06/09/2016 – ancora su Ricciardi: lo sfogo di un collega

“Caro Alfredo Ricciardi,

letto il Suo intervento sull’iniziativa promossa dal sindacato che Lei rappresenta in collaborazione con l’Università Bocconi, sento il dovere morale di risponderLe.

La Sua doglianza mi pare un patetico concentrato di supponenza e falsità.

Credo che quasi ogni bipede dotato di intelletto potesse ricostruire per sommi capi le vicende che hanno condotto a questa brillante convenzione, senza che Lei si sforzasse di produrre quella che risulta una stucchevole elegia.

Certo, come Lei saggiamente aveva previsto “la categoria potrebbe non capire il senso di quello che volete offrirgli”: cioè, in soldoni, alla modica cifra di 1800 euro, un corso per imparare quello che già sappiamo e già dobbiamo fare, che però ci servirà (?) post mortem.

Mi viene in mente che, di questa categoria di duri di comprendonio, Lei si fregia di essere il segretario del sindacato più rappresentativo, dall’alto delle sue 400 (La prego, mi corregga se sbaglio) deleghe: sarebbe interessante sapere se l’appartenenza o meno al Suo sindacato avrebbe potuto fare la differenza, quanto a capacità di comprensione.

Ecco, il problema è proprio lì: questa è una categoria in cui si annidano pericolosi maleducati che non riescono a capire l’altissimo valore del Suo operato, in termini strategici, pedagogici e morali. Ecco la Sua visione, Alfredo Ricciardi.

Naturalmente, Lei non si pone neppure minimamente il dubbio che il Suo sindacato, e Lei per primo, possa avere operato male; che il Suo sindacato, e Lei per primo, sia stato incapace di agire e sia stato ancor più incapace di unire la categoria. No, sono gli altri che non capiscono, dure cervici che rifiutano le mirabolanti soluzioni che Lei propone. Perle ai porci, insomma.

Allora, io che, a differenza Sua, sono duro di comprendonio e maleducato, ci tengo a dire forte e chiaro: questa iniziativa fa schifo.

Fa schifo perché moralmente è ripugnante che il sindacato più rappresentativo proponga iniziative di questo genere con il cadavere della categoria ancora caldo. Perché è evidente che queste iniziative sono state studiate e poste in essere con largo anticipo, e questo la dice lunga sulle reali intenzioni del sindacato che Lei rappresenta.

Per chi, nel proprio lavoro, è ormai da anni oberato dall’interpretazione e applicazione di leggi scritte coi piedi, vessato da adempimenti formali a iosa e responsabilità di varia natura a cui non corrisponde un effettivo potere, costretto ad operare in un clima di totale precarietà istituzionale e professionale, è arduo comprendere perché il sindacato più rappresentativo, proprio nel momento in cui il governo recita il de profundis della categoria, promuova un’iniziativa per pochi e a titolo oneroso, sulla cui utilità oggi nulla si conosce (ma non siamo già manager+coordinatori dei dirigenti+responsabili della legittimità-anticorruzione-sicurezzasullavoro-trasparenza-e-anche-di-quello-che-vi-pare? Ma non dovrebbe – almeno questo, dopo anni di corsi e concorsi – essere lo Stato a formarmi, e gratuitamente?) anziché battersi per dare almeno una degna sepoltura al cadavere. Questo, a meno che non si sia di fronte ad un interessante caso di informazione asimmetrica: cioè, che qualcuno abbia la famosa volpe sotto l’ascella.

Vede, Ricciardi, io sono fra quelli che si ostinano a non capire perché un sindacato organizzi un “corso di perfezionamento”, per giunta a pagamento e per pochi intimi, che di fatto è addirittura in anticipo rispetto alla sepoltura della categoria; perchè un ex segretario qualsiasi dovrebbe fare il “corso di perfezionamento” da Lei decantato, visto che i suoi titoli dovrebbero metterlo al riparo dalla concorrenza (dei non ex segretari)  per legge, se i rappresentanti sindacali facessero il loro dovere. Sono tra quelli che pensano (perché sono pure maleducato) che questo corso sia servito e serva, in vario modo, solo per aprire la strada agli amici degli amici.

