03/05/2019 – Urbanistica. Lotto edificato e volumetria residua

Urbanistica. Lotto edificato e volumetria residua

 
Pubblicato: 02 Maggio 2019 – Consiglio di Stato Sez. VI n. 2215 del 3 aprile 2019

Un’area edificatoria già utilizzata a fini edilizi è suscettibile di ulteriore edificazione solo quando la costruzione su di essa realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento del rilascio dell’ulteriore (nuovo) permesso di costruire, dovendosi considerare non solo la superficie libera e il volume ad essa corrispondente, ma anche la cubatura del fabbricato preesistente al fine di verificare se, in relazione all’intera superficie dell’area (superficie scoperta più superficie impegnata dalla costruzione preesistente), residui l’ulteriore volumetria di cui si chiede la realizzazione, a nulla rilevando che questa possa insistere su una parte del lotto in seguito catastalmente divisa, dovendosi considerare irrilevanti i frazionamenti delle proprietà private medio tempore intervenuti: pertanto, quando un’area edificabile viene successivamente frazionata in più parti tra vari proprietari, la volumetria disponibile nell’intera area permane invariata, sicché, qualora siano già state realizzate sul lotto originario una o più costruzioni, i proprietari dei vari terreni, in cui detto lotto sia stato successivamente frazionato, hanno a disposizione solo la volumetria che eventualmente residua tenuto conto di quanto originariamente costruito. In altri termini, qualora un lotto urbanisticamente unitario sia già stato oggetto di uno o più interventi edilizi, la volumetria residua, o la superficie coperta residua, va calcolata previo decurtamento di quella in precedenza realizzata, con irrilevanza di eventuali successivi frazionamenti catastali o alienazioni parziali, onde evitare che il computo dell’indice venga alterato con l’ipersaturazione di alcune superfici al fine di creare artificiosamente disponibilità nel residuo

Pubblicato il 03/04/2019

N. 02215/2019REG.PROV.COLL.

N. 05244/2018 REG.RIC.

N. 05489/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5244 del 2018, proposto da Schullian Martina, Gallione Marisa, Biasion Gerhard, Lobis Dorothea ved. Barbugian, Largajolli Linda, Largajolli Paola e Profaizer Maria ved. Pedrotti, rappresentati e difesi dagli avvocati Federico Mazzei e Andrea Reggio D’Aci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Reggio D’Aci in Roma, via degli Scipioni, n. 268;

contro

Mendola Uno S.r.l. e Unifin Living Spaces S.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Stefan Thurin, Karl Zeller e Luigi Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Comune di Bolzano, non formalmente costituito in giudizio nell’ambito del presente ricorso;

sul ricorso numero di registro generale 5489 del 2018, proposto dal Comune di Bolzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Laura Polonioli, Gudrun Agostini, Bianca Maria Giudiceandrea e Alessandra Merini, domiciliato presso la Segreteria Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;

contro

Mendola Uno S.r.l. e Unifin Living Spaces S.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Stefan Thurin, Karl Zeller e Luigi Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Schullian Martina, Gallione Marisa, Biasion Gerhard, Lobis Dorothea ved. Barbugian, Largajolli Linda, Largajolli Paola e Profaizer Maria ved. Pedrotti, rappresentati e difesi dagli avvocati Federico Mazzei e Andrea Reggio D’Aci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Reggio D’Aci in Roma, via degli Scipioni, n. 268;

per la riforma

della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa – Sezione autonoma di Bolzano, n. 185/2018, resa tra le parti e concernente: diniego di concessione edilizia;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle rispettive parti appellate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2018, il consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Federico Mazzei, Andrea Reggio D’Aci, Karl Zeller e Polonioli Laura;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a. – Sezione autonoma di Bolzano accoglieva il ricorso n. 153 del 2017, proposto dalle società Mendola Uno S.r.l. e Unifin Living Spaces S.r.l. – dalla prima, in qualità di proprietaria delle particelle edilizie 2923, 5094 e 5128 in C.C. Gries, e dalla seconda, in qualità di promissaria acquirente delle stesse pp.ed. in forza di un contratto preliminare di acquisto – avverso il diniego del 6 maggio 2017 opposto dal Comune di Bolzano all’istanza presentata dalle ricorrenti il 4 novembre 2016 (con successive integrazioni) per il rilascio della concessione edilizia relativa alla costruzione di un edificio residenziale ‘Casa clima ANature’, con utilizzo del bonus cubatura del 20%, in Bolzano, via Amba Alagi, n. 1, sul lotto contraddistinto dalle pp. ed. 2923, 5094 e 5128 C.C. Gries, con una cubatura edificabile di progetto pari a mc 4.454,22.

Il diniego era basato sul duplice rilievo che:

(i) nel calcolo della cubatura urbanistica dell’edificio sulla adiacente p.ed. 364/4 doveva tenersi conto anche della soffitta ivi legalmente costruita, «in forza anche della sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 dd. 23/4/2009, dove viene formulato il criterio generale della valutazione dello stato reale dei luoghi al quale riferirsi» (v. così, testualmente, il provvedimento di diniego);

(ii) non era stato dimostrato che il lotto fosse munito di sufficiente capacità edificatoria in relazione alla volumetria progettata, con conseguente contrasto con l’art. 35 l. prov. 13 agosto 1997, n. 13 (l. urb. prov.), e ss. mm. ii., «in quanto non ha rilevanza il fatto che all’epoca dei permessi non esistevano ancora la pianificazione urbanistica e/o indici di edificazione. La densità edilizia di un lotto frazionato va quindi sempre calcolato considerando il volume edificato sull’intero lotto originario. Inoltre non hanno rilevanza successivi frazionamenti o alienazioni di parte di essa» (v. così, testualmente, il provvedimento di diniego).

