23/05/2018 – I vincoli di finanza pubblica per gli enti locali in materia di personale (terza parte)

I vincoli di finanza pubblica per gli enti locali in materia di personale (terza parte)

 

QUI la parte prima

QUI la parte seconda

 
 

Il quadro normativo dei vincoli di spesa ed assunzionali cui sono soggetti gli enti locali, attenzionato nelle prime due parti di questo scritto,  si profila, tuttavia,  ancora incompleto, in quanto appare necessario esaminare, altresì, le ulteriori norme di dettaglio relative al contenimento della spesa, precisando, come negli ultimi anni il legislatore sia intervenuto, più volte, in maniera non sempre coerente in termini di sistematicità delle fonti.

Accanto alle norme contenute nel Testo Unico Enti locali, per gli enti sottoposti al patto di stabilità, devono essere prese in considerazione le seguenti norme.

In primo luogo, la legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), che prevede una disciplina limitativa delle assunzioni per gli enti territoriali, in considerazione della nuova impostazione e delle nuove regole del patto di stabilità interno.

In particolare l’art. 1 comma 557 statuisce che Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale (….) con azioni da modulare nell’ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento

a) riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile; (lettera tuttavia successivamente abrogata dal DL 113/2016); 

b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l’obiettivo di ridurre l’incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico; 

c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali.

In relazione alla determinazione delle componenti che vanno considerate al fine del calcolo della spesa di personale per verificare il rispetto del relativo vincolo di volta in volta considerato (in relazione alle dimensioni dell’ente ed alle norme man mano succedutesi), va evidenziato che le apposite Linee guida approvate dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, con deliberazione n. 13/2015/INPR relative Rendiconto 2014 degli enti locali, al Punto 6.2 del questionario destinato ai revisori individuano le cosiddette COMPONENTI INCLUSE  tra le seguenti:

  • retribuzioni lorde, salario accessorio e lavoro straordinario del personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e a tempo determinato;
  • spese per collaborazione coordinata e continuativa, per contratti di somministrazione o altre forme di rapporto di lavoro flessibile;
  • eventuali emolumenti a carico dell’amministrazione corrisposti ai lavoratori socialmente utili;
  • spese sostenute dall’ente per il personale di altri enti in convenzione (ai sensi degli artt. 13 e 14, CCNL 22.1.2004) per la quota parte di costo effettivamente sostenuto;
  • spese per il personale previsto dall’art. 90 del Tuel;
  • compensi per incarichi conferiti ai sensi dell’art. 110, comma 1 e comma 2, del Tuel; – spese per il personale con contratto di formazione e lavoro.
  • spese per personale utilizzato, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all’ente (compresi i consorzi, le comunità montane e le unioni di comuni);
  • oneri riflessi a carico del datore di lavoro per contributi obbligatori;
  • spese destinate alla previdenza ed assistenza delle forze di P.M., ed ai progetti di miglioramento della circolazione stradale finanziate con proventi del codice della strada;
  • Irap;
  • oneri per il nucleo familiare, buoni pasto e spese per equo indennizzo;
  • somme rimborsate ad altre amministrazioni per il personale in posizione di comando
  • spesa per il segretario comunale

Nella Successiva Tabella 6.3 vengono invece enucleate le cosiddette COMPONENTI ESCLUSE di seguito elencate:

  • spesa di personale totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati (C.d.c., Sez. Autonomie, delibera n. 21/2014);
  • spesa per lavoro straordinario e altri oneri di personale direttamente connessi all’attività elettorale con rimborso dal Ministero dell’interno;
  • spese per il personale trasferito dalla regione o dallo Stato per l’esercizio di funzioni delegate, nei limiti delle risorse corrispondentemente assegnate;
  • oneri derivanti dai rinnovi contrattuali;
  • spese per il personale appartenente alle categorie protette, nel limite della quota d’obbligo;
  • spese sostenute per il personale comandato presso altre amministrazioni per le quali è previsto il rimborso dalle amministrazioni utilizzatrici;
  • spese per il personale stagionale a progetto nelle forme di contratto a tempo determinato di lavoro flessibile finanziato con quote di proventi per violazioni al codice della strada;
  • incentivi per la progettazione;
  • incentivi per il recupero ICI;
  • diritti di rogito;
  • spese per l’assunzione di personale ex dipendente dei Monopoli di Stato;
  • maggiori spese autorizzate, entro il 31 maggio 2010, ai sensi dell’art. 3, c. 120, legge n. 244/2007;
  • spese per il lavoro straordinario e altri oneri di personale direttamente connessi all’attività di Censimento finanziate dall’ISTAT (circolare Ministero Economia e Finanze n. 16/2012);
  • altre spese escluse ai sensi della normativa vigente, da specificare con il relativo riferimento normativo;
  • spese per assunzioni di personale con contratto dipendente e/o collaborazione coordinata e continuativa ex art. 3-bis, c. 8 e 9 del D.L. n. 95/2012.

