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#riforme #Senato Una riforma contro la storia e che fa a pugni con la sovranità popolare

Pubblicato il 29 luglio 2014 di rilievoaiaceblogliveri

Chi blatera in tema di riforma della Costituzione e non ha nulla da eccepire rispetto alla controriforma del Senato non elettivo dimostra di non avere sufficiente conoscenza della storia, oltre a carenze di coscienza civica e politica.

Un breve ripasso sulla storia dell’affermazione dei parlamenti è reperibile qui:http://www.instoria.it/home/origine_istituzione_parlamentare.htm

Al di là di ogni ulteriore possibile approfondimento, la storia dei parlamenti è caratterizzata da un tratto comune: la necessità di limitare lo strapotere del vertice dello Stato (il Re o Signore), colto sin dalle origini, quando le assemblee erano inizialmente solo consultive e riservate solo a nobiltà e clero.

Le aperture alla compartecipazione alle decisioni vitali dello Stato anche degli “uomini liberi” appartenenti alla borghesia, fecero nascere la seconda camera, la “camera bassa”, per lo piu’ formata da “rappresentanti” se non dell’intero popolo, di parti significative della borghesia, ma, comunque, caratterizzati da un’investitura in qualche modo democratica, contrapposta all’investitura dall’alto dei componenti della “camera alta”, generalmente di provenienza regia e del clero.

A partire dalla rivoluzione francese, i parlamenti si sono sempre piu’ caratterizzati dal principio di rappresentanza piu’ estesa possibile all’intero popolo (fino a giungere anche in tempi solo recentissimi al vero e proprio suffragio universale), attribuendo alla “camera bassa” la funzione di limitare sempre piu’ il potere verticale del sovrano e della “camera alta”, sua promanazione, per sottolineare come il “sovrano” fosse il popolo e, di conseguenza, l’organo che lo rappresentasse, cioè, appunto il parlamento.

La storia, dunque, insegna che l’evoluzione dell’istituzione parlamentare è tutta nella direzione del consolidamento della sovranità popolare, invece che attestata in un vertice ristretto, e della progressiva eliminazione o impoverimento o limitazione a figura meramente formale della “camera alta” non rappresentativa del popolo, tutto vantaggio della “camera bassa”, vera espressione della sovranità popolare.

In Europa, per lo piu’, tale contrapposizione tra camera alta e bassa si riscontra sostanzialmente solo in Gran Bretagna. Nelle altre nazioni la “camera alta”, spesso denominata Senato, ha poteri piu’ limitati della “camera bassa”, per ragioni molto semplici: non è organo rappresentativo del popolo e, dunque, strumento di esercizio della sovranità popolare, bensì istanza rappresentativa di altre istituzioni, spesso locali. Molto evidente è ciò in Germania, dove il Bundesrat, del quale si parla tanto a sproposito, paragonandolo del tutto indebitamente al nuovo Senato che verrebbe fuori dalle riforme renziane, appunto è rappresentanza dei Lander, non del popolo e svolge la sua funzione normativa esclusivamente per le questioni federali, senza nemmeno svolgere da stanza di compensazione delle questioni tra Stato e Lander, affidate a specifiche conferenze.

In Italia il Senato come seconda camera “alta” avente funzioni di rappresentanza del popolo sovrano, esattamente come la Camera, è un unicum, evidentemente figlio della tragica esperienza del regno e del fascismo, quando era di nomina regia, ma controllato sostanzialmente dal Governo.

Dovrebbe risultare evidente a tutti che in un Paese che non è federale, il ritorno ad un Senato non elettivo, composto a persone designate dai consigli regionali e da sindaci, ma di fatto sotto il controllo dei partiti di maggioranza, per altro dotato di non indifferenti poteri legislativi e di poteri di influenza nella vita della Nazione rilevantissimi (elezione del Presidente della Repubblica, dei membri della Consulta e del Csm) è un vero e proprio assurdo.

O il potere legislativo e di influenza sugli altri organi costituzionali è del popolo, e allora va esercitato da organi rappresentativi del popolo, che vanno eletti direttamente dal popolo sovrano; oppure, se non lo è, una camera non rappresentativa del popolo sovrano, ma di altri soggetti, deve avere un ambito di operatività molto, ma molto piu’ limitato di quello che prevede il disegno di riforma, senza poter toccare leggi, presidenza della Repubblica e nomine di componenti di organi costituzionali.

Si tratta di nozioni di base di diritto e di pura logica. In effetti, in un ordinamento come quello italiano, che, lo si ribadisce, non è affatto federale, una “camera alta” immaginata come nel disegno di riforma non serve assolutamente a nulla, se non alla verticalizzazione del potere, come mostra l’abbinamento ad una riforma elettorale mostruosamente simile, per altro in peggio, alla legge Acerbo d’epoca fascista. Tanto varrebbe, allora, se davvero l’intento fosse il “risparmio” e la “velocizzazione” eliminarlo proprio il Senato. Che, invece, non a caso, nella riforma resterebbe in piedi. In barba ad ogni processo storico e ad ogni principio democratico.

 

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