07/01/2020 – Condanna di un Sindaco per aver sottoscritto una fideiussione a favore di una Società partecipata, poi fallita

Condanna di un Sindaco per aver sottoscritto una fideiussione a favore di una Società partecipata, poi fallita
03 Gen, 2020
 
Corte dei conti – Sezione prima Giurisdizionale Centrale d’Appello – Sentenza n. 93 del 2 maggio 2019
Oggetto:
Condanna di un Sindaco per aver sottoscritto una fideiussione a favore di una Società partecipata, poi fallita: conferma, con riduzione, della Sentenza territoriale per la Lombardia n. 48/2017.
Fatto:
Nel 2001 questo Comune costituisce un Consorzio. La Corte dei conti, in sede di esame del rendiconto 2010, invitava il Comune “a porre in essere ogni misura idonea a ricondurre al pareggio finanziario la gestione del Consorzio, secondo criteri di economicità e buon andamento”,avendo rilevato “svariate e rilevanti criticità nella gestione”. Infatti, il Consorzio non aveva mai prodotto risultati in equilibrio, ricorrendo a fidi bancari per carenza di liquidità; nel 2012 si formalizza un’apertura di credito con una Banca per Euro 190.000, assistita da una fideiussione specifica, sottoscritta dal Sindaco del Comune, rinnovata poi fino al 31 dicembre 2013.
Il Consorzio, nel dicembre 2013, delibera il suo scioglimento (liquidazione volontaria) e nel luglio 2014 il Tribunale dichiarava il fallimento.
Prima della dichiarazione del fallimento la Banca notifica un Decreto ingiuntivo al Consorzio ed al Comune, nella sua qualità di fideiussore, per la somma di circa Euro 132.000.
Nell’ottobre 2014 il Comune effettua il pagamento alla Banca “in adempimento degli obblighi derivanti dalla transazione sottoscritta”.
La Procura contabile, reputando che dalla vicenda “sia derivato a carico del Comune un danno erariale certo ed attuale” pari all’importo pagato alla Banca, cita in giudizio il Sindaco perché aveva rilasciato garanzia fideiussoria ad un Ente“che già versava in condizioni di conclamata insolvenza”,assumendo “consapevolmente piuttosto che un’obbligazione di garanzia, un’obbligazione di pagamento”. La Procura sottolinea che il Legislatore (art. 207 del Tuel) prevede sì l’istituto della fideiussione ma solo“nell’ipotesi che la garanzia sia rilasciata a favore di investimenti o di determinate opere di pubblico interesse”.
La Sezione territoriale della Corte dei conti (Sentenza n. 48/2017), dopo aver premesso che“la concessione di garanzie da parte di Enti territoriali incide sulla capacità di indebitamento degli Enti stessi, primario è il riferimento all’art. 119, comma 6, della Costituzione, per il quale il ricorso all’indebitamento si giustifica esclusivamente per il finanziamento di spese di investimento, evenienza non configurabile nella fattispecie. Nel caso in esame, emerge chiaramente la sussistenza, all’epoca della sottoscrizione degli atti di rinnovo della garanzia fideiussoria, di una inveterata situazione di grave criticità finanziaria del Consorzio. Infatti – affermano i Giudici di 1° grado – “i prodromi dello stato di insolvenza del Consorzio sono da ricercare in una radicale inefficienza organizzativa, dimostrata dalla persistenza di elevatissimi e non giustificabili indici percentuali dei costi per il personale, e della presenza di indicatori di redditività estremamente critici. I Giudici territoriali proseguono affermando che “i risvolti contrattuali, evidenziati dalla difesa del convenuto, che rendevano gli atti di rinnovo pressoché necessari in relazione alla gravità dell’esposizione debitoria del Consorzio e alle modalità di utilizzo dell’apertura di credito garantita dall’Ente Locale, non possono assumere una valenza di esimente o di attenuazione della responsabilità del convenuto stesso, in quanto tale stringente esigenza appare frutto proprio di quella non giustificabile sequenza di azioni ed omissioni nella quale la condotta del predetto si è innestata, oltre che con grave colpa, con efficace causale ancorché non esclusiva, per tutto quanto innanzi osservato”. I Giudici territoriali concludono che, “considerando la particolare significatività delle cariche rivestite dal convenuto nel corso del periodo di maggiore criticità gestionale del Consorzio e all’atto delle contestate condotte, il contenuto delle Deliberazioni di Giunta e di Consiglio comunale che statuirono in ordine al rinnovo della garanzia fideiussoria, e valutando le circostanze dell’originaria concessione di tale garanzia, poi proseguita nel tempo anche in virtù di rinnovi, la somma che il Collegio reputa equo porre a carico del convenuto va, pertanto, determinata in Euro 60.000 (sessantamila/00), comprensiva di rivalutazione monetaria, oltre interessi legali da computare a decorrere dalla data della presente Sentenza sino al soddisfo”.