Afferente al principio di riduzione della spesa, e quale sua concretizzazione, il legislatore ha introdotto e continuamente modificato, nel corso dell’ultimo decennio, una serie di vincoli percentuali sulle cessazioni finalizzati a regolare il turn over del personale ed in particolare di quello a tempo indeterminato. Giova evidenziare che in precedenza i vincoli assunzionali erano indifferenziati e valevano sia per il tempo indeterminato che per il lavoro flessibile.

Solo con le modifiche normative introdotte con l’articolo 4 della Legge 12 novembre 2011, n. 183 che ha interessato, modificandolo, l’allora vigente articolo 76, comma 7, del d.l. 25 giugno 2008 n. 112 convertito in Legge 6 agosto 2008 n. 133, si sono  estesi   agli enti locali i principi contenuti nella disposizione di cui all’articolo 9, comma 28, del d.l. 31 maggio 2010 n. 78  convertito in Legge 30 luglio 2010 n. 122, relativa ai vincoli alle assunzioni per lavoro flessibile cui sono soggette le pubbliche amministrazioni.

“In pratica, si è creato un doppio binario: da un lato i vincoli riguardanti le assunzioni a tempo indeterminato, che rappresentano la forma ordinaria del rapporto di lavoro con la P.A. in virtù dell’articolo 36, del d.lgs 165/2001 secondo il quale “per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato”; dall’altro i limiti di spesa introdotti ex novo per le assunzioni relative al lavoro flessibile, che a norma del medesimo articolo 36 possono essere effettuate solo “per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali”. Per queste tipologie di assunzioni si sono infatti individuati vincoli assunzionali specifici legati ad una percentuale della relativa spesa riferita ad un determinato esercizio finanziario (2009)” (deliberazione della Sezione delle Autonomie n.12/SEZAUT/2012/INPR).

Le predette percentuali assunzionali, tuttavia tendono a differenziarsi in relazione alla dimensione dell’ente locale. Infatti, il  citato articolo 1, comma 557 impone agli enti (soggetti al patto di stabilità) un vincolo assunzionale percentualmente parametrato alla spesa per cessazioni avvenute nel precedente anno (parametro capitario) mentre per gli enti cosiddetti minori ovvero quelli non soggetti al patto di stabilità, l’art. 1 comma 562 della richiamata legge 296/2006 ha previsto che le assunzioni siano parametrate non ad una percentuale della spesa per cessazioni avvenute nell’anno precedente ma alla cessazione dei rapporti di lavoro. In pratica ove nel precedente esercizio cessi un rapporto di lavoro e l’ente rispetti il parametro della spesa (in questo caso contenimento entro il limite di quella impegnata nell’anno 2008), può assumersi nel limite del rapporto di lavoro venuto meno (cosiddetto turn over “una testa ad una testa”).

Come detto, per gli enti soggetti al patto di stabilità nel corso degli anni sono state variate costantemente le percentuali assunzionali in relazione alla spesa per cessati e, in uno dei recenti interventi modificativi, con l’art. 3 comma 5, del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 convertito con modificazioni nella legge 11/08/2014 n. 114, si era stabilito che negli anni 2014 e 2015, le Regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno potevano procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 60 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente. La predetta facoltà ad assumere era fissata nella misura dell’80 per cento negli anni 2016 e 2017 e del 100 per cento a decorrere dall’anno 2018.

La medesima disposizione, a decorrere dall’anno 2014 consentiva, inoltre, il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile e l’utilizzo dei residui ancora disponibili delle quote percentuali delle facoltà assunzionali riferite al triennio precedente.

La norma confermava, inoltre, le disposizioni cui alla legge 296/2006 artt. 1 commi 557, 557 bis, 557 ter.

