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Tributi, la compensazione estingue l’obbligazione  

di GIANLUCA RUSSO – Italia Oggi – 05 Luglio 2019
L’ obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione. Questo, il principio sancito all’ articolo 8 della legge n. 212/2000, noto anche come Statuto del contribuente, che recepisce i canoni del codice civile, considerato che l’ alveo naturale di tale istituto, è appunto quello civilistico. La pietra miliare della disciplina civilistica è contenuta nei commi dell’ articolo 1241, in base ai quali la compensazione si sostanzia in un modo di estinzione dell’ obbligazione diverso dall’ adempimento e per effetto di essa si elidono le reciproche posizioni debitorie di due soggetti, ciascuno debitore e contestuale creditore dell’ altro.
Di certo l’ effettiva operatività in materia tributaria non ha mai avuto vita facile, ancor più, prima di essere «recepita» nel richiamato Statuto del contribuente, pur rientrando ab origine a pieno titolo nel paradigma dell’ art. 97 del testo costituzionale in quanto soluzione efficiente e nel contempo efficace. Dottrina e giurisprudenza ritenevano fosse da escluderne l’ applicazione in materia di tributi, sulla scorta di varie considerazioni: per il carattere indisponibile del credito tributario ad esempio, o per l’ impossibilità di compensare crediti derivanti da rapporti di diritto pubblico come quelli tributari, per loro natura impignorabili.
Nel fisco locale tale istituto è stato recepito, con esplicito rinvio all’ esercizio della potestà regolamentare, dall’ art. 1, comma 167, legge n° 296/2006: «Gli enti locali disciplinano le modalità con le quali i contribuenti possono compensare le somme a credito con quelle dovute al comune a titolo di tributi locali». I giudici di legittimità (si vedano le sentenze della Cassazione nn.14579 e 14588 del 2001) hanno, in merito, statuito che «in materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso è regolata da specifiche, inderogabili norme di legge. Né tale principio può ritenersi superato dallo Statuto del contribuente, che ha demandato ad appositi regolamenti l’ estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato».
Diritto quindi, ma soprattutto possibilità per i contribuenti che hanno versato delle somme in eccesso, di potersele vedere «restituite» con maggiore celerità rispetto ai tempi del rimborso. La potestà regolamentare mai come nel caso di specie, diventa imprescindibile al fine di poter delineare i confini applicativi e porre l’ ente al riparo da pericolose forme di autocompensazione. Insomma, se possa attivarsi fra tributi diversi, applicarsi con effetti ex ante o anche ex post sarà il regolamento a stabilirlo.
Se parte della dottrina afferma con perentoria intransigenza che l’ istituto agisce solo sui versamenti futuri, il dettato civilistico impone invece una seria riflessione sulla possibilità, previa sussistenza di crediti certi, liquidi ed esigibili, di poter compensare anche debiti pregressi, fermo restando, che eventuali annualità solo parzialmente soddisfatte siano passibili dell’ applicazione della relativa sanzione. Il contribuente non potrà, in ogni caso, opporre in compensazione un proprio credito qualora, pur non essendo questo ancora prescritto, siano decorsi i termini per ottenere il rimborso.

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