L’interessato presenta ricorso.
I Giudici di appello (Sentenza n. 253/2018) ritengono che per l’ex Sindaco, in ragione di varie circostanze attenuanti, “unite ad una corresponsabilità virtuale di soggetti non evocati in giudizio”, il danno possa essere ridotto alla metà (Euro 30.000). L’interessato, ritenendo ancora questa Sentenza ingiusta, presenta ricorso per revocazione,“deducendo quale motivo l’errore di fatto in cui sarebbe incorso il Giudice di appello” (la fideiussione da lui firmata deriverebbe nel rinnovo deliberato dal Consiglio comunale fin dal 2004). Anche questo appello è respinto, per cui si conferma la Sentenza n. 253/2018.
Sintesi della Sentenza n. 253/2018
La difesa dell’ex Sindaco rappresenta che:
1. con il primo motivo l’appellante ha sostenuto che, mentre il Pubblico ministero di prime cure avrebbe fondato l’addebito di responsabilità sull’assunto che egli, in qualità di Sindaco avesse illegittimamente costituito fideiussore il Comune e quindi per “comportamento commissivo”, il primo Giudice andando, a parere di parte impugnante, ultra petita avrebbe ravvisato una condotta causativa di danno nel non avere indirizzato il Consorzio verso una gestione in equilibrio finanziario e quindi avrebbe contestato un“comportamento omissivo”. Ciò avrebbe determinato a parere dell’impugnante anche la violazione del principio del contraddittorio poiché egli, in qualità di convenuto, non sarebbe stato in grado di difendersi in ordine al diverso profilo di responsabilità che la sezione giudicante aveva recepito. La censura non ha pregio e deve essere respinta per infondatezza. La Sezione giudicante regionale infatti ha ricondotto la responsabilità del danno, non già alla gestione negativa del Consorzio ma alla sottoscrizione e al successivo rinnovo della fideiussione, senza alcuna adeguata valutazione del merito di credito del debitore principale. In tal senso deve intendersi l’affermazione in Sentenza, richiamata dall’appellante, che questi“avrebbe potuto e dovuto intervenire personalmente, fattivamente e tempestivamente al fine di interrompere il circuito rischioso e contra legge che si era determinato”;
2. in relazione al secondo motivo di appello, per cui non vi sarebbe il nesso di causalità tra la condotta contestata e il danno procurato, dal momento che il rilascio e il rinnovo della di fideiussione si sarebbero resi necessari a causa dello stato dei rapporti tra la Banca ed il Consorzio, il quale aveva saldi negativi di gestione finanziaria (sia al 31 gennaio 2012 che al 31 dicembre 2012), per cui la mancata attivazione della garanzia fideiussoria avrebbe autorizzato l’Istituto di credito a esigere nei confronti del Comune somme maggiori a quelle effettivamente pagate nel 2014, va rappresentato che, ai sensi dell’art. 2.615 del Cc., per le obbligazioni assunte in nome del Consorzio dalle persone che ne hanno la rappresentanza, i terzi possono far valere i propri diritti esclusivamente sul fondo consortile. Sicché anche laddove, in assenza della fideiussione, la Banca avesse inteso esigere il saldo del conto corrente, avrebbe potuto farlo esclusivamente nei confronti del Consorzio e non anche in via diretta (come invece avvenuto per effetto della fideiussione) nei confronti del Comune consorziato. Il ripianamento del credito a sua volta sarebbe stato, verosimilmente, precluso dal divieto di cui al ridetto art. 6, comma 19, del Dl. n. 78/2010. Il motivo va pertanto respinto, per infondatezza.