Il successivo comma 5 quater, inserito dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114. inoltre, stabiliva che “Fermi restando i vincoli generali sulla spesa di personale, gli enti indicati al comma 5, la cui incidenza delle spese di personale sulla spesa corrente è pari o inferiore al 25 per cento, possono procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, a decorrere dal 1º gennaio 2014, nel limite dell’80 per cento della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell’anno precedente e nel limite del 100 per cento a decorrere dall’anno 2015” (detto comma tuttavia verrà disapplicato con riferimento agli anni 2017 e 2018, a seguito dell’introduzione dell’art. 1, comma 228, L. 28 dicembre 2015, n. 208).

Il principio del contenimento espresso dal predetto comma 557-quaterdi fatto va a sostituire  quello di tendenziale riduzione della spesa di personale che sino ad allora aveva caratterizzato le politiche del personale degli enti locali che erano soggetti al rispetto del patto di stabilità.

Le posizioni interpretative della Corte di conti sembrano essersi finalizzate al superamento di tale principio come ad esempio si rileva dalla lettura  della deliberazione della Corte dei conti, Sezione  regionale di controllo per il Veneto n. 386/2016/PAR e, in modo analogo su  tale linea, appare orientata la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti ove afferma: “A seguito delle novità introdotte dal nuovo art. 1, comma 557 quater, della legge n. 296/2006, il contenimento della spesa di personale va assicurato rispetto al valore medio del triennio 2011/2013, prendendo in considerazione la spesa effettivamente sostenuta in tale periodo, senza, cioè, alcuna possibilità di ricorso a conteggi virtuali. Nel delineato contesto, le eventuali oscillazioni di spesa tra un’annualità e l’altra, anche se causate da contingenze e da fattori non controllabili dall’ente, trovano fisiologica compensazione nel valore medio pluriennale e nell’ampliamento della base temporale di riferimento” (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 25/SEZAUT/2014/QMIG);

Ancor più eloquente appare quanto sembra emergere dalla deliberazione n. 22/SEZAUT/2016/QMIG della stessa sezione delle Autonome che approva le linee guida (questionari) sul controllo finanziario degli enti locali di cui all’art. 1, comma 166 della legge 296/2006 relativi al rendiconto 2015. Infatti, nel punto 1.2.11.1. del questionario viene rivolta ai revisori dei conti la seguente domanda “La spesa per il personale impegnata nel 2015 e contenuta nei limiti della spesa media impegnata per il personale nel periodo 2011-2013 ai sensi dell’art. 1, co. 557 e 557 quater della l. n. 296/2006 (Enti superiori ai 1.000 abitanti)?”.

Sembrerebbe emergere dalla formulazione della domanda che l’unico vincolo al quale erano soggette le amministrazioni nell’esercizio 2015 era quello derivante dall’effetto in combinato disposto degli articoli 557 e 557 quater dell’articolo 1 della legge 296/2006. Tale considerazione appare ulteriormente supportata dalle risultanze della Tabella esplicativa che accompagna la formulazione della domanda di cui al successivo punto 1.2.11.2. nella quale si chiede la: “Verifica del rispetto dei criteri di cui all’art. 1, co. 557, l. n. 296/2006”. Infatti, in detta tabella al fine della verifica del rispetto del vincolo si chiede ai revisori di inserire la spesa (nelle varie componenti di cui agli Interventi 01, 03, 07 ed altri da specificare ove presenti) sostenuta come media nel triennio 2011-2013 e quella sostenuta nell’anno 2015 al fine del confronto, senza con ciò prendere in considerazione la valutazione della riduzione della spesa rispetto a quella dell’esercizio precedete (in tal senso la deliberazione n. 386/2016/PAR della Sezione regionale di controllo per il Veneto citata).

Ancor più eloquente in ordine al superamento del concetto di riduzione tendenziale della spesa si pone seppur incidenter tantum una recente pronuncia della Corte di Cassazione in materia di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno. La Suprema Corte, nella sentenza a SS.UU n. 27440/2017, infatti, al punto  A) afferma che “A) l’ente pubblico datore di lavoro può prendere la decisione di avviare una procedura di assunzione di personale a tempo pieno valida ai fini dell’applicazione di cui all’art. 3, comma 101, cit. soltanto dopo aver individuato nelle proprie dotazioni organiche (determinate nel piano triennale dei fabbisogni di personale) vacanze relative alle categorie e ai profili propri di quei lavoratori part-time la cui eventuale trasformazione in rapporto a tempo pieno è compatibile con il rispetto del patto di stabilità interno (applicabile ratione temporis anche ai Comuni con più di mille abitanti) e, in particolare, con il principio del contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente alla data di entrata in vigore della presente disposizione (vedi: art. 6 del d.lgs. n. 165 del 2001 e art. 1, comma 557-quater, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) nonché con la direttiva di non creare posizioni soprannumerarie”.