1.1. Il T.r.g.a. – previa reiezione dell’istanza di sospensione del giudizio ex artt. 79 cod. proc. amm. e 295 cod. proc. civ., formulata dal Comune resistente a dagli intervenienti ad opponendum in relazione al ricorso n. 293 del 2016 pendente dinanzi allo stesso T.r.g.a. su questione analoga, peraltro definito con la sentenza n. 73/2018 pubblicata il giorno precedente la data fissata per la discussione del ricorso n. 153 del 2017 – fondava la pronuncia di accoglimento sul seguente centrale iter motivazionale.

1.1.1. Quanto al motivo di diniego sub 1.(i), rilevava che:

– dalla documentazione in atti risultava che l’edificio insistente sulla p.ed. 364/4 C.C. Gries (Villa Park) era stata realizzata nel 1906, in assenza di prescrizioni sulla densità edilizia e senza che fosse determinata la relativa area pertinenziale;

– in seguito, nel 1988, l’edificio era stato ristrutturato e dalla relativa concessione edilizia n. 78/1988 risultava una cubatura urbanistica pari a mc 2.789,92;

– rispetto all’afferente superficie catastale pari a mq 1.153,00 e tenuto conto dell’indice di densità edilizia oggi vigente nella zona B2 (4 mc/mq), la p.ed. 364/4 era munita di una capacità edificatoria residuale di mc 1.822,08;

– quindi la cubatura esistente sulla p.ed. 364/4 era ampiamente inferiore rispetto a quella ammissibile sul lotto;

– non era configurabile alcun asservimento delle particelle circostanti la p.ed. 364/4 (ossia, delle pp.ed. 2923 e 5094 interessate dal progetto), atteso che in base alle concessioni edilizie rilasciate non era stata utilizzata l’intera capacità edificatoria di detta particella, mentre l’asservimento sarebbe stato ipotizzabile nel solo caso in cui la cubatura esistente avesse superato quella ammessa in base agli indici di edificabilità previsti dal vigente p.u.c. per quella zona;

– in conclusione, nel conteggio della cubatura sulla p.ed. 364/4 non assumeva rilevanza il contestato calcolo relativo alla cubatura del sottotetto, poiché detta particella possedeva comunque una notevole capacità edificatoria tutt’ora libera.

1.1.2. In ordine al motivo di diniego sub 1.(ii), previo richiamo dei propri precedenti giurisprudenziali, rilevava che:

– la particella edilizia 1064 (edificata nel 1936 con concessione edilizia n. 30/1936, in assenza di prescrizioni circa la densità edilizia, e poi ristrutturata) presentava un indice di fabbricabilità (7,32 mc/mq) superiore anche ai previgenti parametri urbanistici e, nel 2012, era stata oggetto di frazionamento, in quanto mq 15 della p.ed. 1064 erano stati distaccati per formare la nuova p.ed. 5128 e acquistati dalla ricorrente società Mendola Uno S.r.l. allo scopo di utilizzare la superficie per realizzare il progetto di cui è causa;

– il Comune di Bolzano, nel preavviso di rigetto, aveva affermato che la cubatura esistente sulla sopra citata p.ed. 1064 (Condominio Roxy), «che eccede quella applicando l’indice del vigente PUC sulla stessa p.ed. e sulla p.ed. 5128 C.C. Gries», avrebbe dovuto essere detratta dal potenziale edificatorio del lotto originario, ritenendo quindi che la p.ed. 364/4 (Villa Park) e le pp.edd. 2923 e 5094 e 5128 dovevano considerarsi asservite alla sopra citata p.ed. 1064, con conseguente saturazione della capacità edificatoria, in quanto tutte le particelle avevano fatto parte di un unico lotto originario;

– la tesi del Comune non era tuttavia condivisibile, poiché, anche in ipotesi ritenendo che le attuali particelle edilizie 1064, 2923, 5094 fossero state in passato superfici di pertinenza dell’edificio (Villa Park) all’epoca realizzato dall’originario unico proprietario (Franck Rudolf), successivamente alla costruzione, nel 1936, ad opera del terzo acquirente dell’area identificata dalla neo-eretta p.ed. 1064 (signori Costa Valentino e Ossi Maria Maddalena), di un nuovo edificio sulla p.ed. 1064 (Condominio Roxy), doveva escludersi che la relativa cubatura avesse asservito ex post le predette particelle rimaste in possesso del venditore, in quanto quest’ultimo, a suo tempo, aveva ceduto il terreno con la correlativa potenzialità edificatoria, non anche i diritti edificatori (siccome determinati dai parametri urbanistici introdotti e via via modificati nel corso del tempo dal pianificatore urbanistico) dei terreni rimasti di sua proprietà;

– l’unica eccezione era costituita dalla p.ed. 5128 (della superficie di mq 15; v. sopra), la quale fino al 2012 era parte della p.ed. 1064, cosicché si era creato asservimento in favore dell’edificio ivi esistente, con conseguente perdita di ogni capacità edificatoria sulla sola p.ed. 5128;

– in altri termini, un vincolo di asservimento si sarebbe potuto costituire solo in seguito e per effetto di concessioni edilizie rilasciate in favore dell’originario proprietario, mentre gli edifici realizzati successivamente dai terzi acquirenti sui fondi frazionati ceduti dal medesimo giammai potevano, a loro volta, asservire i fondi rimasti in proprietà del venditore, tale essendo l’unica interpretazione possibile, costituzionalmente orientata, dell’art. 35, ultimo periodo, l. urb. prov. (che testualmente recita: «[…] Gli edifici esistenti vincolano le superfici pertinenziali, in base all’indice di densità edilizia vigente al momento del rilascio della nuova concessione edilizia, a prescindere dal frazionamento del lotto originario o dell’alienazione di parti dello stesso»);

