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di Michele Nico – Dirigente amministrativo di Ente locale
Con la delibera n. 637 del 10 luglio 2019 l’Anac ha passato al vaglio le procedure attivate da un Comune per realizzare i lavori di asfaltatura di alcune strade del territorio urbano, e ha accertato, in esito alla relativa istruttoria, due aspetti di rilevante criticità, ossia l’artificioso e irrazionale frazionamento dell’appalto in lotti, nonostante l’omogeneità dei lavori, nonché la violazione della normativa in materia di lavori supplementari.
La pronuncia è meritevole di interesse, in quanto si occupa di un ambito tecnico-amministrativo che interessa la generalità degli enti locali, e soprattutto perché offre un ausilio nella messa a punto della delicata scelta di carattere discrezionale avente a oggetto la suddivisione in lotti, che si ripropone con frequenza nelle procedure in materia di opere pubbliche.
L’intervento dell’Autorità prende le mosse da alcuni esposti relativi al progetto approvato dalla Giunta di un Comune laziale per la realizzazione dei lavori di asfaltatura di strade comunali per un complessivo importo pari a 726.200 euro, progetto nel quale si è previsto che l’esecuzione degli interventi sarebbe stata effettuata in 7 lotti funzionali mediante distinte gare ex art. 51, del D.Lgs. n. 50/2016, tenuto conto della diversa ubicazione delle varie strade oggetto di manutenzione.
Il Comune ha quindi avviato una serie di procedure negoziate per l’individuazione dell’operatore economico mediante il Mepa interpellando diversi soggetti economici operanti nella Regione e zone limitrofe abilitati per la specifica categoria merceologica, ricorrendo al criterio di aggiudicazione del prezzo più basso.
A fronte di ciò, l’Anac ha accertato alcune anomalie e ha censurato senza mezzi termini la condotta dell’ente locale per inosservanza dei criteri di economicità, efficacia e tempestività, nonché della normativa in materia di lavori supplementari per la comprovata assenza dei requisiti previsti.
Quali rilievi ha mosso, nello specifico, l’organismo di vigilanza al modus operandi dell’ente locale?
L’Autorità osserva, in primo luogo, che “la suddivisione in lotti costituisce una scelta discrezionale della stazione appaltante, non censurabile in base a mere questioni di opportunità”, ferma restando tuttavia “la necessità di una valutazione preliminare circa la natura funzionale del lotto, la sua fattibilità tecnica e la convenienza economica del frazionamento”.
Sotto questo profilo, il provvedimento in esame richiama una precedente pronuncia della medesima Autorità (delibera Anac n. 612/2017), secondo cui il lotto “identifica uno specifico oggetto dell’appalto la cui realizzazione è tale da assicurarne funzionalità, fruibilità e fattibilità, indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti: l’articolazione dell’appalto in più parti deve garantire che ogni singola frazione abbia una funzionalità che ne consenta l’utilizzazione compiuta, mentre è precluso il frazionamento quando le frazioni sono inserite in una prestazione che può assumere valore e utilità solo se unitariamente considerata”.
Alla luce di questa pronuncia, l’Anac rileva che l’opzione del lotto unico risulta ragionevole qualora la commessa rivesta carattere unitario in ragione dell’oggetto dell’appalto e delle modalità esecutive che derivano dalla situazione dei luoghi entro cui dover operare, specie nel caso in cui le attività prestazionali oggetto dell’appalto non esigono specializzazioni, né qualifiche particolari di sorta.
Tenuto conto di ciò, secondo l’Autorità non appare ragionevole la scelta adottata dal Comune in esame, che avrebbe dovuto scartare la scelta del frazionamento, e accorpare invece i lotti aventi a oggetto i medesimi lavori di asfaltatura di strade comunali – oltretutto contigue – stante peraltro la dimensione economica dell’appalto.
Nell’ambito della corrispondenza intercorsa tra l’Autorità e l’ente locale, quest’ultimo ha fornito controdeduzioni tese a giustificare la propria scelta, facendo leva sull’esigenza di garantire la più ampia partecipazione alle gare, nonché il principio della massima concorrenza e maggiore economicità per l’ente, senza compromettere la qualità dei lavori appaltati.
I chiarimenti dell’ente non sono però ritenuti soddisfacenti, dacché secondo l’Authority l’esigenza di favorire la più ampia partecipazione alle gare “non assume valenza assoluta e inderogabile”, stante la possibilità di derogarvi ogniqualvolta l’amministrazione ravvisi i presupposti per dare corso all’appalto unitario dei lavori e motivi il mancato frazionamento della commessa in lotti.
A questo fine, l’Anac ha evocato una serie di pronunce giurisprudenziali, e, in particolare, la sentenza n. 5224/2017 del Consiglio di Stato, Sez. III, secondo cui “la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle specifiche norme (…) del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza”.
Un ulteriore fronte di criticità rilevato dall’Autorità nelle procedure attivate dall’ente pubblico riguarda l’affidamento di lavori supplementari in assenza dei presupposti ex art. 106D.Lgs. n. 50/2016 che legittimano tale scelta (nello specifico, la sussistenza di circostanze impreviste o imprevedibili).
L’Autorità osserva, con riferimento al caso in esame, che “la limitazione dell’intervento alle porzioni di sede stradale che versava nelle condizioni peggiori “per ristrettezza di fondi” non può costituire una circostanza imprevedibile tale da consentire il ricorso a lavori supplementari”.
Una simile eventualità, infatti, non può che comportare una modifica sostanziale del contratto e rende necessaria l’indizione di una nuova procedura, anziché l’affidamento diretto all’aggiudicatario in assenza di una qualsiasi procedura competitiva.
L’interpretazione restrittiva dell’Anac in materia di divieto di frazionamento artificioso dell’appalto non è certamente una questione da sottovalutare.
In genere, l’infrazione a tale divieto viene in considerazione allorché una commessa unitaria, ove rientrano diverse prestazioni di importo complessivo superiore alle soglie comunitarie, viene artatamente suddivisa in due o più contratti da veicolare in distinte procedure di affidamento, ciascuna di importo inferiore alla soglia comunitaria, al fine di gestirle in modo più “blando” con procedure meno competitive.
In tale frangente, la fattispecie può assumere un rilievo di carattere penale, come ha dimostrato la sentenza n. 26610/2018 con cui la Cassazione penale, Sez. VI, ha confermato la condanna a carico del dirigente tecnico di una stazione appaltante, per aver effettuato un affidamento diretto a favore di un’impresa tramite il frazionamento degli importi, al fine di evitare l’appalto unitario con una soglia rilevante ai fini dell’obbligo di gara.
Tutto ciò non si riscontra nella delibera in esame, dacché il Comune interessato ha esperito procedure di gara per l’affidamento dei lavori relativi ai singoli lotti in cui è stato suddiviso l’appalto per i lavori di asfaltatura delle strade.
La fattispecie in esame è meno grave, ma richiama comunque la necessità di prestare la massima attenzione nella relativa scelta, anche per via del fatto che i maggiori costi derivanti da una pluralità di procedure competitive non necessarie possono tramutarsi in un possibile danno erariale, con i conseguenti profili di responsabilità contabile che tale epilogo di norma comporta.

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