sebbene debbano essere anticipate dal Comune; trattasi, peraltro, di anticipazione in senso atecnico, atteso che la situazione è quella per cui il solvens (comune), dopo avere effettuato il pagamento, esercita il diritto di rivalsa nei confronti del debitore originario (la famiglia del minore), secondo quanto disposto dal codice civile.
Nell’esercizio della propria discrezionalità, l’ente è tenuto ad assicurare le attività che il legislatore impone in termini cogenti all’amministrazione, come nel caso in esame, prioritariamente rispetto ad altre funzioni e prestazioni, la cui latitudine va contemperata in base alle risorse finanziarie disponibili, in ossequio a criteri di prudente ed oculata programmazione e alla disciplina normativa sugli equilibri di bilancio; certa, infatti, è la competenza del comune nella materia dell’assistenza sociale, nella quale s’inquadra la spesa in esame.
Sotto il profilo contabile, in ogni modo, delle “spese correnti a carattere non permanente” già definite altresì (nella previgente formulazione) “spese di funzionamento non ripetitive“, piuttosto che “spese correnti una tantum“, si occupa l’allegato 7 al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, il quale indica al punto 1, lett. g), la distinzione tra entrata e spesa ricorrente e non ricorrente, a seconda se l’acquisizione dell’entrata sia prevista a regime ovvero limitata ad uno o più esercizi, e della spesa ricorrente e non ricorrente, a seconda se la spesa sia prevista a regime o limitata ad uno o più esercizi; il successivo punto 5 dell’allegato 7 elenca quali sono «in ogni caso» le tipologie di entrate e di spese da considerarsi “non ricorrenti“; in particolare, sono, in ogni caso, da considerarsi non ricorrenti, le spese riguardanti:
a) le consultazioni elettorali o referendarie locali;
b) i ripiani disavanzi pregressi di aziende e società e gli altri trasferimenti in c/capitale;
c) gli eventi calamitosi;
d) le sentenze esecutive ed atti equiparati;
e) gli investimenti diretti;
f) i contributi agli investimenti.
Analizzando un caso analogo (spesa per il mantenimento di minori in casa famiglia posta a carico del Comune con provvedimento dell’Autorità giudiziaria), la Corte dei conti-Lazio, appurata la mancanza di una definizione normativa specifica, nella delibera 30 luglio 2019, n. 83, afferma, quanto all’individuazione del ricorrere della caratteristica di “non permanenza” della spesa, che ci si deve chiedere in che termini questa debba essere valutata e, cioè, se basti ad escluderla la sua astratta riconducibilità ex lege alle funzioni istituzionali dell’Ente, ovvero si debba procedere all’esame in concreto dei termini e delle condizioni al cui ricorrere l’Ente è chiamato a sostenerla; più nello specifico, per la Corte è necessario che detta spesa:
presenti gli stessi connotati di estemporaneità e imprevedibilità quali fattori qualificanti delle spese elencate all’art. 187, comma 2, TUEL, per la cui copertura il legislatore ammette l’utilizzazione di una voce di entrata altrettanto estemporanea quale è l’avanzo libero di amministrazione;
– non possa mai essere fissa e costante;
– manchi del carattere di continuità e certezza nel tempo che dovrebbe implicarne la natura di “permanenza“;
– sia priva del carattere di certezza anche sotto l’aspetto quantitativo, ovvero sia esclusa dalla disponibilità valutativa del Comune.
Quanto premesso, per il giudice contabile laziale, la spesa per il mantenimento di minori in casa famiglia posta a carico del Comune con provvedimento dell’Autorità giudiziaria ha carattere di “spesa corrente a carattere non permanente” ai sensi dell’art. 187, comma 2, lett. d), TUEL e, conseguentemente, può trovare copertura finanziaria a mezzo dell’utilizzazione dell’avanzo libero di amministrazione dell’esercizio precedente, nel rispetto dei limiti, anche temporali, ivi delineati.
Il giudice lombardo, tuttavia, adotta un approccio più prudente, affermando che le spese indicate nella richiesta del parere in esame e relative a collocamento di minori e madre degli stessi, configurabili quali “spese impreviste“, hanno carattere permanente o meno a seconda della modulazione degli oneri a carico del Comune e, segnatamente, a seconda degli elementi che caratterizzano la fattispecie concreta; elementi, questi, non conosciuti né conoscibili dalla Corte in sede di attività consultiva.
Per queste ragioni, spetta quindi al comune, nell’esercizio della sua autonomia finanziaria, verificare che l’applicazione annuale dell’avanzo libero si sostanzi, in particolare nei casi che si protraggono per più esercizi finanziari, nella copertura di una spesa corrispondente alla lett. d) del richiamato art. 187 TUEL, e, così, poterne assicurarne il finanziamento con l’applicazione della quota libera dell’avanzo di amministrazione; ciò, laddove l’ente locale non sia in grado di provvedervi con risorse ordinarie, ovvero utilizzando tutte le possibili politiche di contenimento delle spese e di massimizzazione delle entrate proprie (senza necessariamente arrivare all’esaurimento delle politiche tributarie locali).
Occorre tuttavia ricordare, a tal riguardo, che l’elenco di cui all’art. 187, comma 2, TUEL, ha carattere tassativo e rappresenta anche l’ordine di priorità dell’utilizzo; ne discende che l’avanzo libero potrà essere applicato nei casi di sopravvenute “spese correnti a carattere non permanente” (lett. d), cit.), solo una volta verificata la non sussistenza: a) di debiti fuori bilancio; b) della necessità di adottare le misure di salvaguardia degli equilibri di bilancio di cui all’art. 193 TUEL, ove non si possa provvedere con i mezzi ordinari; c) di spese d’investimento da finanziare. Seguono, nell’elencazione della norma, la fattispecie di spese correnti di carattere non permanente di cui alla lett. d) suaccennata e a quella, successiva nell’ordine, di cui alla lett. e), che prevede l’utilizzazione dell’avanzo per estinguere prestiti in via anticipata o per finanziare lo stanziamento riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità nel bilancio di previsione dell’esercizio successivo a quello cui si riferisce il rendiconto.
Tutto quanto premesso e conclusivamente, per il giudice contabile, l’utilizzo della quota libera dell’avanzo di amministrazione per il finanziamento delle spese “relative a collocamento di minori e madre degli stessi“, è possibile, ex art. 187, comma 2, lett. d), D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ove la modulazione degli oneri a carico del comune si sostanzi in concreto in “spese non permanenti“.

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