– andava infine considerato che l’edificio insistente sulla p.ed. 1064 era stato costruito nel 1936, molto tempo prima dell’entrata in vigore del primo Piano urbanistico comunale di Bolzano (1964);

– come ripetutamente affermato nella giurisprudenza dello stesso T.r.g.a., nessun limite edificatorio era previsto nel precedente P.r.g. del 1941, mentre solo con il piano urbanistico del 1964 erano stati introdotti limiti di densità edilizia, sicché la mancanza di indici di densità edilizia nel P.r.g. del 1941, vigente fino al 1964, non consentiva di parlare di superamento della capacità edificatoria per costruzioni erette negli anni anteriori al 1964, escludendo che quanto costruito in detto periodo potesse comportare asservimento tecnico di aree, in quanto solo a partire dal momento della introduzione, nella regolamentazione urbanistica, dei limiti di densità edilizia mediante l’introduzione del parametro ‘indice di fabbricabilità – metrocubo per metroquadro’ ci si poteva legittimamente riferire a tale concetto per stabilire se una determinata area fosse ancora edificabile, oppure se, al contrario, la volumetria teoricamente realizzabile fosse già stata integralmente sfruttata;

– infatti, se al momento del rilascio di una data concessione edilizia non esisteva ancora una norma che imponeva al privato limiti allo ius aedificandi, l’area non impegnata, nella sua fisicità, dal manufatto autorizzato doveva considerarsi libera ed interamente utilizzabile ad ulteriori fini edificatori al momento della presentazione della nuova istanza di concessione, sia pure nel rispetto del rapporto volume/superficie eventualmente esistente in tale momento.

1.2. Il T.r.g.a. annullava di conseguenza gli atti impugnati e condannava il Comune resistente e gli intervenienti ad opponendum (tutti proprietari di altrettante unità abitative ubicate presso edifici ricompresi nell’originario compendio immobiliare ‘Franck-Scrinzi’) a rifondere alle ricorrenti le spese di causa.

2. Avverso tale sentenza interponevano appello sia il Comune di Bolzano (con ricorso incardinato sub r.g. n. 5489 del 2018), sia gli originari intervenienti ad opponendum (con ricorso incardinato sub r.g. n. 5244 del 2018).

2.1. Il Comune deduceva i motivi d’appello come di seguito rubricati:

a) «Violazione, errata e falsa applicazione dell’art. 35, ultimo periodo, della l.p. 13/1997, nonché della previsione dell’indice di fabbricabilità 4 mc/mq contenuto nelle norme di attuazione del PUC di Bolzano, nella parte in cui afferma che “gli edifici realizzati dal terzo acquirente sui fondi frazionati ceduti dall’originario proprietario non possono a loro volta asservire i fondi rimasti di proprietà del venditore”. Violazione di principi generali di diritto urbanistico in materia di rilascio di concessione edilizia. Erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione in punto»;

b) «Violazione, errata e falsa applicazione dell’art. 35, ultimo periodo, della l.p. 13/1997, nonché della previsione dell’indice di fabbricabilità 4 mc/mq contenuto nelle norme di attuazione del PUC di Bolzano, nella parte in cui afferma che “l’edificio sulla p.ed. 1064 è stato costruito nel 1936 molto tempo prima dell’entrata in vigore del primo PUC di Bolzano (1964)”. Violazione di principi generali di diritto urbanistico in materia di rilascio di concessione edilizia. Contrasto con la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio n. 3/2009. Erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione in punto»;

c) «Violazione e falsa applicazione degli artt. 34 e 134 c.p.a. nel punto in cui, sostituendosi all’Amministrazione, il Giudice di primo grado ha ritenuto irrilevante il calcolo della cubatura del sottotetto e ha ritenuto che la p.ed. 1064, essendo stata edificata nel 1936, sia stata realizzata “in assenza di prescrizioni circa la densità edilizia”. Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 All. E Legge n. 2248/1865. Violazione dell’art. 112 c.p.c., vizio di ultrapetizione», lamentando che l’impugnata sentenza era affetta da «un vizio di eccesso di potere giurisdizionale, senza che nemmeno siano state svolte in primo grado indagini peritali sulla effettiva esistenza di una cubatura residua sul lotto, consulenza tecnica pur espressamente richiesta da Mendola Uno» (v. così, testualmente, il ricorso in appello).

Il Comune appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, la reiezione dell’avversario ricorso di primo grado.

2.2. Gli originari intervenienti ad opponendum deducevano i motivi d’appello come di seguito rubricati:

a) «Error in iudicando per violazione e falsa applicazione dell’art. 35, ultimo periodo, LP 13/1997, nonché per motivazione illogica, contraddittoria, irragionevole e travisata in punto di asservimento dei terreni di progetto inedificati nel lotto originario ad opera degli edifici ivi esistenti, in particolare delle pp.ed. 1064 e 364/4. Contrasto con la sentenza Cons. Stato AP 3/2009 in sede di nomofilachia; conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 86, 87, 89 e 93 L. 2359/1865, art. 20 RDL 765/1926, L 2359/1865 e DM 23 marzo 1935/XIII ratione temporis da applicare al caso di specie per contrasto con il piano regolatore di Bolzano approvato con delibera del Podestà di Bolzano n. 967/13425 dd. 7.12.1935 pubblicato all’Albo pretorio l’8.12.1935»;

b) «Violazione e falsa applicazione degli artt. 7, co. 6, 34 e 134 c.p.a. per violazione del principio di divieto di sostituzione del Giudice amministrativo nelle scelte discrezionali e di merito spettanti alla PA. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 29 e 34 c.p.a. anche in relazione all’art. 112 c.p.c. per violazione del principio dispositivo della domanda».

Gli appellanti chiedevano quindi, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, la reiezione del ricorso di primo grado.

