19/10/2016 – Sperare, disperare… riflettere.

Sperare, disperare… riflettere.

 

Gli articoli della Costituzione sono rimasti gli stessi (non rileva qui l’introduzione di un primo comma nell’art. 97 a proposito dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità del debito).

Sto parlando degli artt. 97 e 98 su cui si fonda la “costituzione” della burocrazia italiana.

Il testo delle disposizioni è rimasto immutato rispetto al 1° gennaio 1948.

Eppure le letture che ne ha dato il Consiglio di stato a poco più di 20 anni di distanza, parere n. 146 dell’adunanza generale del 31.08.1992 e parere n. 2113 del 14 ottobre 2016, non potevano essere più radicalmente divergenti.

Hai voglia a parlare di interpretazione “testuale”.

Il testo si piega all’ideologia prevalente.

Tanto il parere del 1992 resisteva all’opzione ideologica che si stava delineando, altrettanto il recentissimo parere, invece, si mostra accondiscendente con il disegno complessivo del legislatore.

Il lessico, nel diritto, tecnica linguistica per antonomasia, è tutto. Ebbene il parere 2113 del 14 ottobre 2016 assume, come fundamentum inconcussumdel sistema, l’esistenza di un “mercato della dirigenza”.

Provate a leggere questo concetto nella prospettiva che aveva guidato il collegio presieduto da Crisci. Sono due mondi che confliggono radicalmente.

Dove esiste questo “mitico” “mercato della dirigenza”?

In base a quali parametri si formerebbero domanda ed offerta in questo mercato?

Chi ne regola la domanda e l’offerta?

A chi rispondono i funzionari? Al “mercato” o alla Nazione, come recita ancora il glorioso articolo 98?

Sono domande che il Consiglio di Stato neppure si pone. In apicibus, l’ideologia si fonda su dogmi accettati per atto di fede.

Per parafrasare Bockenforde, possiamo dire che il diritto “si fonda su presupposti che esso stesso non è in grado di garantire”.

A differenza di tanti, non mi sono entusiasmato affatto alla lettura del parere 2113 del Consiglio di stato.

Certo, coglie alcune aporie; rileva alcuni strafalcioni; sottolinea alcuni svarioni ma resta – e questo è il punto decisivo – interno al recinto tracciato dal legislatore.

Se nel 1992 Crisci si ergeva a tutela della Costituzione contro la “privatizzazione” del rapporto di impiego pubblico, Frattini nel 2016 ratifica l’avvenuta metamorfosi della costituzione materiale del lavoro pubblico.

I testi, sono identici… gli esiti interpretativi diversissimi.

E’ la prova, provata che il diritto è un “epifenomeno” piuttosto evanescente dei sottostanti rapporti sociali.

In claris non fit interpretatio, sostengono i legulei. Auctoritas facit legem, rispondono i “realisti”.

In tempi in cui ci si accapiglia per la modifica della Costituzione formale, abbiamo la prova inoppugnabile che la Costituzione può essere stravolta senza cambiarne neppure una virgola. 

 

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