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Nei comuni aumentano i contratti precari

 Si riducono gli organici e la spesa per il personale dei comuni, ma aumentano i contratti «flessibili» (a tempo determinato, formazione lavoro e interinali) soprattutto al Nord

[p.33] Si riducono gli organici e la spesa per il personale dei comuni, ma aumentano i contratti «flessibili» (a tempo determinato, formazione lavoro e interinali) soprattutto al Nord. I lavoratori socialmente utili (Lsu), per esempio, tradizionalmente diffusi nel Meridione, oltre che in Sicilia e Campania, hanno fatto segnare un massiccio utilizzo anche in Lombardia e Veneto. Nel Nord Italia i lavoratori precari dei comuni sono aumentati del 9,4% mentre nel Centro sono cresciuti del 10,5%. Al Sud invece i contratti precari sono diminuiti del 7,7% e del 7,9% nelle regioni a statuto speciale. Nonostante la flessione, la Sicilia si conferma regina del precariato pubblico, visto che ben l’83% (14.556 unità) dei lavoratori flessibili delle regioni a statuto speciale lavora nell’Isola. Nelle regioni a statuto ordinario, invece, si riducono i contratti di formazione lavoro (-82 unità) e gli Lsu (-3.903 unità) e aumentano i contratti a termine (+3.025) e interinali (+1.310 unità). Sono alcuni dei dati che si ricavano dalla relazione 2018 sulla spesa per il personale degli enti territoriali, approvata dalla sezione autonomie della Corte conti con la delibera n.17/2018 diffusa ieri. La relazione analizza l’andamento della spesa per il personale delle regioni e degli enti locali nel triennio 2014-2016, unitamente alla consistenza numerica del personale. Con riferimento all’esercizio 2016, emerge che l’intero settore occupa, complessivamente, circa 487 mila unità, distribuite tra personale dirigente, segretari comunali/provinciali e direttori generali, personale con qualifica non dirigenziale. Di esse circa 39 mila unità, pari all’8% del totale, hanno un contratto di lavoro flessibile. La spesa totale, che non comprende quella relativa ai contratti di lavoro flessibile, ammonta a circa 13,7 miliardi di euro (di cui 2,7 per le regioni, un miliardo per le province e le Città metropolitane e 10 miliardi per i comuni). La spesa media per dipendente regionale ammonta (sempre con riferimento al 2016) a 33.932 euro, a fronte di 27.697 relativi per i dipendenti comunali e di 27.816 per i dipendenti provinciali. La spesa media per il personale dirigente è stata di 87.591 euro nelle regioni, 81.535 nei comuni e 97.072 nelle province. Il numero dei dipendenti comunali si è ridotto del 5% arrivando a toccare quota 372.727 unità di cui 35.426 con contratti di lavoro flessibile. La spesa netta per il personale dirigenziale dei comuni dei comuni è calata del 6,78% nelle regioni a statuto ordinario e del 3,05% nelle regioni autonome. In calo anche l’incidenza del trattamento economico accessorio sulle retribuzioni dei manager, ma solo nelle regioni a statuto ordinario. Nelle regioni del Nord la riduzione della retribuzione di risultato è stata pari al 6,38%. Ma la contrazione del trattamento economico accessorio è stata più marcata al Centro (-10,48%) e al Sud (-15,4%). Nelle regioni a statuto speciale, invece, le retribuzioni di risultato sono aumentate del 19,15% soprattutto a causa dell’esplosione delle indennità nei comuni della Sardegna (+105,64%).

a cura di Francesco Cerisano

03/08/2018 

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