3. In entrambi i giudizi si costituivano gli originari ricorrenti Mendola Uno S.r.l. e Unifin Living Spaces S.r.l., eccependo l’inammissibilità dell’appello proposto dagli originari intervenienti, per carenza di legittimazione e di interesse, nonché contestando nel merito la fondatezza di entrambi i ricorsi di appello.

4. Accolte con ordinanza cautelare n. 3970 del 2018 – previa riunione dei ricorsi in appello – le istanze di sospensiva, le due cause all’udienza pubblica del 20 dicembre 2018 sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

5. Infondata è l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dagli intervenienti ad opponendum in primo grado, in quanto:

– per un verso, nel giudizio di primo grado mai è stata contestata la legittimazione e l’interesse degli stessi ad intervenire ad opponendum, nella loro qualità di proprietari di unità immobiliari ubicati in edifici condominiali connotati dalla vicinitas rispetto agli immobili interessati dall’intervento edilizio oggetto del gravato diniego di concessione, e quindi la loro qualità di interventori titolari di una posizione giuridica autonoma legittimante l’intervento;

– i giudici di prime cure, affrontando ex professo le eccezioni, istanze e difese sollevate dagli intervenienti (quale, ad es., l’istanza di sospensione del processo ex artt. 79 cod. proc. amm e 295 cod. proc. civ.), hanno implicitamente – ma necessariamente – ritenuto ammissibile l’intervento, con statuizione non specificamente impugnata con appello incidentale;

– a norma dell’art. 102 cod. proc. amm., possono proporre appello le parti, fra le quali è stato pronunciata la sentenza di primo grado, tra cui gli interventori titolari di una posizione giuridica autonoma;

– l’interesse ad appellare è integrato dalla soccombenza, nella specie indubbiamente ravvisabile in capo agli originari intervenienti, rimasti soccombenti sulla questione centrale della presente controversia e condannati a rifondere alle originarie ricorrenti le spese di causa (in solido con il Comune resistente).

6. Premesso che i due ricorsi in appello, proposti avverso la medesima sentenza, a norma dell’art. 96, comma 1, cod. proc. amm. devono essere riuniti e decisi congiuntamente, si osserva che gli stessi sono infondati.

6.1. Destituiti di fondamento sono i motivi d’appello sub 2.1.a), 2.1.b) e 2.2.a), tra di loro connessi e da trattare congiuntamente.

La questione centrale devoluta in appello con i motivi all’esame si risolve nel quesito se, nel caso di specie, il lotto edificatorio costituito dalle particelle edilizie 2923, 5094 e 5128 C.C. Gries, della superficie complessiva di mq 1.105, sul quale è destinato ad essere realizzato l’edificio progettato dall’appellata Mendola Uno S.r.l., sia da ritenersi saturo o meno, in rapporto alla volumetria di progetto.

Infatti, a fronte della presentazione, da parte del tecnico dell’impresa istante, di un calcolo volumetrico che indica una cubatura totale ammissibile di mc 4.456.01 e una cubatura di progetto di mc 4.454,22 (tenuto conto dell’indice di fabbricabilità di 4 mc/mq previsto dal p.u.c. di Bolzano per zona di completamento B2, e del bonus di cubatura del 20% previsto per le costruzioni ‘Casa Clima ANature’), il Comune ha opposto, quale motivo centrale di diniego, la circostanza che l’istante non avrebbe dimostrato che il lotto sia munito di sufficiente capacità edificatoria in relazione alla volumetria progettata, tenuto conto degli edifici realizzati sul lotto storico originario, con conseguente contrasto con l’art. 35 l. urb. prov. e ss. mm. ii., «in quanto non ha rilevanza il fatto che all’epoca dei permessi non esistevano ancora la pianificazione urbanistica e/o indici di edificazione. La densità edilizia di un lotto frazionato va quindi sempre calcolata considerando il volume edificato sull’intero lotto originario. Inoltre non hanno rilevanza successivi frazionamenti o alienazioni di parte di essa» (v. così, testualmente, il provvedimento di diniego).

6.1.1. Occorre sin d’ora precisare che il passaggio motivazionale dell’impugnata sentenza, nel quale si fa riferimento al «c.d. lotto storico originario» – del seguente tenore letterale: «l’estensione e la ricostruzione del c.d. lotto originario non sono in contestazione nel caso in esame: il lotto originario è contraddistinto dalla p.ed. 364 e dalle pp.ff. 2092/1, 2092/2 e 2093/3 C.C. Gries, appartenute un tempo alla signora Martha Scrinzi, ved. Franck. Le attuali particelle edificiali del lotto originario sono altrettanto pacificamente le seguenti: pp.ed. 4804, 2039, 2447, 2448, 1190, 4805, 4719, 3515, 2893, 2092/8, 364/5, 4419, circa la metà della p.ed. 3107 e della p.f. 2092/5, nonché le pp.ed. 4786, 364/4, 2923, 1064, 1018, 5128 e parte della p.f. 5094 (cfr. doc.ti 13 del Comune e allegati al doc. 4 della ricorrente). Tra queste particelle rientrano anche quelle oggetto dell’intervento sub iudice (pp.edd. 2923, 5094 e 5128 C.C. Gries)» –, è, all’evidenza, da intendere quale riferimento al «compendio immobiliare» tavolarmente identificato dalla p.ed. 364 e dalle pp.ff. 2092/1, 2092/2 e 2093/3 C.C. Gries, costituenti il corpo tavolare individuato dalla P.T.48/II C.C. Gries, in origine, dal 1906 fino alla prima metà degli anni ‘30 del secolo scorso, di proprietà Franck-Scrinzi. Infatti, nell’impugnata sentenza mai è stato affermato che l’intero compendio, in occasione del rilascio degli originari titoli edilizi via via rilasciati nel tempo e riguardanti i vari edifici realizzati su singole particelle (in particolare, le costruzioni sulla p.ed. 364/4 e sulla p.ed. 1064), sia stato considerato come lotto unitario in senso urbanistico-edilizio. Tutt’al contrario, l’intero impianto motivazionale e le conclusioni dell’impugnata sentenza smentiscono la fondatezza di siffatta operazione interpretativa tesa ad attribuire a tale passaggio motivazionale il significato invocato dagli odierni appellanti, i quali impropriamente assumono che sul punto si sarebbe formato il giudicato interno per la mancata proposizione di appello incidentale, trattandosi per contro di questione da risolvere in sede di interpretazione sistematica della sentenza, sulla base di una combinata lettura della motivazione e della parte-dispositiva, e non già facendo ricorso a una lettura formalistica e atomistica del passaggio motivazionale in questione. La correlativa eccezione di giudicato endoprocessuale, sollevata dagli odierni appellanti, è pertanto manifestamente infondata.

