02/09/2019 – Impossibile il travaso tra fondo delle risorse decentrate del personale delle qualifiche e fondo della dirigenza

Impossibile il travaso tra fondo delle risorse decentrate del personale delle qualifiche e fondo della dirigenza

Da qualche tempo a questa parte si è aperto un dibattito oggettivamente privo di fondamento in merito alla paventata possibilità di travasare le risorse decentrate del fondo contrattuale della dirigenza verso il fondo del personale delle qualifiche (non si parla mai del viceversa, ma se si accettasse la tesi, sarebbe innegabile).

Da ultimo, a sostenere tale tesi su Italia Oggi del 30 agosto 2019 è Matteo Barbero, nell’articolo

“Salario accessorio, tetto unico per dirigenti e non”.

Il ragionamento che vorrebbe dimostrare la possibilità dell’osmosi tra i due fondi prende le mosse dall’analisi dell’articolo 23, comma 2, del d.lgs 75/2017 e da pronunce della Corte dei conti in merito alla possibilità o meno di considerare i fondi come autonomi.

Esaminiamo la questione. Con la nota  nota 20 giugno 2019, n. 169507 la Ragioneria generale dello Stato sostiene che il tetto del 2016 (destinato presto ad essere sostituito dal nuovo tetto in attuazione dell’articolo 33 del d.l. 34/2019, convertito in legge 58/2019) previsto dall’articolo 23, comma 2, del d.lgs 75/2017 vada applicato distintamente per il personale dirigente e per il personale non dirigente.

E’ certamente una posizione erronea. Ai fini della verifica della spesa complessiva del trattamento accessorio, negli enti con la dirigenza non si possono che sommare il fondo del personale delle qualifiche, il fondo della dirigenza ed il capitolo di bilancio delle retribuzioni di posizione e risultato delle Posizioni Organizzative (grandezza economica che nel 2016 era contenuta nel fondo contrattuale del personale delle qualifiche).

L’Autore della tesi che qui si critica, coglie nel segno nell’affermare che “Corretta appare, quindi, la tesi sostenuta contraria dalla Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per la Puglia nella deliberazione n. 21 febbraio 2019, n. 27, criticata dalla Rgs in quanto asseritamente «in controtendenza rispetto alle prevalenti indicazioni applicative»“.

Appare, invece, non condivisibile la conseguenza che il Barbero ne trae e, cioè, che l’articolo 23, comma 2, del d.lgs 23/2017, poichè induce a considerare unitariamente la spesa del trattamento accessorio, allora può considerarsi come uno degli elementi che fondino l’idea di poter spostare risorse da un fondo all’altro.

Aggiunge, l’Autore, che a consentire il travaso sarebbe la “cancellazione del tradizionale concetto di dotazione organica a seguito dell’emanazione proprio del dlgs 75/2017 e delle relative Linee di indirizzo ministeriali“. Infatti, continua, “Come correttamente evidenziato dalla deliberazione n. 548/2018 della Sezione regionale di controllo per il Veneto, nella nuova impostazione la dotazione organica si traduce di fatto nella definizione di una «dotazione di spesa potenziale massima» per l’attuazione del piano triennale dei fabbisogni di personale“. Per giungere alla conclusione: “In sostanza, la Rgs esclude la possibilità di spostare risorse del salario accessorio da una categoria all’altra, ad esempio dal fondo del personale non dirigente a quello dirigente in mancanza di una norma legislativa o contrattuale che lo consenta espressamente.

Appare invece vero esattamente il contrario: per impedire il travaso ci vorrebbe, nel nuovo contesto normativo descritto in precedenza, una norma espressa di divieto. In altri termini, i tempi sono maturi per superare le numerose e anacronistiche rigidità nella gestione del personale delle pubbliche amministrazioni“.
Ma, tale chiusura del percorso interpretativo appare assolutamente da rigettare. Vediamone le ragioni.
In primo luogo, tornando all’articolo 23, comma 2, della riforma Madia, esso non prevede in alcun modo, nè esplicito nè implicito, che i fondi contrattuali possano tra loro mischiarsi o andare in osmosi.
In secondo luogo, la circostanza che la dotazione organica consista nella raffigurazione dei fabbisogni coperti conseguenti alla dotazione finanziaria nella quale essa si è trasformata sempre a seguito della riforma Madia è del tutto inconferente. La dotazione organica e la programmazione dei fabbisogni sono una gestione e anche una fonte di spesa totalmente autonoma dalla gestione del trattamento economico accessorio: diversi i capitoli, diversi i fini. Certo, la spesa per il trattamento accessorio risente ovviamente del personale in servizio, ma è l’unica connessione tra le due diverse grandezze.
In terzo luogo, infine, è del tutto privo di fondamento ritenere che il travaso dal fondo della dirigenza sia possibile nel rispetto del “nuovo contesto normativo”, per una serie di ragioni:
1. il “nuovo contesto normativo”, come rilevato prima, non fornisce nessuna indicazione espressa o implicita in tal senso;
2. l’ordinamento giuridico italiano è “positivo”: retto, cioè, da norme che “pongono”, dispongono regole ed è caratterizzato dalla tipicità delle fonti e delle regole. Non è, quindi, mai corretto ritenere che sia possibile quel che non sia espressamente vietato. E’ possibile solo ciò che norme espresse o principi enunciati o desumibili dispongono;
3. dunque, non è per nulla necessario reperire una norma che espressamente vieti il travaso; esattamente al contrario, esso sarebbe ammissibile solo se un precetto, un principio o un sistema di norme lo prevedessero;
4. la tesi qui criticata dimentica quanto prevede l’articolo 2, comma 3, secondo periodo, del d.lgs 165/2001: “L’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e salvo i casi previsti dal comma 3-ter e 3-quater dell’articolo 40 e le ipotesi di tutela delle retribuzioni di cui all’articolo 47-bis, o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali”. Quindi, è nella contrattazione collettiva che è necessario reperire la norma che consenta di costituire i fondi, traendo da quello della dirigenza (o viceversa) fonte di alimentazione;
5. il Ccnl 21.5.2018 consente uno spostamento di risorse dal fondo della dirigenza verso quello delle qualifiche nell’esclusiva e tassativa ipotesi di cui all’articolo 67, comma 2, lettera f), valevole per altro solo per le regioni: “importo corrispondente agli eventuali minori oneri che deriveranno dalla riduzione stabile di posti di organico del personale della qualifica dirigenziale, sino ad un importo massimo corrispondente allo 0,2% del monte salari annuo della stessa dirigenza; tale risorsa è attivabile solo dalle Regioni che non abbiano già determinato tale risorsa prima del 2018 o, per la differenza, da quelle che l’abbiano determinata per un importo inferiore al tetto massimo consentito“;
6. dunque, esiste tutta una disciplina positiva e tassativa che regola la costituzione dei fondi, contenente una sola limitatissima ipotesi di “travaso”.
Lungi dall’essere possibile in via di fatto, detto “travaso” se posto in essere costituirebbe una violazione del vincolo di riserva e un danno erariale, laddove incrementasse senza titolo l’uno o l’altro fondo, pur restando invariato il totale della spesa da conteggiare ai fini dell’articolo 23, comma 2.
E’ evidente, invece, che la riacquisizione al bilancio di risorse del fondo della dirigenza dovuta a riduzioni o risparmi, permette di anno in anno di utilizzare questi cespiti per eventualmente finanziare la parte variabile del fondo, in particolare in applicaazione dell’articolo 67, comma 5, lettera b), del Ccnl 21.5.2018
I tempi saranno, forse, maturi per superare rigidità nella gestione del personale, ma non così ancora maturi.

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