Tornando, ai limiti assunzionali per gli enti soggetti al patto, per gli anni 2015 e 2016 il legislatore ha introdotto inoltre, successivamente al richiamato D.L. 90/2014 per le assunzioni a tempo indeterminato, una disciplina derogatoria al quadro normativo esistente. Infatti, ai sensi dell’art. 1, comma 424, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), modificata dall’art. 4, comma 2-bis, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n.125, “ Le regioni e gli enti locali, per gli anni 2015 e 2016, destinano le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato, nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente, all’immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della presente legge e alla ricollocazione nei propri ruoli delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità. È fatta salva la possibilità di indire, nel rispetto delle limitazioni assunzionali e finanziarie vigenti, le procedure concorsuali per il reclutamento a tempo indeterminato di personale in possesso di titoli di studio specifici abilitanti o in possesso di abilitazioni professionali necessarie per lo svolgimento delle funzioni fondamentali relative all’organizzazione e gestione dei servizi educativi e scolastici, con esclusione del personale amministrativo, in caso di esaurimento delle graduatorie vigenti e di dimostrata assenza, tra le unità soprannumerarie di cui al precedente periodo, di figure professionali in grado di assolvere alle predette funzioni…”.

Successivamente, con la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità per l’anno 2016) il legislatore ha stabilito il superamento delle richiamate percentuali assunzionali già fissate dal comma 5-quater dell’art. 3 del D.L. n. 90/2014 e con l’articolo 1, comma 228, così come modificato dalla legge di bilancio per il 2017, L. n. 232/2016, ha previsto nuovi limiti assunzionali  disponendo che “per gli anni 2016, 2017 e 2018 le Regioni e gli enti locali possano procedere ad assunzioni di personale tempo indeterminato, di qualifica non dirigenziale, nel limite di un contingente di personale corrispondente per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente. Ferme restando le facoltà assunzionali previste dall’articolo 1, comma 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per gli enti che nell’anno 2015 non erano sottoposti alla disciplina del patto di stabilità interno, qualora il rapporto dipendenti-popolazione dell’anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica, come definito triennalmente con il decreto del Ministro dell’interno di cui all’articolo 263, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la percentuale stabilita al periodo precedente è innalzata al 75 per cento nei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti, per gli anni 2017 e 2018. Per i comuni con popolazione compresa tra 1.000 e 3.000 abitanti che rilevano nell’anno precedente una spesa per il personale inferiore al 24 per cento della media delle entrate correnti registrate nei conti consuntivi dell’ultimo triennio, la predetta percentuale è innalzata al 100 per cento. (…) In relazione a quanto previsto dal primo periodo del presente comma, al solo fine di definire il processo di mobilità del personale degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali, come individuato dall’articolo 1, comma 421, della citata legge n. 190 del 2014, restano ferme le percentuali stabilite dall’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Il comma 5-quater dell’articolo 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, è disapplicato con riferimento agli anni 2017 e 2018”.

L’art 1 comma 479 lett d) della L. 232/2016 come modificata dall’art. 22, comma 3, D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96  interviene ulteriormente sul già complesso quadro normativo stratificato stabilendo che (…)Ai sensi dell’articolo 9, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, a decorrere dall’anno 2018, con riferimento ai risultati dell’anno precedente e a condizione del rispetto dei termini perentori di certificazione di cui ai commi 470 e 473: (…) punto d) per i comuni che rispettano il saldo di cui al comma 466, lasciando spazi finanziari inutilizzati inferiori all’1 per cento degli accertamenti delle entrate finali dell’esercizio nel quale è rispettato il medesimo saldo, nell’anno successivo la percentuale stabilita al primo periodo del comma 228 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è innalzata al 90 per cento(prima era 75 per cento) qualora il rapporto dipendenti-popolazione dell’anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica, come definito triennalmente con il decreto del Ministro dell’interno di cui all’articolo 263, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”.