6.1.2. Ciò premesso, si ritiene necessaria una previa esposizione sintetica del quadro normativo applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio.

6.1.2.1. Viene, in primo luogo, in rilievo l’art. 35 della legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13 (nel testo sostituito dall’art. 4, comma 2, L.P. 19 luglio 2013, n. 10), il quale testualmente recita: «Nei piani urbanistici le zone destinate all’edilizia residenziale sono dimensionate secondo il fabbisogno residenziale risultante dalle previsioni dello sviluppo decennale della popolazione residente, in considerazione delle direttive del piano provinciale di sviluppo e coordinamento territoriale e degli obiettivi di sviluppo territoriale e socioeconomico del comune. Tutte le misure di pianificazione perseguono gli obiettivi di contenere il consumo di suolo e di dare la priorità all’utilizzo del patrimonio edilizio esistente. Le zone sono da perimetrare in forma omogenea, compatta e chiusa ed i parametri urbanistici da fissare nel piano urbanistico comunale sono da determinare in rapporto al circostante contesto urbanistico. Nelle singole zone la densità edilizia non può essere inferiore ad 1,30 metri cubi per metro quadrato ed il coefficiente di utilizzo deve raggiungere lo 0,8 della densità edilizia massima prevista per la singola zona. La cubatura ammissibile nella zona è determinata includendo gli edifici esistenti a prescindere dalla data della loro realizzazione. Gli edifici esistenti vincolano le superfici pertinenziali, in base all’indice di densità edilizia vigente al momento del rilascio della nuova concessione edilizia, a prescindere dal frazionamento del lotto originario o dell’alienazione di parti dello stesso». Si precisa che, nel presente contesto processuale, particolare rilevanza assumono gli ultimi due periodi della citata disposizione legislativa.

6.1.2.2. In precedenza, la fattispecie era disciplinata dall’art. 36, comma 4-bis, l. urb. prov. (ora abrogato), introdotto dall’art. 8, comma 2, l. prov. n. 3/2007, il quale aveva statuito: «Gli edifici esistenti vincolano le superfici pertinenziali, da dimostrare in base alla densità edilizia vigente all’atto della presentazione della domanda di concessione edilizia, a prescindere dalla data della loro realizzazione, dal successivo frazionamento del compendio immobiliare o dall’alienazione di parti dello stesso».

Il riferimento al concetto di «compendio immobiliare», a-tecnico sotto il profilo urbanistico-edilizio, in quanto sostanzialmente riferito alla mera situazione proprietaria degli immobili in origine di proprietà di un unico soggetto, nel novellato art. 35 l. urb. prov. risulta quindi sostituito dal riferimento al concetto di «lotto originario», da intendere in senso urbanistico-edilizio, quale area di proprietà dell’istante specificamente asservita alla costruzione oggetto del titolo edilizio.

6.1.2.3. L’art. 1, lettera a), delle n.t.a. del p.u.c. di Bolzano, nella versione applicabile ratione temporis alla fattispecie sub iudice, al primo comma contiene la seguente definizione di «lotto edificatorio»: «[esso] è la superficie reale dell’area asservita alla costruzione al netto degli spazi pubblici esistenti e/o previsti dal piano di zonizzazione e/o dalle presenti norme. Essa deve essere computata una sola volta agli effetti del calcolo della cubatura urbanistica e della superficie coperta».

Nel secondo comma, la citata disposizione recita: «Ai fini del computo di cui al comma precedente non si considera appartenente al lotto l’area con vincolo di asservimento come area pertinenziale da costruzioni esistenti sul proprio lotto o sui lotti confinanti, a prescindere dal frazionamento successivo del lotto o dall’alienazione di parti dello stesso. L’area pertinenziale di nuove costruzioni è da determinare in base ai parametri di edificabilità in vigore al momento del rilascio della nuova concessione edilizia».

6.1.2.4. Il sopra riportato quadro normativo recepisce, sostanzialmente, i principi di diritto urbanistico-edilizio di origine giurisprudenziale, secondo cui:

– un’area edificatoria già utilizzata a fini edilizi è suscettibile di ulteriore edificazione solo quando la costruzione su di essa realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento del rilascio dell’ulteriore (nuovo) permesso di costruire, dovendosi considerare non solo la superficie libera e il volume ad essa corrispondente, ma anche la cubatura del fabbricato preesistente al fine di verificare se, in relazione all’intera superficie dell’area (superficie scoperta più superficie impegnata dalla costruzione preesistente), residui l’ulteriore volumetria di cui si chiede la realizzazione, a nulla rilevando che questa possa insistere su una parte del lotto in seguito catastalmente divisa, dovendosi considerare irrilevanti i frazionamenti delle proprietà private medio tempore intervenuti: pertanto, quando un’area edificabile viene successivamente frazionata in più parti tra vari proprietari, la volumetria disponibile nell’intera area permane invariata, sicché, qualora siano già state realizzate sul lotto originario una o più costruzioni, i proprietari dei vari terreni, in cui detto lotto sia stato successivamente frazionato, hanno a disposizione solo la volumetria che eventualmente residua tenuto conto di quanto originariamente costruito (v. Cons. Stato, Sez. IV, 1° luglio 2015, n. 3251, con ulteriori richiami giurisprudenziali);