In sostanza, sono tra quelli che credono che “il peggio che c’è nelle divisioni che abbiamo all’interno della categoria” alberghi proprio nelle iniziative come questa, nelle affermazioni che Lei fa, nelle continue trame sottobanco che il Suo sindacato ordisce nell’interesse di pochi “amici” e non nelle critiche – maleducate, ottuse, volgari, faccia Lei – che servono ad esporle al pubblico ludibrio.

In altri tempi, con altri categorie di lavoratori, un sindacato come il Suo sarebbe stato preso, nella migliore delle ipotesi, a pomodorate e uova marce. Rappresentanti sindacali che (mi perdoni la maleducazione) erano di ben altro livello rispetto a Lei hanno dovuto subire l’onta di contestazioni pubbliche a base di bulloni e biglie di ferro, senza fare una piega: talora, onestamente recitando il mea culpa.

Lei può dunque ritenersi fortunato, molto fortunato. Perché noi oggi siamo civili. Siamo democratici. Siamo tutti abbastanza laureati, perbacco. Certo, non siamo tutti educati come Lei: soprattutto quando ci sentiamo trattati da completi idioti. Abbia la bontà di credermi, è proprio che qualcuno s’è scocciato di farsi prendere per i fondelli da quelli come Lei che vogliono a tutti costi farci credere che Cristo è morto di freddo e che non trovano di meglio da fare che pelosamente tacciare di villaneria tutti coloro che rifiutano il pensiero unionista o anche solo osano muovergli obiezioni.

Perché vede, la maleducazione della, pardon, di parte della categoria è (ma Lei è anche persona intelligente e se ne sarà accorto ben prima di me) proprio il minore dei mali.

Il più grave, mi creda, è che la categoria non esiste più.

E’ che gli ex appartenenti alla stessa, ad oggi, non hanno più neanche quel minimo di garanzie di indipendenza e stabilità che avevano in passato; è che non è stata prevista alcuna soluzione per chi dissente da questo stato di cose e, legittimamente, avrebbe diritto a poter scegliere di che morte morire; è che, in una parola, un futuro nero aspetta gli ex segretari, o perlomeno coloro che non avranno le giuste aderenze.

Le assicuro che, a noi “esterni”, non è pervenuto nulla, nessun segnale, nessuna notizia delle concrete iniziative che il Suo sindacato ha intrapreso per prevenire questo stato di cose. A parte qualche “supplica al sovrano” o qualche sconclusionata, blanda e generica affermazione critica di pura facciata, l’impressione è che abbia sempre e solo cercato di lavorare sul fronte interno, profondendo tutto il suo impegno per tranquillizzare e convincere i colleghi che questa era la migliore delle riforme possibili.

Immagino che Lei abbia un sacco e una sporta di argomenti per controbattere queste mie affermazioni.

Decida Lei chi è che non può o non vuol capire.

Però, vede, quello che conta, soprattutto arrivati al redde rationem, sono i fatti e i fatti, come dicono gli anglosassoni, assai pragmatici e molto diretti nel loro modo di comunicare (forse, per Lei, un tantino maleducati), i fatti, dicevo, sono ostinati.

I fatti dicono che il Suo sindacato ha condotto alla cancellazione della categoria e ad un futuro incerto e penoso la maggior parte dei suoi ex appartenenti e le loro famiglie.

I fatti dicono che l’incapacità di gestire la situazione da parte del sindacato che Lei rappresenta e la totale mancanza di autocritica sono talmente sfacciate che i sospetti di connivenza e doppiogiochismo che da più parti si levano contro di esso sono non solo comprensibili ma anche giustificati.

I fatti dicono che Lei, in un Paese normale, anziché lamentarsi ipocritamente del tono di alcuni Suoi colleghi dissenzienti, si sarebbe umilmente dimesso già da tempo.

E’ davvero sorprendente che, da una posizione così fallimentare, Lei riesca ancora ad esprimere così tanta sprezzante boria.

Tuttavia, non è mai troppo tardi per un sussulto di dignità.

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