Da ultimo va evidenziato che la legge 27 dicembre 2017, n. 205 recante  “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020”, con l’articolo 1, comma 863 è intervenuta prevedendo un ulteriore modifica delle modalità di calcolo delle suddette percentuali assunzionali per gli enti locali che hanno tra i 3.000 a 5.000 abitanti elevando il novero dei comuni che possono effettuare assunzioni di personale per il 100% della spesa dei cessati. La disposizione infatti prevede che “All’articolo 1, comma 228, terzo periodo, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, le parole: « tra 1.000 e 3.000 » sono sostituite dalle seguenti: « tra 1.000 e 5.000 »”. In tal modo non solo gli enti tra i 1000 e i 3000 abitanti ma anche quelli fino a 5000 se nell’anno precedente hanno avuto una spesa per il personale inferiore al 24% della media delle entrate correnti di cui ai conti consuntivi dell’ultimo triennio possono assumere al 100% della spesa per cessazioni dell’anno precedente. La medesima legge all’art. 1 commi da  844 a 847 ha poi provveduto a riespandere parzialmente le capacità assunzionali delle Province che erano state, come noto, bloccate dapprima dal comma 9 dell’articolo 16 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, successivamnte dalle le lettere da c) a g) del comma 420 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, poi ancora dal comma 5 dell’articolo 22 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96. Ora le citate disposizioni sono state abrogate dal citato articolo della legge 208/2017 (comma 846).

Il comma 844 dispone 844. Ferma restando la rideterminazione delle dotazioni organiche nei limiti di spesa di cui all’articolo 1, comma 421, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ai fini del ripristino delle capacità di assunzione, le città metropolitane e le province delle regioni a statuto ordinario definiscono un piano di riassetto organizzativo finalizzato ad un ottimale esercizio delle funzioni fondamentali previste dalla legge 7 aprile 2014, n. 56”.

Il successivo comma 845 prevede “A decorrere dall’anno 2018, le province delle regioni a statuto ordinario possono procedere, nel limite della dotazione organica di cui al comma 844 e di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari al 100 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, da destinarsi prioritariamente alle attività in materia di viabilità e di edilizia scolastica, solo se l’importo delle spese complessive di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione, non supera il 20 per cento delle entrate correnti relative ai titoli I, II e III. Per le restanti province, la percentuale assunzionale stabilita al periodo precedente è fissata al 25 per cento. E’ consentito l’utilizzo dei resti delle quote percentuali assunzionali come definite dal presente comma riferite a cessazioni di personale intervenute nel triennio precedente non interessato dai processi di ricollocazione di cui all’articolo 1, commi da 422 a 428, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Nell’anno 2018, le città metropolitane possono procedere, nei termini previsti dal presente comma, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel rispetto dei limiti di spesa definiti in applicazione del citato articolo 1, comma 421, della legge n. 190 del 2014”.

Al successivo comma 847 si prevede “847. Le province delle regioni a statuto ordinario possono avvalersi di personale con rapporto di lavoro flessibile nel limite del 25 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009”

In pratica, a seguito dell’entrata in vigore di dette disposizioni a decorrere dall’anno 2018:

  • ferma restando la dotazione organica rideterminata, le province e le città metropolitane definiscono un piano di riassetto organizzativo e di gestione delle funzioni;
  • viene prevista la possibilità per le province di assumere personale da destinare prioritariamente alla gestione delle attività di edilizia scolastica e viabilità, con percentuale del 100% della spesa dei cessati nell’anno precedente ove abbiano un rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti dei titoli I, II e III inferiore al 20%;
  • ove detto rapporto non sia conseguito la percentuale assunzionale si riduce al 25% dei risparmi dei cessati;
  • viene prevista l’utilizzazione dei resti dei cessati non trasferiti;
  • le ricordate percentuali assunzionali sono applicabili anche alle città metropolitane;
  • il tetto di spesa degli enti di area vasta per le assunzioni per lavoro flessibile, viene stabilito  al 25% dell’analoga  spesa sostenuta (impegnata) nel 2009.

 

Dott. Giampiero Pizziconi, Consigliere della Corte dei conti. Sezione regionale di controllo per il Veneto, Sezione delle Autonomie

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