– in altri termini, qualora un lotto urbanisticamente unitario sia già stato oggetto di uno o più interventi edilizi, la volumetria residua, o la superficie coperta residua, va calcolata previo decurtamento di quella in precedenza realizzata, con irrilevanza di eventuali successivi frazionamenti catastali o alienazioni parziali, onde evitare che il computo dell’indice venga alterato con l’ipersaturazione di alcune superfici al fine di creare artificiosamente disponibilità nel residuo (v. Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 maggio 2012, n. 2941);

– l’istituto dell’asservimento in senso tecnico si è configurato in seguito all’entrata in vigore del d.m. n. 1444/1968, con il quale sono stati introdotti nell’ordinamento, in attuazione dei precetti recati dall’art. 17 l. n. 765/1967 (introduttivo dell’art. 41-quinquies l. n. 1150/1942), limiti inderogabili di densità edilizia (v. Cons. Stato, Ad. plen. 23 aprile 2009, n. 3)

– in caso di edificio preesistente realizzato in epoca anteriore all’adozione del primo piano regolatore generale di un comune, con il quale per la prima volta nel territorio comunale siano stati introdotti indici di densità edilizia – territoriale (riferito a ciascuna zona omogenea) e fondiaria (riferito al singolo lotto) –, in assenza di limiti di volumetria non è configurabile un’ipotesi di asservimento in senso tecnico, ma è astrattamente configurabile un vincolo di c.d. asservimento pertinenziale, connotato dalla destinazione dell’area non edificata del lotto a servizio dell’edificio realizzato, in termini di complementarietà funzionale, dovendosi in tal caso aver riguardo al dato reale costituito dagli immobili preesistenti su detta area e delle relazioni che intrattengono con l’ambiente circostante (v. Cons. Stato, Ad. plen., 23 aprile 2009, n. 3; Cons. Stato, Sez. VI, 23 febbraio 2016, n. 732; Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2018, n. 6397);

– qualora la normativa urbanistica imponga limiti di volumetria, il relativo vincolo sull’area discende ope legis, senza necessità di strumenti negoziali privatistici (atto d’obbligo, trascrizione, cessione di cubatura, ecc.), che devono invece sussistere quando il proprietario di un terreno intenda asservirlo a favore di un altro proprietario limitrofo, per ottenere una volumetria maggiore di quella che il suo solo terreno gli consentirebbe, oppure quando siffatto asservimento sia, per così dire, reciproco, nel senso che i proprietari di più terreni li asservino unitariamente alla realizzazione di un unico progetto (v. Cons. Stato., Sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3766);

– dal provvedimento edilizio abilitativo, il cui rilascio attualizza le potenzialità edificatorie di un lotto, determinandone la cubatura assentibile in relazione ai limiti imposti dalla normativa urbanistica, sorge un vincolo di asservimento per cui, una volta esaurite le predette potenzialità, le restanti parti del lotto sono sottoposte ad un regime di inedificabilità che discende ope legis dall’intervenuta utilizzazione del lotto medesimo (v. Cons. Stato, Ad. Plen., 23 aprile 2009, n. 3).

6.1.2.5. Conclusivamente, l’operatività delle sopra esposte coordinate normative e giurisprudenziali dipende dall’accertamento delle seguenti circostanze, cumulativamente concorrenti:

(i) che il lotto originario sia unitario e unitariamente utilizzato, restando irrilevante il successivo evolversi dell’assetto della situazione proprietaria (atti di trasferimento), catastale e/o tavolare (frazionamenti, piani particellari, accatastamenti, escorporazioni, ecc.);

(ii) che esista una norma di piano disciplinante la densità edilizia, oppure, in sua assenza, venga altrimenti individuato un vincolo di asservimento pertinenziale di un’area rispetto alla costruzione a suo tempo realizzata.

6.1.3. Nel caso di specie, quanto all’aspetto sub 6.1.2.5.(i), si osserva che, alla luce delle risultanze della documentazione amministrativa, catastale, tavolare, planimetrica e progettuale acquisita al giudizio, per quanto qui interessa (tenuto conto dei limiti oggettivi del presente giudizio) le vicende proprietarie ed edilizie relative al compendio immobiliare che qui viene in rilievo, possono essere sintetizzate come segue:

– il compendio immobiliare in P.T. 48/II C.C. Gries, facente capo alla proprietà Franck-Scrinzi dal 1906 e rimasto immutato fino ai primi anni ‘30, era costituito dalla p.ed. 364 e dalle pp.ff. 2092/1, 2092/2 e 2093/3 C.C. Gries;

– deve, in primo luogo, escludersi che l’edificio insistente sulla p.ed. 364/4 (Villa Park), realizzato nel 1906, avesse asservito le particelle fondiarie 2092/1, 2092/2 e 2093/3 (all’epoca inedificate), dovendosi invece ritenere che l’eventuale asservimento – sia esso inteso in senso tecnico che in senso pertinenziale – abbia riguardato la sola superficie della stessa p.ed. 364/4, di mq 1.153, tant’è che, neppure attualmente, la cubatura consentita dal p.u.c. risulta essere stata interamente sfruttata, residuando tutt’ora sulla p.ed. 364/4 una capacità edificatoria di mc 1.606,22 (dopo la ristrutturazione eseguita nel 1988);

