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Pubblicato il 18 dicembre 2014 di rilievoaiaceblogliveri

Se la qualità delle leggi è quella che è, molto bassa, una ragione c’è. Molte volte si ha il sospetto che il Legislatore non abbia piena cognizione di ciò che decide, per carenza di conoscenza degli istituti giuridici e quasi inesistente capacità di valutare gli effetti delle leggi.

L’emendamento del Governo al disegno di legge di stabilità che prevede il taglio lineare delle dotazioni organiche, pari al 50% del costo della dotazione di fatti alla vigenza della legge Delrio per le province, ed al 30% per le città metropolitane, nè è la prova piena.

Prova che è stata fornita, in particolare, ieri da un comunicato dei Senatori del Pd, che rivela manifestamente come il principale gruppo di Palazzo Madama non conosca se non per titoli ed in modo grossolano il tema sul quale vota.

Il comunicato, lanciato anche sui socialnetworks, proclama: “Nessun dipendente province sarà licenziato. I dipendenti delle province non rischiano il licenziamento; i lavoratori posti in mobilità per i primi due anni restano impiegati nel loro attuale posto di lavoro o in altre amministrazioni. Su questo tema attorno a cui c’è grande attenzione il Pd è molto chiaro“.

Per quanto laconico, il comunicato dimostra alcune cose. In primo luogo: non si ha un’idea precisa di quale mobilità si stia parlando.

Il comunicato parla di lavoratori “posti in mobilità”, utilizzando un lessico chiaramente ispirato all’istituto della mobilità vigente nel lavoro privato. La dimostrazione? Si parla di mobilità “per i primi due anni”.

In altre parole, coloro che sono chiamati a votare la legge di stabilità e l’emendamento, prendono la mobilità riferita ai 20.000 dipendenti provinciali circa in esubero a causa dell’emendamento stesso, per la mobilità esistente nel lavoro privato. Cosa che, ovviamente, non c’entra assolutamente nulla.

La mobilità connessa all’operazione davvero sgangherata del Governo è quella regolata per il lavoro pubblico dall’articolo 30 del d.lgs 165/2001, cioè il trasferimento dei dipendenti da un ente all’altro. Identica parola, istituto ed effetti completamente diversi. Ovviamente, trattandosi di un trasferimento a titolo definitivo, nè i dipendenti sono “posti” in mobilità, nè essa dura due anni. I dipendenti provinciali avranno, invece, ai sensi dell’emendamento, due anni per utilizzare l’istituto della mobilità e passare, così, dalle province, nelle quali saranno in sovrannumero (cioè, esubero), a regioni, comuni o amministrazini statali e a titolo definitivo.

Ma, e qui sta l’altro errore clamoroso, dei Senatori del Pd, il posto i dipendenti provinciali lo rischiano eccome.

Infatti, il Governo non ha idea se davvero tra il 2015 e il 2016 siano disponibili 20.000 posti nelle varie amministrazioni pubbliche, ai quali aggiungere altre migliaia di posti (non si sa nemmeno quanti), per consentire l’assunzione dei vincitori dei concorsi, alle quali gli enti destinatari della ricollocazione dei dipendenti provinciali sono vincolati. Infatti, l’emendamento assegna al Dipartimento dell Funzione Pubblica, senza nemmeno prevedere un termine, il compito di censire eventuali posti vacanti, per altro solo nell’ambito delle amministrazioni statali, e questo DOPO aver imposto gli esuberi “a forfait” e non PRIMA, come qualsiasi piano di ricollocazione men che meditato e logico avrebbe richiesto.

Questo significa che non è per nulla scontato che i dipendenti provinciali, nel corso dei due anni fissati dall’emendamento per trasferirsi in altri enti (in modo del tutto slegato, per altro, dalle funzioni provinciali dismesse, con un’irrazionalità organizzativa clamorosa), riescano davvero a passare presso altre amministrazioni.

Infatti, l’ementamento, proprio per questa ragione, prevede altri due strumenti. Indica chiaramente che se, appunto, al termine del 2016 qualche dipendente resti in sovrannumero presso le province, gli sarà ridotta la prestazione oraria lavorativa: un part time forzato a stipendio ridotto. Una tutela estrema del lavoro, valevole, comunque, solo per i dipendenti non aventi qualifica dirigenziale. Per i dirigenti o i dipendenti che non vogliano o possano accedere alla riduzione oraria e stipendiale (che sarebbe a titolo definitivo), come seconda ulteriore conseguenza finale, si aprirebbero le porte della messa in “disponibilità”. Si tratta, cioè, di quell’istituto a metà tra la mobilità di stampo privatistico e la cassa integrazione, che prevede la sospensione del rapporto di lavoro per massimo 24 mesi, con riduzione del trattamento economico fondamentale all’80% ed una diminuzione complessiva stipendiale al 70% e anche meno, perchè non si erogano più elementi del salario accessorio (straordinari, premi, indennità varie).

Scaduti i 24 mesi, vi sarà poi il licenziamento. Cosa che, tra le righe, l’emendamento indica chiaramente, a chi dispone di occhi per vedere, quando cita l’articolo 33, comma 8, del d.lgs 165/2001.

Dunque, i Senatori del Pd, se vogliono approfondire, possono rendersi conto di quali siano davvero gli effetti dell’emendamento e scegliere se agganciare agli slogan ed ai proclami fatti reali e voti consapevoli. Oppure, possono scegliere di appoggiarsi alla realtà virtuale dei socialnetwork, delle slide e delle dichiarazioni e votare esattamente il contrario di ciò che proclamano.

 

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