I Giudici esaminano il quinto punto dell’appello. “Quanto alla parziarietà dell’obbligazione di responsabilità e alla critica che, da ultimo, viene mossa alla determinazione del danno da risarcimento in Euro 60.000,00, il Collegio ritiene di poter accogliere il motivo d’appello che ha chiesto che l’importo di danno a carico del soggetto venga ridotto. Non già, però, proporzionalmente al numero delle persone che avevano preso parte alle deliberazioni, di cui egli si sarebbe limitato a dare esecuzione, ma con valutazione equitativa, che possa ricondurlo a maggiore equità, in ragione di varie circostanze attenuanti, nel caso concreto, unite ad una corresponsabilità virtuale di soggetti non evocati in giudizio.”.
Il Collegio dunque ridetermina equitativamente il danno da risarcire, nella misura totale di Euro 30.000,00, comprensiva di rivalutazione monetaria, oltre a interessi legali.
Sintesi della Sentenza n. 93/2019
Nel ricorso per revocazione l’ex Sindaco sostiene “errore di fatto in cui sarebbe incorso il Giudice di appello. Si sostiene al riguardo che la Sentenza ha affermato che la responsabilità del ricorrente si basa sulla circostanza che lo stesso avrebbe ‘rilasciato’ nel 2012 e non ‘rinnovato’ la fideiussione bancaria a favore del Consorzio. Risulterebbe infatti in maniera incontrovertibile dai documenti di causa che a rilasciare la fideiussione (già dal 2004, per importo peraltro superiore poi ridotto, sarebbero stati i predecessori dell’odierno ricorrente, anche oggetto di proroga prima del rinnovo). Ciò integra per parte ricorrente un errore di fatto poiché la garanzia fideiussoria con la sottoscrizione del 2012 era stata quindi soltanto rinnovata. Comunque, detto rinnovo era un atto obbligato in quanto, secondo la disciplina generale del contratto di fideiussione, in caso di recesso il Comune avrebbe dovuto soddisfare integralmente le pretese creditorie della banca verso il Consorzio”.
I Giudici, anche nel ricorso per revocazione, affermano “in particolare, quanto allo specifico errore di fatto cui il gravame fa riferimento (con riguardo, in sintesi, al ‘rilascio’ o al ‘rinnovo’ della fideiussione), devesi rilevare che la Sentenza evidenzia come le argomentazioni svolte in appello riproducono in sostanza quanto già dedotto dal soggetto nei precedenti gradi e le considerazioni contenute in entrambe le decisioni non escludono che la fideiussione fosse in essere in epoca antecedente, circostanza nota ai relativi collegi giudicanti. Al riguardo giova anche evidenziare, per ciò che qui rileva, che la Sentenza della Sezione Prima Centrale impugnata in revocazione, si pronuncia nel senso che la sottoscrizione della fideiussione, avvenuta nel 2012 ad opera del ricorrente, era comunque vietata dalla legge oltre che dai generali Principi di buona amministrazione e sul fatto che, in sostanza, sarebbero state meno pregiudizievoli per l’Ente Locale le conseguenze di una ‘non sottoscrizione’ e di un ‘non rinnovo’ della fideiussione. Per le considerazioni sopraesposte, tenuto anche conto che non sono stati addotti altri motivi idonei a sostegno della pretesa revocazione, il ricorso si appalesa infondato e non ammissibile per mancanza dei presupposti richiesti dalla legge”.
Commento:
È una delle tante Sentenze di condanna di Amministratori che hanno gestito “Società” pubbliche per attività le più diverse. In questo caso il Sindaco, autorizzato a suo tempo dal Consiglio Comunale ha sottoscritto (poi rinnovato) una fideiussione palesemente illegittima fin dall’inizio.
Occorre sottolineare che il Sindaco era anche Amministratore della Società/Consorzio e che non ha funzionato alcun controllo interno. È interessante leggere la stampa locale sulla decisione del Tribunale (gli Amministratori del Comune e del Consorzio sono stati oggetto di una vicenda giudiziaria per bancarotta semplice); risulta che nei 10 anni di vita del Consorzio il Comune aveva sempre dovuto ripianare perdite, sempre maggiori ogni annualità, sempre portate a nuovo, tanto da accumulare perdite per Euro 479.000.
di Antonio Tirelli

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