– infatti, l’asservimento in senso tecnico presupporrebbe il superamento del volume realizzabile sul lotto in forza dell’indice di fabbricabilità previsto dal p.u.c., da escludersi per quanto sopra esposto, mentre l’asservimento pertinenziale presupporrebbe un rapporto di complementarietà funzionale tra l’edificio (costruito sulla p.ed. 364/4) e le menzionate particelle fondiarie (che all’epoca costituivano un esteso appezzamento agricolo), da escludersi già in considerazione dell’estensione di gran lunga superiore della superficie di dette particelle rispetto a quella della particella edilizia, all’evidenza dotata di una superficie da sola idonea a soddisfare le esigenze funzionali dell’ivi insistente edificio (Villa Park);

– quanto alle vicende relative alle menzionate particelle fondiarie, va rilevato che nei primi anni ‘30 del secolo scorso, la p.f. 2092/3, inedificata e priva di vincoli di asservimento, è stata frazionata nelle pp.ff. 2092/3 e 2093/4, che sono state escorporate dalla P.T. 48/II C.C. Gries di proprietà Franck-Scrinzi e vendute a terzi e, dopo l’edificazione, trasformate nella p.ed. 1064 (Condominio Roxy, costruito dai terzi acquirenti Costa/Ossi sulla base della licenza edilizia n. 30/1936, sul lotto prima inedificato formatosi, appunto, per distacco e alienazione di una superficie di circa mq 200 dalla p.f. 2092/3) e, rispettivamente, nella p.ed. 1018 (Casa Demetz, costruita dal relativo terzo acquirente nel 1934, su una superficie distaccata dalla p.f. 2092/3);

– dall’esame del titolo edilizio rilasciato nel 1936 e del relativo progetto (nonché di quello relativo alla sopraelevazione realizzata nel 1945) per la costruzione del Condominio Roxy, emerge in modo chiaro e univoco che, quale lotto urbanistico-edilizio a sé stante interessato dalla costruzione era stata indicata/considerata la sola area come sopra acquistata, poi trasformata nella p.ed. 1064, mentre non risultano minimamente contemplate le aree circostanti (tra cui, in particolare, neppure le aree oggi individuate dalle pp.ed. 2923 e 5094, acquistate nel 2011/2012 dalla Mendola Uno S.r.l. ed oggetto dell’intervento edilizio di cui è causa), né risultano essere stati stipulati accordi contrattuali con i proprietari del compendio Franck-Scrinzi aventi ad oggetto la costituzione di eventuali vincoli di asservimento a carico degli immobili rimasti di loro proprietà;

– è dunque da escludere che l’edificio realizzato sulla p.ed. 1064, avente una cubatura eccedente rispetto all’indice di fabbricabilità vigente, possa aver creato un vincolo di asservimento a carico delle aree rimaste in proprietà di Franck-Scrinzi e acquistate da Mendola Uno S.r.l., mentre del tutto irrilevante, sotto un profilo urbanistico-edilizio, è l’originaria appartenenza dell’intero compendio immobiliare – non qualificabile come lotto in senso urbanistico-edilizio (v. sopra sub 6.1.1.) –, dal 1906 ai primi anni ‘30, alla medesima proprietà Franck-Scrinzi);

– per quanto, invece, concerne la p.ed. 5128 (formata dalla superficie di appena mq 15 distaccata dalla p.ed. 1064, lotto già satura per effetto della costruzione del Condominio Proxy), alla stessa, nel progetto Mendola Uno/Unifin non risulta essere stata attribuita capacità edificatoria alcuna (trattandosi di particella asservita alla p.ed. 1064), sicché la situazione di tale particella non costituisce oggetto del contendere, in quanto pacificamente satura.

6.1.4. Quanto, invece, all’aspetto evidenziato sub 6.1.2.5.(ii), rileva il Collegio in primo luogo che, nello stesso provvedimento di diniego gravato in primo grado, è stato affermato «che all’epoca dei permessi [originari] non esistevano ancora la pianificazione urbanistica e/o indici di edificazione», con la conseguente necessità di applicare il criterio dell’asservimento c.d. pertinenziale avendo riguardo allo stato reale dei luoghi. Ciò, peraltro, in aderenza a una serie di precedenti giurisprudenziali dello stesso T.r.g.a. e di questo Consiglio di Stato, in cui è stato ripetutamente affermato che solo con il piano urbanistico comunale del 1964 erano stati introdotti per la prima volta specifici standard di densità edilizia e indici di fabbricabilità, assenti nel pregresso P.r.g. del 1941 vigente fino al 1964, con conseguente inconfigurabilità di un’ipotesi di asservimento tecnico per le costruzioni ante-1964 (v., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 23 febbraio 2016, n. 732).

L’amministrazione comunale solo in sede giudiziale ha, per la prima volta, sostenuto che prima della realizzazione, nel 1936, dell’edificio sulla p.ed. 1064 (Condominio Roxy), sarebbe stato vigente uno strumento urbanistico, e precisamente il Piano regolatore e di ampliamento della Città di Bolzano approvato con delibera del Podestà n. 967/13425 del 7 dicembre 1935, costituito dal piano di massima e dalle tavole del piano di esecuzione, contenente una disciplina della densità edilizia; in particolare, la Tavola 5) PRG – Schema di Regolamento Edilizio conterrebbe «le prescrizioni edilizie consentite nella zonizzazione del Piano regolatore generale per le zone residenziali a carattere estensivo ed a carattere semintensivo, definendo la tipologia ammessa, il numero dei piani fuori terra, l’altezza massima di gronda, l’utilizzazione massima dell’area e le distanze del fabbricato e la superficie minima degli appezzamenti», e «questi indici permettono di definire la cubatura per ciascuno dei lotti» (v. così, testualmente la nota del direttore dell’Ufficio Pianificazione territoriale del Comune di Bolzano del 19 giugno 2018; v. anche la successiva nota esplicativa dell’8 novembre 2018).

