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Si può essere esenti dall’Ici solo con attività prive di fini di lucro

 06/05/2019 Approfondimenti

La Corte di Cassazione ha emesso due sentenze (n 10286 e n 10288) in cui ha confermato l’obbligo del pagamento dell’Ici, per una casa del pellegrino e una scuola materna paritaria condotta da un istituto religioso.

Per quanto riguarda la casa del pellegrino, questa si trova in un immobile adibito in altra parte a casa di riposo ad uso esclusivo di anziani che necessitano di attività assistenziali. La casa di riposo non è soggetta all’Ici, stando a quanto dichiarato dalla Corte di Cassazione, perché risultate avere i requisiti soggettivi ed oggettivi per non pagare la tassa in oggetto. Discorso diverso per la struttura destinata ai pellegrini. Con l’ordinanza 10286/2019 la Cassazione ha confermato la presenza dei requisiti per il ricovero per anziani, non riconoscendo lo stesso alla struttura destinata ai pellegrini, per la quale non era stata prodotta alcuna documentazione atta a dimostrare che questa non avesse fini di lucro. Si specifica infatti, che essere un ente no-profit ha di base la possibilità di avere fini di lucro, in diversi suoi aspetti, come ad esempio la vendita di snack e bibite in un circolo sportivo. Pone anche l’attenzione sull’autorizzazione rilasciata dal comune a svolgere la propria attività, in riferimento ai pellegrini, fattore affatto sufficiente a garantire il beneficio fiscale richiesto. Si è quindi definito che lo sbaglio è stato della commissione tributaria regionale che confermava l’esenzione solo in merito all’attività di carità cattolica svolta nell’immobile, senza accertarsi che in questo non avvenissero anche attività commerciali.

Caso simile a quello riguardante un istituto scolastico religioso, che l’ordinanza 10288/2019 della Cassazione ha specificato a sua volta essere soggetto all’Ici. L’analisi ha riscontrato che la struttura era definita onlus senza fini di lucro, ma già le tasse annuali da parte degli alunni faceva ricadere l’immobile in quelli soggetti ad Ici, nonostante il pagamento fosse necessario ad evitare un buco nelle entrate con evidente concessione di aiuti di stato. Di nuovo l’errore è stato della commissione tributaria regionale, che ha escluso le attività didattiche svolte dall’idoneità alla natura economica. Bisognava invece assicurarsi, che i pagamenti effettuati dai genitori fossero non idonei a costituire una retribuzione del servizio prestato.

Articolo di Loris Pecchia

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