Trattasi, all’evidenza, di un’inammissibile protestatio contra factum proprium, che si pone in manifesta contraddizione con la motivazione del provvedimento di diniego, oltre ad integrare un’inammissibile motivazione postuma in sede giudiziale del provvedimento di diniego, basata su nuovi elementi di fatto, con conseguente fondatezza dell’eccezione di inammissibilità al riguardo sollevata dalle parti appellate.

In secondo luogo, la tesi difensiva del Comune e degli originari intervenienti è anche infondata nel merito, in quanto – in disparte il rilievo che le previsioni urbanistiche in oggetto appaiono essere entrate in vigore solo con l’«Approvazione del piano regolatore generale di massima edilizio e di ampliamento della città di Bolzano comprendente il piano particolareggiato per la zona di prima attuazione e delle relative norma di esecuzione», avvenuta con la legge 23 gennaio 1941, n. 173 (e dunque in data successiva al rilascio della licenza edilizia n. 30/1936), attesa la necessaria coordinazione dell’efficacia del Piano particolareggiato con quello del Piano regolatore di massima – mancano previsioni specifiche sulla densità edilizia, espresse tramite l’indice mc/mq, mentre i parametri costruttivi ivi previsti (quali la tipologia ammessa, il numero dei piani fuori terra, l’altezza massima di gronda, ecc.) non possono essere ricostruiti ex postsub specie di indici di densità edilizia, attraverso un’operazione metodologica astratta, teorica ed a-storica che finisce per applicare retroattivamente uno standard urbanistico-edilizio specifico (la densità edilizia) introdotto nell’ordinamento soltanto negli anni ’60, in violazione del principio di irretroattività. Infatti, come sopra accennato, gli indici di densità edilizia sono stati introdotti per la prima volta nel Comune di Bolzano col piano del 1964.

In assenza della configurabilità di un asservimento tecnico connesso ai titoli edilizi pregressi, poteva dunque assumere rilievo esclusivamente un asservimento c.d. pertinenziale, oppure di fonte negoziale: ipotesi, entrambe da escludere nel caso di specie per le considerazioni più sopra svolte.

6.1.5. Ebbene, ne consegue, in primo luogo, la correttezza dell’affermazione del T.r.g.a., secondo cui successivamente alla vendita della relativa area inedificata a terzi e alla costruzione, nel 1936, ad opera dei terzi acquirenti di un nuovo edificio sulla p.ed. 1064, deve escludersi che la relativa cubatura abbia asservito ex post le particelle rimaste di proprietà del venditore, in quanto quest’ultimo, a suo tempo, aveva ceduto il terreno con la potenzialità edificatoria relativa, assentita dal titolo edilizio, non anche i diritti edificatori (siccome determinati dai parametri urbanistici introdotti e via via modificati nel corso del tempo dal pianificatore urbanistico) dei terreni rimasti di sua proprietà. Infatti, un vincolo di asservimento può crearsi solo in seguito alla saturazione di un lotto originario per effetto dei titoli edilizi rilasciati in favore del relativo proprietario, mentre gli edifici realizzati dal terzo acquirente sui fondi frazionati ‘liberi’ ceduti dall’originario proprietario non possono a loro volta asservire i fondi rimasti in proprietà del venditore, se non in virtù di un vincolo di asservimento di fonte negoziale, nella specie pacificamente mancante.

In secondo luogo, non ricorrendo nel caso di specie né un ipotesi di asservimento tecnico né un’ipotesi di asservimento pertinenziale, l’area oggetto dell’istanza di domanda di concessione edilizia MendolaUno/Unifin doveva considerarsi quale lotto ‘libero’, edificabile nel rispetto degli indici di densità edilizia vigenti al momento dell’istanza (rrispettivamente della decisione sulla stessa), con conseguente infondatezza dei motivi d’appello all’esame.

6.2. Privi di pregio sono, altresì, i motivi d’appello sub 2.1.c) e 2.2.b), tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente.

Infatti, in primo luogo, per le ragioni esposte sopra sub 6.1.3. con riferimento alla p.ed. 634/4, nel conteggio della cubatura sulla p.ed. 364/4 non assumeva rilevanza il contestato calcolo relativo alla cubatura del sottotetto, poiché la stessa possedeva comunque una notevole capacità edificatoria tutt’ora libera e in nessun caso si sarebbe potuto determinare un vincolo di asservimento a carico del lotto edificando col progetto Mendola Uno/Unifin.

In secondo luogo, non è affatto ravvisabile il dedotto vizio di eccesso di potere giurisdizionale, essendosi il T.r.g.a. nella sentenza di primo grado limitato a sindacare la legittimità, o meno, del diniego opposto dal Comune alla pretesa edificatoria fatta valere dalle odierne appellate, pervenendo ad affermarne l’illegittimità per violazione dell’art. 35 l. urb. prov. (nella versione applicabile ratione temporis) e dei sottesi principi giurisprudenziali, all’esito del vaglio dei criteri applicati dall’amministrazione comunale nella determinazione della cubatura realizzabile sul lotto, peraltro predeterminati dalla legge e dalle n.t.a. del vigente p.u.c., e dunque non invadendo affatto il merito amministrativo. Occorre, al riguardo precisare che all’effetto di annullamento si connettono, del tutto fisiologicamente, gli effetti conformativi scaturenti dalla qui confermata sentenza in sede di riedizione del potere autorizzatorio, ormai vincolato dai presupposti e criteri di legge e regolamentari quali ricostruiti nella medesima sentenza.

6.3. Resta assorbita ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori.

7. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli come in epigrafe proposti e tra di loro riuniti (ricorsi n. 5244 del 2018 e n. 5489 del 2018), li respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza nei sensi di cui in motivazione; dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2018, con l’intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente FF

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

Francesco Mele, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere

         

         

L’ESTENSORE        IL PRESIDENTE

Bernhard Lageder        Diego Sabatino

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